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Gian Battista Gaulli a Roma

detto il Baciccio

Chiesa di San Luigi dei Francesi: Il Martirio di San Matteo - Caravaggio
Chiesa del Gesù: Soffitto - Baciccio

seconda parte

Non mi tratterrò sul quadro della chiesa di Sant'Andrea al Quirinale rappresentante la Morte di San Francesco Saverio: una figura di piombo e di cenere, avviluppata da una gran nuvola brillante ai riflessi di rame, di bianco latteo e di rosa degli angeli, arabescata di luci passeggere, come riflesse attraverso i rami di un albero mosso dal vento.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 15 - G. B. Gaulli:
Pala d'altare.
Roma, San Francesco a Ripa

La combinazione delle tinte trae ancora origine dall'affresco genovese, mentre nel quadro della chiesa di San Francesco a Ripa (fig.15), alquanto più tardo, il rosa brillante, limpido, che invade il campo della pittura, è una trasformazione personale, leggiera e preziosa, del rosso baroccesco, confacente alle esigenze della scultura barocca, alla gaiezza della cornice, al volo dei cherubini maliziosi, che sogguardano dall'alto alla statua di Santa Lodovica. La tonalità del rosa, limpida, cristallina, la trasparenza delle carni composte come di gelatina brillante, si accordano con la composizione festosa e leggiera, animata dal mulinello dei putti rotanti nell'aria con serti di rose, lontana ormai dalla fantasia decorativa dell'arte ligure, e forse ideata insieme al Bernini: uno stesso spirito informa pittura e scultura.

A questo tempo della massima vivacità cromatica, di qualità brillanti esteriori nervose, appartiene il ritratto di Clemente IX, ora nell'Accademia di San Luca (fig. 16): i ricordi del ritratto Vandyckiano si trasformano per il movimento istantaneo fuggevole, che ha solo riscontro con le sculture del Bernini. Il busto del pontefice si stacca dallo sfondo verde, curvo leggermente in avanti; il tremito della vecchiaia fa oscillare la testa sul collo scarnito; un tic nervoso raggrinza il sopracciglio destro, le cartilagini del naso si dilatano, un acqueo velo appanna gli occhi chiari, freddi, cilestrini, una fessura impercettibile della gran bocca faunesca lascia sfuggire il respiro asmatico sibilante.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 16 - G. B. Gaulli:
Ritratto di Clemente IX
Roma, Accademia di S. Luca.

Il pittore ha messo all'unisono l'inquietudine nevrotica del tipo col movimento tortuoso, lampeggiante, fugace del berretto acciaccato, della mantella di velluto spiegazzata, del colletto cartaceo: lo studio sintetico del tipo scompare; il pennello del Baciccio, come lo scalpello del Bernini, si affretta a cogliere, con rapidità istantanea, un atteggiamento fugace della fisionomia. Il ritratto impressiona, soprattutto, per il gioco capriccioso, passeggero, delle luci sulle pieghe accartocciate, per il movimento nervoso del volto: basterebbe un girar di capo, una lisciatura di pieghe alla mantellina per mutare il carattere del personaggio ritratto. La sensibilità estrema del colore leggiero trasparente dà al pittore mezzi che il Bernini non aveva, disponendo appena delle ombre miti del marmo. Il bianco freddo lattiginoso delle carni venate d'azzurro, chiazzate di rosso stinto, lascia spiegare tutta l'abbagliante luminosità del velluto rosso irrigato di rivoli giallo-aurei, tortuosi, lanciati in tutte le direzioni a produrre un effetto cromatico fantasmagorico, a chiuder solchi di ombre sanguigne, con una noncuranza assoluta di ricerche plastiche e una pompa di luci fantastiche mutevoli.

Nel ritratto di Clemente IX predominano le qualità pittoriche; nella testa del cardinale Spada (fig. 17) si delinea un carattere plastico: in quello l'affinità col Bernini consiste più che altro nel movimento fugace della fisionomia e in dettagli di forma; qui sembra che il Gaulli abbia appreso dallo scultore a servirsi del pennello come di una stecca. Il fondo è appena determinato da un lembo rialzato di tenda, messo, piuttosto che per ornamento, per graduare estesamente la scala dei rossi violacei, e ideato come una massa di seta spugnosa, ondeggiante, i cui margini sfumano e si perdono nella penombra del fondo.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 17 - G. B. Gaulli:
Ritratto del Card. Spada
Roma, Galleria Spada.

Il ritratto Spada è un anello di transizione tra le due forme del ritratto gaulliano: il ritratto ad effetto, a impressione, che abbiamo veduto nel quadro dell'Accademia di San Luca, e l'altro più meditato nell'esecuzione, più largo: esempio il ritratto di Lorenzo Bernini nella galleria nazionale di Roma, il busto di Mario Chigi a Monaco, l'ultimo ritratto del Bernini, a noi noto per la stampa mirabile del v. Westerhout. La foga vertiginosa del pennello si acquieta nell'opera di palazzo Spada; le luci, che zampillavano vivide, si attenuano, si assottigliano, scoppiettano seminascoste, suddivise; la stecca delinea i contorni del volto, l'arco delle narici, segnate come da una leggiera pressione di unghia sulla creta, le sottili palpebre, l'orecchio modellato a festone. Più larga che nel ritratto di Clemente IX l'ondulazione lenta della massa semifluida del volto, lattea, fredda; in perfetto accordo con le tinte l'espressione gelida dell'occhio tocco da una scintilla. Il chiaroscuro gioca nella insensibile scavatura delle pieghe: la mantellina si distende sul busto, non più febbrilmente accartocciata, ma allacciata da spalla a spalla, ad archi lenti, strisciati di solchi argentini; il colletto, più gonfio che nel ritratto di Clemente IX, scattante con energia, ha la massima espressione di moto nel quadro. Virtuosità coloristiche sono anche qui perseguite dal pittore decoratore; sottili fili vitrei, quasi ageminature di metallo, ricamano le trine della manica da cui esce la mano lunga morbida modellata plasticamente in una massa semifluida, sfaccettata e ondulata; razzi luminosi e archetti volanti allucciolano il freddo paonazzo della mantellina di seta: la tenda è invece una matassa lanosa soffice, sfilata da nebulosi riflessi, così soffice che le pieghe non vi si determinano, ma vi si scavano infossature come in un batuffolo di bambagia, e i contorni ondulano indecisi. Il tricorno ha lo stesso movimento flemmatico del volto; è una superficie liscia di argento viola, con lievi acciaccature che svegliano chiarori di seta.

La freddezza del tipo trova appoggio nel raffreddamento delle luci; l'imitazione pittorica delle rifrazioni luminose nei multipli scavi dei marmi secenteschi si muta in un ricamo tenue capriccioso di riflessi: qua il pennello, intriso d'argento, ha indugiato come per negligenza, lasciando la sua impronta sulla stoffa, là due scintille metalliche s'incontrano seguendo il gonfiore di una piega, e dappertutto corrono segni arricciati, a festoni, a esse, indicati a punta di pennello, ora come un fil di luce cristallino tagliente, ora come una marezzatura tenue, velata, della stoffa. L'equivalente pittorico del busto berniniano di Innocenzo X si muta nell'equivalente pittorico dell'altro busto dello stesso papa ugualmente conservato a palazzo Doria.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 18 - G. B. Gaulli:
Ritratto del Bernini
Roma, Galleria Nazionale.

Il ritratto del Bernini nella galleria corsiniana di Roma (fig. 18) esclude gli effetti facili e sonanti, abbandona la trama movimentata dei rivi di luce: il busto, quasi di profilo sul fondo nero, è dipinto con un accordo quieto di tinte: il bianco caldo delle carni, rialzato da rossori improvvisi, venato di grigio, le molteplici gradazioni grige dei capelli, ora tocchi da riflessi di acciaio, ora spruzzati di giallo rossigno, il grigio ferro del colletto e dei polsi, il nerazzurro della tunica, armonicamente fuso col grigio profondo della liscia parete. I! pittore affrena la sua vivacità cromatica e unifica la direzione delle correnti luminose smorzate, seminascoste; svela appena, con incerti chiarori azzurrognoli, il fremito della stoffa sospinta da una corrente d'aria, mossa all'unisono col braccio piegato: un fluttuar di fiammelle azzurrastre sulfuree, semispente nell'ombra, sostituisce l'intrico delle correnti di porpora e d'argento. I profili luminosi son divenuti più tenui, convergono a un sol punto, accompagnano la sobrietà nuova del colore, che fa classificare questo ritratto alla tarda maturità dell'artista, lasciando intravvedere l'ultima evoluzione del suo senso di forma e di colore.
Le qualità decorative del colore gaulliano emergono anche dall'opera monumentale del Baciccia: la volta del Gesù. Il suo rivale nella decorazione delle chiese romane, l'audacissimo prospettico di Sant'Ignazio, il padre Pozzi, eleva costruzioni gigantesche sopra le navate della chiesa, dà le vertigini coi suoi colonnati, coi suoi grandi archi, con le masse tumultuose di figure che scalano le mura e popolano ogni nicchia, si sporgono nel vuoto, si slanciano nello spazio libero sopra le arcate monumentali.
Andrea Pozzi sente il valore architettonico delle masse di chiaroscuro, vede il disegno anche quando maneggia i colori, crea macchine prodigiose, masse pesanti di figure e di edifici; eleva una città sopra la chiesa, è architetto e scultore nelle sue audacissime opere di decorazione murale.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 19 - G. B. Gaulli:
Gloria di Sant'Ignazio.
Roma, Chiesa del Gesù

Le proprietà della pittura decorativa di Giambattista Gaulli consistono invece soprattutto nella creazione di correnti luminose, nella impressionabilità nervosa della forma e della linea, in perfetto accordo con la vivacità del colore leggiero, brillante, limpido. L'Assunzione della Vergine nella crocerà a sinistra della chiesa di Sant'Ignazio ha una sorprendente affinità con la Gloria di Sant'Ignazio sull'altare omonimo della chiesa del Gesù (Fig. 1.9). Ma l'impressione che se ne riceve è totalmente diversa. Le masse schiacciate, enormi, delle nubi dipinte da Andrea Pozzi prendono saldezza di cornici architettoniche; le vesti formano grovigli, gonfie, sbattute ad appesantire i corpi; i fiori, che gli angeli colgono da un canestro portato a volo, han lo spessore della pietra; il coro degli angeli è un trono di marmo, che leva in alto la Vergine, turgida nel viluppo di vesti marmoree. Le difficoltà prospettiche superate son tali da fare sgomento, la costruzione gigantesca desta ammirazione ed opprime. Ed ecco invece il Baciccio nel Gesù: una gamma di colori trasparenti, freschi, leggieri, una festa di fiori e di luce. Un astro saetta i suoi raggi aghiformi taglienti nello spazio dietro la testa piegata del Santo, che ascende su un piedistallo di nuvole e di angeli dondolante nel vuoto, semistaccato dal blocco di nuvole e di fiori che rotea nel basso. Gli angeli, adunati in gruppi con vivace senso decorativo, innestati agli stucchi d'oro, descrivono semighirlande concentriche intorno al Santo trionfante, ma quelle semighirlande si rompono; due angioletti, fuggiti alla schiera dei compagni, fan giravolte sopra le cornici o gettano dall'alto rose; gli archi delle nubi franano alla luce; una nuvola e quattro putti formano una borchia gigantesca, un rosone di fiocchi screziati di lilla, di rosa e d'argento, adorno di nastri serici, che ha per centro un tralcio di fioretti lucidi, sfuggenti da un paniere dorato. È una gaiezza scintillante di colori e di linee: i capelli a riccioli di marmo dell'angelo reggilibro han le volute a scatto della bianca tunica del Santo, ne prendono i riflessi, si confondono tra esse; i riccioli biondi dell'angiolo caneforo, brillantati dalla luce dei fiori, scorrono a rivi sinuosi concentrici, in grovigli che assimilano la deliziosa testina alle grandi corolle delle rose sboccianti dai loro seni di porpora.

Cornici di stucco e forme umane si scambiano riflessi: i corpi snelli degli angeli animano con le barocche volute le linee architettoniche della cappella: l'angioletto che getta fiori all'altare indietreggia, abbacinato dal riflesso degli stucchi d'oro che incendiano dal basso all'alto il corpo nudo e il viso paffuto; il triplice festone di un corpo snello di angelo, balzante nello spazio con un braccio levato di scatto ad ansa, completa col suo magnifico slancio l'architettura del catino, smussa l'angolo delle cornici adorne di pesanti encarpi dorati. Le masse di chiaroscuro, forti, energiche, del Pozzi sono scomparse: le figure ricevono e mandano luce, scambiano riverberi di colore con la decorazione della chiesa, in una libertà capricciosa di movimenti e di riflessi. È come se un mazzo gigantesco di fiori coloriti d'argento, di rosa, di viola, d'azzurro, di vecchio oro, coperto di rugiada, scintillasse alle luci screziate dell'alba tra l'oro sfolgorante delle cornici di cardi e di rose, ne rompesse la continuità monotona, ne alleggerisse il fasto.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 20 - G. B. Canili:
Sant' Ignazio in gloria.
Abbozzo presso il pittore
sig. Palumbo in Roma

Di quest'affresco, che deve risalire all'incirca al tempo del quadro di San Nicola da Tolentino per l'agilità barocca dei movimenti, lo scintillio delle luci, la ripetizione, in due angeli, del tipo di quel santo, con gli occhi a mandorla di un nero opaco, larghi e vividi, il volto appuntito velato d'ombra, il pittore Palumbo possiede un abbozzo primitivo del gruppo centrale: (fig. 20) il Santo portato a volo dagli angeli sulle nubi rullanti, in uno sfondo radioso di luce.

L'abbozzo è già prossimo alla fattura definitiva, ma la figura è attorniata dal pulviscolo luminoso; le pieghe metalliche del piviale d'oro sono più scorrevoli nel loro sviluppo a spirale fulmineo; l'angelo reggilibro, forma fantastica di stella marina, sbatte le ali, rotea, si accartoccia in un movimento quasi spasmodico, spiegando a raggi le membra intorno al volume marmoreo accartocciato.

Il bozzetto presso il pittore Palumbo supera per vitalità di linee e diffusione di luce l'affresco, come lo supera lo studio nella galleria corsiniana a Roma (fig. 21), non vincolato ancora dalla necessità di uniformare i contorni alla ornamentazione della volta. La navicella di nubi dondolante che trasporta Ignazio nella chiesa di Gesù è qui un blocco che si slancia a coda di cometa nel vuoto, spingendo in un abisso fiammeggiante uno degli angioletti aggrappati al Santo e facendo indietreggiare, per l'urto improvviso, i fanciulli annidati fra le nubi.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 21 - G. B. Gaulli:
Bozzetto per la cappella di Sant'Ignazio
Roma, Galleria Nazionale.

Il camice bianco di Ignazio è arrovellato dal vento; il dorso nudo di un fanciullo che lo solleva, scavato da una conca superba, è tutta una linea di slancio, ha il furore dell'onda. L'arco di nubi si è rotto; due ondate iridescenti si fronteggiano, divise da una stretta gola, scagliate l'una verso l'altra dalla forza dei venti, come nei bozzetti di Sant'Agnese, come nel quadro di San Nicola, dove nuvole e albero si avventano con l'impeto di correnti marine uno sull'altro. I colori diafani della cappella di Sant'Ignazio, brillanti, leggeri, hanno nel bozzetto straordinaria intensità luminosa: azzurri vividi, verdi smaglianti, bianchi argentei nelle vesti; corpi di bianca spuma o di rame: uno sfondo di fiamma alla figura del beato; un cielo turchino, opaco, notturno, di intensità cruda, sotto l'arco sfavillante delle nubi: il silenzio della luce e la sua massima vivacità, a riscontro.

Come la volta della cappella di Sant'Ignazio; così il soffitto della chiesa (fig. 22-23) non è sfondato da prospettive architettoniche: è un altorilievo gigantesco costruito a masse di chiaroscuro su un campo di luce cruda sfavillante: il Padre Pozzi abbarbica gruppi umani a costruzioni gigantesche, il Baciccio invece architetta con essi soltanto la decorazione del soffitto e ne gradua il rilievo per via di diaframmi luminosi.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 22 - G. B. Gaulli:
Soffitto.
Roma, Chiesa del Gesù

Il soffitto a cassettoni si apre nel mezzo in un quadro a cornice esagonale curvilinea sorretto da grandi angeli argentei, con vesti e ali a volute scattanti. Gli stucchi fastosi del soffitto, a quadrelli con rosoni sbocciati, a racemi elastici di fiori, a spirali di nastro compatte, eseguiti sul disegno dello stesso Gaulli dal Raggi, ricordano la cascata di angeli nell'altar maggiore della chiesa di Sant'Andrea al Quirinale. Un torrente di luce giallo-rossa s'incanala tra nuvole screziate di bagliori rossi gialli violetti, dilaga intorno al centro luminoso del quadro, il monogramma di Cristo, che avventa i suoi fasci di raggi cristallini taglienti sui gruppi dei beati, scaglia nel vuoto, con impeto di forza vulcanica, le nude forme dei putti, picchiettati di luci intense bianche e di chiazze d'ombra rosate, danzanti intorno al disco con lo sfavillìo dei corpuscoli nel pulviscolo dorato del sole.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 22a - G. B. Gaulli:
Bozzetto soffitto Chiesa del Gesù
Palazzo Spada

Il velo cristallino dei raggi, riflessi come da uno specchio rivolto alla luce, sommerge le forme più lontane, le muta in fantasmi soleggiati, delinea appena il movimento nel groviglio delle masse, spiana lo sfondo per farne emergere una veste verde smeraldo, un braccio marmoreo proteso: stacca a forza di rilievo, con l'opposizione violenta degli scuri e il trapasso dalle tinte quasi monocrome degli angioletti intorno al monogramma alle tinte smaglianti chiassose, il gruppo delle Vergini sulla parabola ardita delle nubi e i gruppi di re, di guerrieri e pontefici, invadenti, come due grandi ali, il campo degli stucchi d'oro. Le forme, spianate nella luce, ridotte a ricamo luminoso nel fondo, rilevano a poco a poco in masse plastiche iridescenti al gioco di mille riflessi, percorse da rivi abbaglianti. I movimenti hanno la fissità marmorea e l'obliquità che il Seicento deriva dal correggismo; Bernini insegna ad aggrovigliar panni, ad arricciar volute, a fare un compromesso tra pittura e scultura, ma la forza coloristica del Gaulli rimane intatta, e il suo talento di decoratore gli insegna a comporre leggero e mobile l'arabesco del fondo; a rompere gli stormi di angeli per via di torrenti di luce, ad animare la monotonia degli stucchi dorati con le lunghe ombre dei blocchi di nuvole sconfinanti dal quadro, a variare con la concavità ardita del gruppo di vergini i piani del quadro. Tutto concorre al movimento delle forme luminose: dalla zona più lontana, attraversata dai raggi che fanno scomparire le note cromatiche, balza la massa scura del torso di un angelo, il candore niveo di un braccio disteso, il giogo di due ali quasi staccate dal dorso; il parziale rilievo di queste forme a metà inghiottite dal bagliore del fondo guida al pieno rilievo delle masse lampeggianti sul piedistallo di nubi granitiche.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 23 - G. B. Gaulli:
Soffitto.
Roma, Chiesa del Gesù

Le nubi sospingono verso il monogramma divino le schiere dei Santi; a sinistra un tumulto di forme umane sbattute dalla tempesta, piegate in ogni senso dai venti, di panni gonfi, arrovellati, ritorti, una furia di movimento che dà la vertigine, un'orgia di colori chiassosi, di verdi stridenti, di scarlatti, di azzurri stellati, un insieme di voci dissonanti, che non possono comporre un coro. A destra, un blocco gigantesco di nubi scavato come una barca immensa che veleggi nel campo d'oro degli stucchi, carica di figure umane che la luce e il vento travolgono, confondono insieme, un coro che trova il suo diapason più alto nel vecchio pontefice con le braccia aperte, la testa piegata, quasi divulsa dallo slancio fanatico dell'adorazione; e il tono più basso nell'altro curvo sull'arco delle nubi come un defunto sulla pietra di un sepolcro berniniano.

Dalle cornici del quadro, feriti in volto dalle acute lame dei raggi, si precipita una folla di demoni di qua e di là della doppia conchiglia trasportata da angeli (fig. 24) e si disperde per il tempio, aprendo sul nostro capo due grandi ali di vampiro brulicanti di mostruose forme. La fantasia del pittore non ha limiti nell'ideare queste forme semi-bestiali schiacciate dalla potenza dei raggi contro il soffitto e disfatte, questo groviglio di rettili che fugge per fisico dolore la luce, strisciando le viscide anella sulla volta del tempio, battendo nell'aria ali di vampiro, a nervature come raffi pungenti, ad orli dentati come seghe. Una furia rivestita di squame d'acciaio incalza con la face accesa i demoni; una vecchia fugge a cavallo di un pavone, un eretico dalla testa di Medusa si torce scagliando anatemi a Dio, e chi si copre gli occhi accecati dal crudo riflesso, chi ringhia sgranando le dita spinose; tutta la coorte dei Vizi si disperde, si avvoltola convulsa, incalzata dalla vittoriosa luce di Dio.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 24 - G. B. Gaulli:
Particolare del soffitto.
Roma, Chiesa del Gesù

E anche qui pittura e plastica ornamentale si fondono; le figure rilevano dalla superfice piana degli stucchi, arricchiscono la decorazione con le loro spire, gettano mobili ombre sugli ori e a loro volta ne ricevono riflessi metallici, di rame e d'oro: vampe oscillanti e linee tormentate si uniscono a formare un insieme di sorprendente ricchezza decorativa. Il lirismo appassionato del Seicento trova una delle espressioni più significative nella gloria di luce che aduna intorno al simbolo divino, non più gli eroi di Michelangelo o le elette creature di Raffaello, composte ad armonia di animo e di forme, ma esseri che sentono in sé riflessa la gloria di Dio e la sua potenza e parlano il linguaggio che i Gesuiti parlavano, con le voci della controriforma, nel mondo.

L'esaltazione giunge al colmo nell'abside della chiesa, con l'Adorazione dell'Agnello (fig.25). Dal sole, che avventa nello spazio aculei di raggi, dilaga un torrente di spuma luminosa che travolge gli angeli, li inghiotte nei suoi gorghi, li aggira con furia delirante. Le forme umane si frantumano; turbina fra le onde rotte come da scogli invisibili un brulichio di detriti; le fiamme delle faci che adornano l'arca galleggiano sulle acque; la rabbia del vento scaglia nell'aria, in mezzo all'impeto di quel ciclone marino, un groviglio di angeli che agitano incensieri e si stringono per mano, altra barca più grande, scossa dal violento beccheggio dell'onda, altalenante nel mare in burrasca sotto l'arca trionfale dell'agnello.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 25 - G. B. Gaulli:
L'Adorazione dell'Agnello.
Roma, Chiesa del Gesù

Incalzati dall'onda, gli angeli suonatori di tuba, i santi adoratori dell'agnello si stringono alla cornice, costruendo a sinistra un arco compatto festonato dagli archi delle braccia congiunte a sollevar urne di fiamma; un argine spezzato a destra, culminante in un trofeo di forme umane; in alto due nuclei di angeli suonatori di tube, figli del vento, bronzei, con le gole scoppianti, le braccia protese a schermo dalla luce, le tube scagliate in tutti i sensi, in un disordine decorativo, in un movimento enfatico; la spuma vorace si apre la via attraverso la corona di figure umane lungo il contorno dell'abside, l'attira a sé, l'inghiotte, la spezza, in un delirio di forza espansiva.

Nei pennacchi, anteriori di tempo al soffitto, il pittore riprende lo schema del Correggio, avvicinandosi però alla interpretazione datane dal Domenichino, abbandonando lo scavo vaporoso dello sfondo e costruendo ad altorilievo la forma. Ma il Baciccio fa uscir le sue figure dai limiti del pennacchio, in piena libertà, l'orma le più lontane come di neve striata di lievi riflessi, le più vicine di carne viva; intaglia teste sul fondo come in grosso cartone, fa scorrere i densi panni a rivi saltellanti, foggia le barbe a rosoni, i capelli a viticci marmorei, prodiga i suoi colori trasparenti variegati, ascolta il proprio capriccio fantastico, si abbandona alla propria vivacità decorativa, resa più sfrenata dall'enfasi berniniana. Le finezze ornamentali dell'affresco genovese vanno scomparendo nel tumulto delle concezioni barocche. Ma nel pennacchio con Mosè il dorso e il braccio levato ad arco di un profeta scrivente, bronzei, translucidi, scintillanti, con la loro convessità magnifica fan da base alle altre figure: quel nudo è una statua a tutto tondo slanciata come ponte sul bassorilievo marmoreo, sospesa nel vuoto.

Nel pennacchio coi Santi Gregorio e Ambrogio, il Baciccio sale a un grado di nobiltà unico nella sua arte, senza rinunciare alla sua fantasia scintillante di colore, di forma semi- fluida, di luce. Una ruota di putti ignudi tra nuvole screziate fa da sgabello ai quattro Santi: una figura rossa, Agostino, e tre grigie: Girolamo, grigio argento, Ambrogio plumbeo, Gregorio cinereo con una sola nota viva, il rosa del piviale accartocciato, spezzato, battuto come una lamina di metallo. I colori smorzano le loro tinte nel grigio cenere, nelle ombre azzurrastre; l'oro del piviale si spegne nelle ombre plumbee, la bianchezza del camice è temperata dai riflessi grigi; un velo d'opale cala dalla testa di Ambrogio, inclinata, sulla bianchezza nivea del volto di Gregorio; le ali rigide della grande colomba grigiazzurra, distese obliquamente, sembrano nastri della mitra del vescovo stirati dal vento dietro la tiara del pontefice. La testa del Santo, ossuta, pallida, immobile, alta sopra il cornicione, tesa fino alla rigidezza, è un miracolo di struttura nervosa, il capolavoro ritrattistico del celebrato pittore di ritratti.

Progetto del Bernini di Piazza San Pietro in Vaticano
Fig. 26 - G. B. Gaulli:
Soffitto.
Roma, Chiesa dei SS. Apostoli

Negli ultimi affreschi del Gesù e specialmente nell'Adorazione dell'Agnello, il colore comincia a perdere l'antica, scintillante gaiezza, tonalità grige invadono il campo della pittura. Nelle opere successive sempre più si raffredda; i bianchi gelidi subentrano al rosso di fiamma; le singole tinte sbiadiscono.
Questo progressivo impallidir dei colori si nota tanto nel quadro con San Nicola di Bari nella chiesa romana di Santa Maddalena in Campomarzio, quanto nell'altro con la Natività della Vergine in Santa Maria in Campitelli: nel primo il bianco gessoso del manto di Cristo par che raffreddi tutte le altre tinte, nel secondo il candore niveo della colomba invade la corona degli angeli, sbianca le carni delle donne raccolte nell'ombra della stanza di Maria. Non mi tratterrò su questi due quadri, opere di maniera, composte su elementi di antiche pale e vincolate a un berninismo di second'ordine, incomposte e aride, solo rialzate dalla bellezza di qualche particolare, la figura bianca di Cristo nella chiesa di Santa Maria Maddalena e il gruppo di donne che ha per centro il bambinetto ridente nell'altra di Santa Maria in Campitelli, per venire al soffitto della chiesa dei Santi Apostoli (fig. 26) rappresentante il trionfo dell'ordine di San Francesco.

Le qualità del pittore berniniano si contemperano alle qualità del decoratore genovese; il frastaglio delle forme scaglionate prende un valore ornamentale che ricorda ancora le pitture di Gregorio Deferrari, mentre il colore va sempre più perdendo le sue trasparenze scintillanti per una diafanità bianca, fredda, velata di grigio. Strati vaganti di nuvole riempiono, marezzano lo sfondo, sul quale le figure non rilevano a piani multipli per via di bassorilievo ed altorilievo, ma risaltano come forbiciate nel cartone a colpi crudi e interrotti, secondo il sistema che il pittore aveva già iniziato nei pennacchi del Gesù.
L'aureola di Cristo, un romboide di raggi, come aculei, di giallo ottone, un ostensorio gigantesco, squarcia e pizzetta le nuvole, nido di cherubi, sbiancati, illividiti dai veli cinerei e violacei.
I gruppi di santi, campati fra le nubi, come su scogli emergenti dai flutti, avanzano di slancio a sinistra; si allontanano, per scarti violenti, a destra: tutti si dispongono su linee oblique, e trovano i punti d'appoggio nella gran croce, trasportata da angeli e cozzante contro la bianca figura di Cristo, e nella lunga asta del pastorale librato da nudi angioletti. Le gonfiezze berniniane rimangono in certi grossolani avvolgimenti di panni metallici, nel languore neocorreggesco della figura contorta di Cristo; il chiaroscuro, come già nel quadro della chiesetta di Santa Maddalena, prende un carattere più disegnativo, ma il suo raffreddamento si accompagna al brio scintillante dei contorni scheggiati. Il bianco grigio dello sfondo attutisce il colore intenso dei Santi avvallati tra i blocchi di nuvole, piedistalli a San Francesco e a Sant'Antonio che due apostoli trasportano verso Dio eia croce; la chiara, fredda luce del cielo gorgoglia nello stretto fra i campi di nuvole che sorreggono i Santi dell'ordine francescano; ravviva il rosa sonante dello stendardo, stacca vieppiù il gruppo dei tre monaci, in tinte marrone scuro marezzate di tremuli riflessi, dal gruppo delle suore, a gradinata fluttuante, avviluppato nella penombra grigia dei sai color di ferro. Il disordine decorativo della parte superiore del quadro scompare; il gruppo delle suore raccoglie e gradua il movimento di ondata del cardinale francescano, avvolto nel suo mantello fremente come in un altro stendardo gonfio dal vento. E l'asta lucida del pastorale, portato a volo dai genietti reggi insegna, risolleva, di colpo, l'ondulazione spezzata del gruppo a destra al diapason di slancio raggiunto nelle tre figure sbattute dal vento.

Tra le ultime opere romane del Baciccio sono anche i quadri laterali nella cappella di San Francesco Saverio in Sant'Andrea al Quirinale, rappresentanti il battesimo di una principessa e la Predicazione del Santo. Dal contrasto col quadro dell'altare: la morte di Francesco Saverio, il cambiamento del colore gaulliano appare più evidente: lo splendore delle tinte iridescenti si appanna. Il quadro col Santo che battezza una principessa è un'opera composta a fatica su schemi preesistenti: un colonnato a sinistra, e nell'ombra del colonnato un gruppo di assistenti alla scena; nel mezzo, sullo sfondo di una città e del cielo turchino, la vasca battesimale, un sarcofago grigio disegnato di pro- spetto e due donne inginocchiate e protese, come, nelle tradizionali composizioni dell' Assunzione di Maria, gli apostoli in contemplazione del sepolcro; a destra, il Santo intento a versar l'acqua sul capo della Principessa. È una composizione arida, con ricordi lontani correggeschi, visibili soprattutto nell'affinità del tipo opulento della Principessa con quello della Maddalena di Parma; la fantasia del decoratore si è spenta e solo qualche voce ardita osa levarsi nel colore, nella veste azzurra di una donna con ombre cangianti rosso viola, nel rosso papavero di una figura d'uomo, note audaci sfuggenti alla tonalità generale, fusa, temperata dall'ombra della sera. Ma l'altro quadro è una smentita alle affermazioni dei biografi contemporanei sulla decadenza dell'artista, sullo spegnersi delle sue qualità fantastiche nell'ultimo periodo. Un fondo ingombro di montagne a cono, nerazzurre a sinistra, grigiofulve a destra; un cielo turchino fosco, filettato lungo la costiera dei monti da un incerto chiarore d'alba; davanti, a destra, l'alta figura del Santo, attorta a fune sopra se stessa; nell'avvallamento, due archi di figure rivolti in senso opposto, una esse rapida, sfuggente; nell'angolo a sinistra, una donna col suo bambino, stretta alla cornice, punto di arresto e ad un tempo di esaltazione delle correnti di movimento del quadro. Nel movimento di rotazione impetuosa, le pieghe del camice di Francesco Saverio, turbinanti a ruota, lambiscono come fiamme bianche l'alta figura e si avventano a destra insieme col braccio levato verso la croce; il piviale rosa argento di un vecchio prete in ginocchio si allunga a terra, scavando un arco ondeggiante, con un agile tortuoso strisciar di spirali; il gruppo della donna col bambino s'incava a scaglioni irregolari profondi, come per lavorìo capriccioso di acque sulla pietra; i suoi contorni triangolari scheggiati disegnano angoli molto rientranti: la testa della madre, ferma sulla cornice, la testa bionda del fanciullo, il braccio piegato, il pannolino avvolto ai fianchi, son tanti gradini di una scala precipitosa, che segna il punto di arrivo del movimento fiammeggiante del monaco e del movimento a spirale del prelato, l'irrigidisce e l'esalta. Anche coloristicamente, la Predica di Francesco Saverio non cede alle opere giovanili del Gaulli: un contrasto di nero fosco e di ombra rossa è la testa del Santo sul fondo notturno; la figura del prete è dipinta in una gamma di rossi velati e di rosa argentini; l'azzurro fondo del manto della donna, archeggiato di semispente luci grigio-argentine, il giallo aureo del risvolto — giallo di ranuncolo brillante al sole — il bianco smorto del panno, il candore delle carni, appannato di grigio, rialzato appena da interni riverberi rossi semispenti, creano un accordo piano di tinte, delicatissime nella loro luminosità nascosta.

Il colore, a cominciare dagli ultimi affreschi del Gesù, aveva perduto in limpidità cristallina; la sua freschezza scintillante si era appassita a contatto con l'arte romana; le fiamme eran venute spegnendosi nei bianchi gelidi e nei gialli ottone della chiesa dei Santi Apostoli. Nei quadri laterali della cappella di San Francesco Saverio al Gesù ritornano a brillare le tinte antiche, i rossi e i rosa d'argento, ma brillano appena nell'ombra, traendo da essa un valore fantastico anche maggiore, celando in essa la propria violenza. Il quadro d'altare con la Morte di San Francesco Saverio, un intrico di rivi purpurei e argentini, frastagliato da qualche cresta azzurra, come vena di marmo, trae maggior scintillìo dalle tinte fosche velate dei laterali, assimilate ai marmi grigi delle pareti; fiammeggia di sole mentre quelli si avvolgono in ombra notturna; rappresenta il meriggio della pittura gaulliana accanto al suo glorioso crepuscolo.

L'arte ha acquistato in finezza e in profondità quel che ha perduto nella vivacità fosforescente, scintillante dei colori: è giunta a una stilizzazione ornamentale personale e vigorosa, superiore a quanto il Baciccio aveva prodotto sotto l'impero del Bernini. E forse, anche per il ritorno dei rossi e dei rosa prediletti dall'artista nelle opere giovanili, è da supporsi che un viaggio a Genova avesse ravvivate in lui le qualità native, affievolite dalla lunga dimora in Roma.

Maria Perotti - L'arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna - 1916