Palazzo del Senatore: L'antico nome e la sigla
S.P.Q.R. erano i soli ricordi lasciati dall'antichità. Il
senatore era una specie di sindaco nominato a vita fra il patriziato
romano.
La facciata, come abbiam detto, è di disegno di Michelangelo,
come anche le due scale d'accesso. La fontana fu fatta da Sisto
V, che vi fece collocare sopra la statua di Rona trionfante, ossia
di Minerva, in marmo bianco con le vesti di porfido, trovata a Cori.
Michelangelo aveva progettato
Immagine del Palazzo del Senatore (lato sinistro della scala esterna).
Palazzo del Senatore (lato sinistro della scala esterna)
di mettervi una statua colossale, di Giove, le cui proporzioni fossero
meglio armonizzanti con le masse delle statue, sottoposto alle scale,
del Nilo e del Tevere di marmo parte trovato sul Quirinale e forse
dell'epoca degli Antonini, ma i suoi successori la modificarono:
Giacomo della Porta elevò il primo piano ed il resto fu elevato
da Girolamo Rainaldi. Un'incisione eseguita in Roma nel 1559, su
un disegno dell'architetto francese Dupeyrac, posteriore di quattro
anni alla morte di Michelangelo, ci conserva il progetto della facciata
del Palazzo Senatorio come fu ideato da Michelangelo: in essa si
vede anche la vecchia torre del Campidoglio e una loggia coperta
sotto la scala dalla doppia rampa, loggia che non fu costruita.
Nell'aprile del 1880, nel collocare i due nuovi stemmi di marmo,
si scoperse che la facciata attuale altro non è che una fodera
tirata sulla facciata antica, lasciata quasi intatta. Il muro dell'attuale
facciata ha uno spessore di circa m. 0.60 e sorge distaccato dall'antico
a cui è raccomandato con semplici morse e conci. Si è
intrapreso di scoprire pezzo per pezzo tutta la facciata antica
su cui sono apparsi, o ancora al posto o impiegati come conci, una
quantità di stemmi in marmo, policromati, fra cui uno in
mosaico. Due sono l'arma del comune di Roma, molti altri di senatori
e alcuni di rioni.
Dal 1848 al 1850 il palazzo fu ampiamente restaurato dall'architetto
Calderari per stabilirvi gli uffici del municipio, aprendo una porta
d'entrata con una scala dalla parte della Rupe Tarpea. Il grande
scalone a due rampe della facciata dà accesso ad un gran
salone la cui forma fu modificata al tempo di Pio IX dall'architetto
Camporesi. Esso è ornato dalle statue di Paolo III e Gregorio
XIII e del re di Napoli Carlo d'Angiò che nel secolo XIII
fu senatore di ivi si aduna il consiglio municipale.
La torre quadrata, che domina l'edificio, è l'antica ridotta
allo stato attuale sotto Gregorio XIII, su disegno di Martino Longhi:
in essa è la famosa campana, detta la patarina, conquistata
nel medioevo dai romani ai viterbesi. Sulla torre angolare che guarda
la via dell'Arco di Settimio Severo si vede ancora lo stemma di
Bonifacio IX: in quella a nord-ovest, sulla stessa via, sono parecchi
stemmi di senatori, del tempo di Leone X, Paolo III, ecc, con iscrizioni
laudative sottoposto e un gruppo di frammenti in rilievo che, secondo
l'iscrizione sottoposta, sono allusivi al trionfo di Scipione l'Africano
e che furono donati a Roma nel 1655 da Francesco Gualdi che li custodiva
in un suo museo.
Pei Palazzi dei Musei è dubbio che il Vignola, che sopravvisse
nove anni a Michelangelo, ne continuasse i disegni: il loro compimento
è piuttosto dovuto a Giacomo della Porta. La finestra di
mezzo di ciascuna delle due facciate, di disegno scorretto e bizzarro,
fu aggiunta da un architetto chiamato Giacomo del Duca. Nella loro
massa le due facciate sono buone e dignitose, il sopraornato dell'unico
ordine è di buon carattere, ma le colonne ioniche del portico
del pianterreno non sono di proporzione felici e sembrano essere
schiacciate da un'elevazione smisurata d'un grande ordine di pilastri
corinzi addossati ai piedritti dei portici che fiancheggiano a destra
e a sinistra, senza aderirvi. L'insieme di questa disposizione è
considerata come una novità in architettura.
Nel cortile, nello scale e nelle sale sono riunite, statue e frammenti
antichi pregevolissimi, e cominciò Sisto IV a donare al popolo
romano il primo gruppo d'antiche sculture che si custodivano in
Vaticano. Pio V e Clemente VIII aggiunsero altri doni e sotto quest'ultimo
(1592-1605) si costruì il Museo. Ma il carattere di regolare
collezione cominciò con Clemente XI e col nipote di lui,
il famoso cardinale Alessandro Albani, che regalò le raccolte
dei busti imperiali e dei filosofi e poeti.
Clemente XII però può considerarsi come il vero fondatore
del museo presente, perchè ne fece decorare le sale e ordinare
le collezioni. Benedetto IV lo arricchì con ulteriori acquisti
e doni, Clemente XIII vi aggiunse altre opere, di modo che la raccolta
capitolina divenne molto importante, tanto che bastò a ispirare
al celebre archeologo tedesco Winckelmann la sua famosa Storia dell'arte.
Palazzo Senatorio
Da Bonifazio IX fu eretto questo palazzo in
forma di Rocca, sopra le rovine dell'antico Tabulario. Il suddetto
Bonarroti cominciò ad ornare la facciata d'un ordine Corintio
a pilastri, che fu poi terminata coll'istesso disegno da Giacomo
della Porta. Si ascende al primo piano per una magnifica scala a
due branche, decorata da una gran fontana cui fanno ornamento tre
statue antiche. Quella di mezzo, di marmo Pario, pannegiata di porfido,
rappresenta Roma trionfante; dell'altre due colossali, di marmo
Greco, una rappresenta il Nilo, e l'altra il Tevere.
Il salone che si trova subito salita la scala, serve di Tribunale
al Senatore di Roma. Quivi ogni tre anni dai Capi dell'Accademia
di s. Luca si distribuiscono solennemente i premj a quei Giovani,
che si sono distinti nella pittura, scultura, ed architettura. Vi
si vedono le statue de' Pontefici Paolo III, e Gregorio XIII, e
di Carlo d'Angiò Re di Napoli, e Senatore di Roma. Sopra
questo salone sonovi gli appartamenti del Senatore, nei quali si
vedono dei bei quadri, e varie cose preziose; e dalla parte di là
del medesimo salone vi sono le prigioni, dette del Campidoglio.