Tesori di Roma: foto di Roma gratis

IL CARNEVALE DI ROMA NELL'OTTOCENTO

PADRE BRESCIANI

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parte seconda

Il carnevale di Roma è una delle manifestazioni più celebri e caratteristiche. Preferiamo ricorrere per l'Ottocento a quella datane dal padre Bresciani che mi sembra assai completa e molto adatta per la comprensione dei soggetti trattati nei dipinti e nelle incisioni.

« Al piombo della campana di Campidoglio s'apre la venuta delle carrozze, e in poco d'ora il Corso n'è, pieno a doppia fila e vi si fa un baccano inestimabile. Le dette carrozze son tutte aperte, e i gran signori usano i carri da caccia colle sponde a pinoli; tutta la cassa v'è foderata di mussola bianca; le donne sono in abiti a sacco e gli uomini in candidi camiciotti, e in cappelloni flosci colar di cenere : nel mezzo del cocchio son due panieri; l'uno pieno di confettini a granuola di gesso, e l'altro di massetti di fiori. Le finestre, le logge, i balconi ed i palchi son tutti messi a drappelloni e a ricascate di damaschi, di zendadi e di mussoline, vermiglie e cilestri; e i davanzali son pieni di spettatori, i quali hanno anch'essi di gran ceste piene di confetti che gettano nelle corresse.

Quegli delle carrozze scaglian confetti e marzolini di fiori alle finestre; e tutto questo grandinare e ricevere e gittar di fiori e di confetti forma tutto il bello, il vario e l'animato di questa festa. Ne i romani son essi soli a codesto tripudio; ma le migliaia di forestieri calati a Roma dalle regioni tramontane, se ne sollazzano maravigliosamente, e non sanno sasiarsi di matteggiare; perocché usati come sono alle loro contrade, ove i popoli son di natura più, riposata e tranquilla, per non dir fredda, si abbandonano alla sbrigliata a quella gaiezza ch'è propria de' sangui meridionali.. E gli è una gioia a vedere que' nobili e ricchi giovanotti stranieri scalmanarsi a gittar manciate e mestolate di confetti sulla folla del popolo, e a far lune e soli e stelle sulle schiene, perocché i confetti rompendosi e sfarinandosi fan sulle giubbe sprazzi e cialdoni bianchissimi.

Essi sono nelle carrozze in tinse, e tengono al volto la visiera di reticino fitta; ma tuttavia è tanta la grandine che scroscia dalle finestre, che hanno tutti l'aria di mugnai usciti allora dalla tramoggia e dal frullone.

« Aggiungete in messo a codesto frastuono le maschere a piedi, ove i pagliacci e i pulcinelli hanno legate in capo certe mazzuole vesciche gonfie, e le zombano pel capo e per le spalle del popolo con un rimbombo indiavolato: gli arlecchini colle spatole fesse picchiano gli astanti, e romoreggiano e croccano; altre maschere soffiano nelle buccine di mare, e cornando assordano: chi batte sistri, chi cembali; e il romor delle ruote, l'annitrio de' cavalli, il trambusto degli stromenti fende il cielo. Ed ecco si sparano le bambardelle.

Le carrozze a quel segnale imboccano i vicoli da lato, e sfogano nelle vie parallele al Corso, sgomberando per la corsa de' baveri: al secondo sparo quelle migliata di corresse si son dileguate, ed un drappello di cavalleggeri spassa di gran carriera tutto il Corso. Allora i popoli si ritirano stipati lungo le case, e attendono il passaggio rapidissimo de' corsieri. Sulla piazza del Popolo è tirata la fune delle mosse; dietro a quella i barberi addestrati dai barbareschi zampeggiano, s'inalberano, rignano, fremono, divorando cogli occhi l'agone; essi non hanno che una testieretta in capo, sopra cui ondeggia un piumino e ai fianchi e alle groppe hanno appiccato con pece delle pallottole a punte d'ago.

Al segno dato, è tolta la fune; i barberi sferrano, e via L'impeto del primo slancio, le grida del popolo, il pungolo degli spilli, l'emulazione che li arrovella, impegnando si fattamente il corso de' barberi, che l'occhio li può appena seguire. Gli agonoteti e il magistrato della mèta li attende dal padiglione; i barbareschi li aspettano a pie fermo alla tenda della ripresa; i due o tre barberi che anelano alla vittoria si dinanzano di poco, e si soffiano addosso, e danno e ricevono stimolo a vicenda: al primo che giugne il barbaresco si scaglia alla testa; e tanto è l'impeto della foga che il barbero lo si leva per aria. I plausi al vincitore echeggiano intorno; e il padrone del barbero si presenta tra i festeggiamenti degli amici al magistrato, e riceve solennemente il palio di velluto o di tocca d'oro ».