ex Palazzo Pontificio in Monte Cavallo
Dove ora è questo vasto palazzo, era
un casino di delizia de' duchi Estensi, i quali avendolo ceduto
a Gregorio XIII egli cominciò a ingrandirlo, e si valse
dell'architettura di Flaminio Ponzio Lombardo. Fu proseguito da
Ottaviano Mascherino, e con suo disegno fu fatta la scala a lumaca,
con l'appartamento nobile, il portico,
e la loggia,
dove è l'orologio. Sisto V seguitò la fabbrica,
e con suo ordine furono posti nella piazza li due colossi, e gran
destrieri, opere attribuite volgarmente a' celebri Fidia, e
Prassitele; essendone stato architetto il cav. Domenico Fontana.
Clemente VIII vi fece fare molti ornamenti, come anche nel
giard; e Paolo V l'ornò della gran sala con la cappella,
con gli appartamenti contigui; compì, e riquadrò il
cortile con una scala doppia, ed abbellì maggiormente il
giard con disegno di Carlo Maderno.
Vi fece far molto anche Urbano VIII, che circondò il
giardino di gran muraglioni, e Alessandro VII accrebbe gli
appartamenti per la famiglia, di che fu architetto il cav. Bernini,
continovati alquanto da Innocenzio XIII, e terminati per un gran
tratto da Clem. XII con l'assistenza del cav. Fuga, col cui
disegno fu ornato il palazzetto, ch'è in fine di detti appartamenti;
facendo nel cortile di esso una fontana, che fa prospetto, e quivi
vicino fece la cappella degli Svizzeri, dove è la tavola
del B. Niccolò di Rupe dipinta da Sebastiano Ceccherini.
Venendo ora a descrivere questo palazzo, il portone, sopra il quale
è la ringhiera della Benedizione, è detto da alcuni
esser disegno del Bernini, ma sembra di maniera più antica.
La statua di s. Pietro, che vi è sopra, è
di Stefano Mderno, e quella di s. Paolo è di Guglielmo
Bertolot, e la Madonna, che è sopra il finestrone, è
di Pompeo Ferrucci.
Il cortile è maestoso, e lungo passi 150, e a destra delle
sue logge sono due branche della scala principale, che conducono
per due altre nel piano nobile del medesimo palazzo; e voltando
nel salire a mano destra in capo alla seconda branca s'entra nella
gran sala, dalla quale cominceremo il nostro giro.
Questa è ornata d'un ricco soffitto, dove sono le armi di
Paolo V, e d'un fregio
grande, di cui le prospettive sono d'Agostino Tassi, e le figure
sono d'Orazio Gentileschi.
La facciata
verso la cappella fu dipinta dal cav. Lanfranco; come anche quella
incontro e nelle altre facciate verso le finestre, e le porte, per
dove si entra, dipinse molte figure, e fece altri lavori Carlo Veneziano,
che si riconoscono alla maniera assai debole, in paragone di quella
del Lanfranco. Al muro sono appesi varj cartoni del Domenichino,
e molti grandi di Carlo Maratta, che servirono per li mosaici delle
cupole di s. Pietro, traportati quì d'ordine d'Innocenzio
XII, e la tavola originale di s. Petronilla del Guercino,
messa in mosaico dal Cristofani in s. Pietro.
Il bassorilievo
di marmo sopra la porta, che conduce nella cappella Papale, e rappresenta,
quando Cristo lavò li piedi agli Apostoli, è di Taddeo
Landini Fiorentino. Degli Angioli, che sostengono l'arme del Pontefice,
che si vede per di sopra, quello a mano sinistra è lavoro
di Pietro Bernini; l'altro alla destra del Bertolot Francese. La
cappella è vasta, con una volta
ricca di stucchi
dorati, ed ornamenti, e ultimamente N. S. Clemente XIII
vi ha fatto fare un bello altare ricco di marmi col disegno del
sig. Paolo Posi Senese.
Dalla sala, entrando nell'appartamento detto de' Principi contiguo
alla cappella, si vede una quantità di camere abbellite con
fregi, quasi
tutti coloriti da Pasqual Cati da Jesi; quello però della
stanza picciola, contigua alla galleria, è d'Antonio Caracci.
Questo appartamento è pieno d'ottimi quadri. Evvi la resurrezone
di Lazzaro, opera celebre del Muziano, ch'era in s. Maria maggiore.
Del Rubens v'è una bella Madonna col Bambino; del Domenico
un Cristo paziente con un manigoldo, che lo schernisce; di Niccolò
Pussino il martirio di s. Erasmo, del quale è il
mosaico nella Basilica Vaticana; di monsù Valentino l'eccellente
tavola col martirio de' ss. Processo, e Martiniano posta
in mosaico nella stessa basilica;
di Fra Bartolommeo della Porta san Pietro, e san Paolo in due quadri,
che per la loro eccellenza vengono comunemente, e a ragione reputati
di Raffaello, il quale solamente lavorò un poco sul s. Pietro,
che il Frate non avea terminato; e altri bei quadri d'altri valentuomini.
Segue poi una vaga, e gran galleria, Alessandro VII la fece
dipingere con diverse istorie del Testamento Vecchio, e Nuovo da'
migliori artefici, che alar vivessero.
Nell'ovato, che è sopra alla prima finestra,
cominciando il giro a mano destra, si vede rappresentato Dio nel
roveto da Gio. Francesco Bolognese; e nel quadro gde, che segue
fra le finestre, Gio. Mielle ha figurato, quando Mosè passò
il Mar Rosso, e Faraone vi si sommerse.
La Terra di promissione nell'altro ovato contiguo è del suddetto
Gio. Francesco, e Monsù Guglielmo Borgognone condusse l'istoria
grande con la battaglia di Giosuè.
Gedeone, che cava dalla pelle la rugiata, è lavoro di Salvatore
Rosa. Nell'ovato sopra la terza finestra,
il fatto di David, quando diede la morte al gigante Golìa,
è di Lazzaro Baldi, colorito nell'altro sito maggiore.
Il giudizio di Salomone fu espresso da Carlo Cesi medesimamente
sopra ad una finestra.
L'istoria del re Ciro nell'ultimo gran quadro da questa parte, è
opera di Ciro Ferri, del quale è anche l'ovato con la Nunziata
di Maria Vergine, che segue.
Nella facciata,
dove termina questa gallerìa, si vede una grande istoria
con quantità di figure, in cui fu rappresenta la Natività
di Gesù Cristo, da Carlo Maratta; e nell'ovato sopra alla
finestra,
voltando per l'altra parte, Egidio Scor Tedesco dipinse la creazione
d'Adamo.
Nel sito grande, che anche di quà cammina col medesimo ordine,
e distanza di finestre, vi ha colorito Gio. Angelo Canini Dio Padre,
che scaccia Adamo, ed Eva dal Paradiso Terrestre; e nell'altro sopra
alla finestra,
che è contiguo, si vede l'istoria del sacrifizio di Abele,
e Caino, che è opera del suddetto Egidio.
L'arca di Noè fabbricata nel tempo del Diluvio universale,
dove si vedono diverse specie d'animali, è lavoro di Gio.
Paolo Tedesco, fratello d'Egidio Scor; ed il Diluvio, rappresentato
nell'ovato che segue, è pittura del medesimo Egidio.
Quando Abramo volle sacrificare a Dio il suo figlio Isac, fu figurato
da Gio. Angelo Canini; ed Ismael con l'Angelo sopra alla finestra
contigua, è opera di Gio. Francesco Bolognese.
Il fatto di Giacob, e Esaù nell'ultimo quadro grande, che
è da questa banda, è di Fabbrizio Chiari; e nell'altr'ovato
nel fine, espresse Giovan Francesco suddetto, quando Giuseppe Ebreo
fu venduto da' fratelli.
Nella gran facciata,
che è dove cominciò, e finisce il nostro giro, si
vede l'istoria, di quando Giuseppe suddetto fu poi adorato da' fratelli,
dipinta eccellentemente da Francesco Mola Svizzero.
Le figure, ed altri ornamenti di chiaro scuro, che tramezzano l'istorie
suddette, son del Chiari, del Canini, del Cesi, di Egidio, ed altri;
e li paesi, e prospettive, con colonne,
e verdure, sono di Gio. Francesco Bolognese, e Gio. Paolo Tedesco.
Di quì seguitando avanti negli appartamenti sotto l'orologio,
si passa per due gallerie piccole, dipinte in tempo d'Urbano VIII,
con tutte le fabbriche, ch'egli fece nel suo Pontificato; e questi
sono lavori per prospettiva, paese, e figure, in quantità
molto riguardevoli, di Gio. Francesco Grimaldi Bolognese, e d'Agostino
Tassi.
Si entra poi negli appartamenti fatti edificare da Gregorio XIII,
dove sono quantità di stanze con soffitti ricchi d'oro, e
fregi dipinti
con istorie per la maggior parte del cav. d'Arpino. In una cappelletta,
dove ascolta la messa il Papa nell'inverno, è dipinta ad
affresco sull'altare la coronazione di spine di Gesù
Cristo da Andrea Sacchi. I grotteschi sono del cav. Gio. Paolo Pannini.
Nella stanza dell'udienza avanti a detta cappella è la Madonna
di Guido Reni, ch'era in s. Maria Maggiore. In un'anticamera
dell'estate è un san Giovannino nel deserto copiato da Giulio
Romano eccellentemente da quello di Raffaello, ch'è in Firenze
nella galleria
Medicea. Questo quì era ne' Maroniti, e fu comprato mille
scudi da Clemente XII.
Dall'altra parte del palazzo, che risponde nel giardino verso Levante,
si trova una cappella con la sua cupola
in forma di croce
Greca, assai galante, ben architettata, e con abbellimenti di pitture
singolari. Le pitture di questa cappella sono tante, e tutte eccellenti,
che se s'intagliassero in rame, farebbero un giusto volume, e mi
stupisco, che non sia caduto in pensiero a nessuno di far quest'Opera,
che sarebbe più applaudita, e lo meriterebbe più di
molte altre. Solamente è stata intagliata da Stefano Piccart
la Natività della santissima Vergine, ch'è una grande
e maravigliosa storia dipinta da Guido sopra la porta interiore
di questa cappella.
Nel suo altare si vede Maria Vergine Annunziata dall'Angelo, opera
celebre di Guido Reni, che condusse perfettamente tutte le altre
istorie, e figure, che sono nella cupoletta, e d'ogni intorno, fuori
che gli angoli della medesima, e la lunetta, che figura la Presentazione
di Maria Vergine al tempio, fatiche molto lodate di Francesco Albani.
Nella volta
della sala grande, nella quale si suol far concistorio pubblico,
e dove finisce il giro, e si ritrovano le medesime scale, che si
salirono per fare il nr camino, si vede uno sfondato con prospettiva
attorno di sotto in su, perfettamente inteso, e lavorato da Agostino
Tassi. In mezzo è l'arme di Paolo V, sostenuta da due
Angioli, e nel giro della prospettiva posano diverse figure, che
rappresentano le Virtù; opere diligenti d'Orazio Gentileschi.
Il magnifico cortile di questo maestoso palazzo è modernamente
abbellito con un orologio in prospettiva, sotto del quale mirasi
un'Immagine di Maria Vergine con il Bambino Gesù in braccio
fatta a mosaico sul quadro del cavalier Carlo maratti, lavorata
da Giuseppe Conti Romano, ed ivi posta nel tempo di Papa Innocenzio
XII di gloriosissima ricordanza. Il detto quadro del Maratta è
in una delle riferite anticamere.
Calando di quì alli appartamenti da basso, per la scala principale,
in faccia al primo ripiano si vede murata la pittura di Melozio
da Forlì, taportata quì dalla tribuna de' ss. Apostoli,
quando fu demolita la chiesa, avendone segato il muro. Nelle stanze
terrene è una cappelletta dipinta da Baldassar Croce. Nel
giardino pontificio è un vago, e ben architettato casino,
o ritiro, dove il Papa possa riposarsi dal passeggiare. Fu fatto
fabbricare dalla sempre gloriosa memoria di Benedetto XIV col
disegno del cav. Fuga. In esso sono molte pitture; e consistendo
in una ornatissima sala, e due stanze laterali, in quella a dritta
dipinse lo sfondo il sig. Pompeo Battoni, e gli ovati negli angoli.
I due quadri di paesi sono opere di Francesco Vanblomen Fiammingo
detto M. Orizzonte, e i grotteschi sono del Cocciolini. In questa
stanza il detto Papa ricevè il re di Napoli (ora re di Spagna)
nel 1744. Nella stanza a sinistra è un bello sfondo
di Agostino Masucci, e due gran quadri di prospettive del cav. Pannini.
Sull'area dell'odierno palazzo del Quirinale
sorgevano il palazzo edificato dal cardinale Ippolito d'Este, quello
innalzato dal cardinale Oliviero Carafa e quello del cardinale Giovanni
Bellay, che era propriamente negli orti del Quirinale. L'amenità
e salubrità del luogo furono celebrate dal suo segretario
e medico Brenzio, tanto che Paolo III, Farnese, oppresso dagli anni
e dalle fatiche, soleva spesso recarsi presso gli eredi del Carafa,
la famiglia di Gian Pietro, per respirarvi l'aria pura. Recandovisi
il 6 novembre 1549 dal Vaticano fu sorpreso da febbre e morì
il 10 dello stesso mese: il Firmano vuole che morisse bensì
sul Quirinale, ma nel palazzo del cardinal Ferreri, ossia nella
villa del cardinal di Ferrara, Ippolito d'Este.
Alcuni autori dicono che Paolo III abbia incominciato a costruirvi
una casa per l'estate, giacchè il Vaticano, essendo in basso,
era poco salubre, ma fino a Gregorio XIII, Boncompagni (1572-1585),
non si ha sicura notizia di queste abitazioni di papi.
Gregorio XIII, ricevendo in dono dal cardinal Luigi d'Este, o acquistando
dal cardinal Ippolito l'amena villa e giardino, eresse un sontuoso
palazzo per abitazione estiva de' suoi successori.
L'architetto lombardo Flaminio Ponzio fece i disegni e cominciò
la costruzione, seguitata poi dal pittore ed architetto bolognese
Ottavio Mascherino, morto sotto Paolo V, Borghese (1605-1621), autore
del vasto cortile lungo metri 97,42 e largo 53,10, circondato per
tre lati da portici sorretti da 44 pilastri o terminato nel quarto
da un prospetto d'ordino ionico che rimane compiuto da un orologio
e dalla comodissima e bella scala a chiocciola del piano nobile
del portico.
Gregorio XIII vi cominciò ad abitare nel 1582. Il successore
Sisto V, Peretti (1585-1590), incaricò l'architetto Domenico
Fontana di proseguire il palazzo ed innalzò la fronte sinistra
sulla piazza, decorò la stessa trasportandovi dalle propinque
Terme di Costantino i colossi dei cavalli e vi piantò la
fontana.
Sisto V fu il primo papa che morì in questo palazzo.
I papi avevano la consuetudine di prender possesso, dopo l'elezione,
del palazzo Lateranense con gran pompa e l'andata in Vaticano e
poi al Lateranense si faceva tutta in un giorno. Giulio II separò
le due funzioni. Clemente VIII fu il primo che partì dal
Quirinale a prender possesso della basilica lateranense il 12 aprile
1592. Dimorandovi vieppiù questo papa modificò l'edifizio
nelle stanze domestiche del papa e nel giardino eresse un nicchione
nel quale pose un organo idraulico meraviglioso del tempo e diversi
corsi dell'acqua Felice, sotto di esso una fontana ed abbellì
il cortile di mosaici, servendosi anche lui, come Sisto V, dell'architetto
Fontana.
Da Paolo V il palazzo fu ancora aumentato e perfezionato e a tal
uopo rimosse i benedettini cassinesi dal contiguo monastero e chiesa
di S. Saturnino de Caballo, loro data da Giulio II, in parte incorporando
nel palazzo i loro edifizi, e in parte demolendoli.
Al Fontana successe Carlo Maderno che eresse i due grandi lati con
cui formò e concepì il bel cortile quadrato, continuando
la fabbrica verso porta Pia ed aprì il portone su questa
via che doveva esser decorato con le statue che sono ora su quello
che guarda la piazza: esso è al presente sempre chiuso. Paolo
V costruì l'appartamento, detto dei principi, da quelli che
vi alloggiarono, la cappella dell'Annunziata nel piano superiore
e quella del Presepe nel pianterreno, sopra l'edifizio di Sisto
V fabbricò la magnifica sala regia e la sontuosa cappella
paolina dell'Assunzione, grande come la Sistina del Vaticano, la
cui architettura è però dell'Algardi che somministrò
i disegni per gli stucchi della volta. Fece fare anche le stalle
pei cavalli giù per la Dataria, il salone degli svizzeri
all'angolo orientale, allora chiamato delle Corazze o Cavalleggieri,
e le camere del tribunale di Dataria che assegnò per abitazione
della famiglia pontificia quando per la Dataria destinò il
vicino palazzo dei Maffei.
Le diverse fontane del giardino furono fatte su disegni del Maderno.
Urbano VIII, Barberini (1623-1644), isolò il palazzo congiungendolo
con la Dataria per mezzo d'un arco, circondandolo d'alte e forti
mura con artiglierie e allargò la piazza erigendo a destra
del portone un baluardo per l'artiglierie e vi fece dipingere Agostino
Tassi e Buoncompagni.
Alessandro VII, Chigi (1655-1067), valendosi dell'architetto cav.
Gianlorenzo Bernini, aggiunse comodi appartamenti verso porta Pia,
che formano il cosidetto palazzo della famiglia. Fece dipingere
la lunga e maestosa galleria, corrispondente alla piazza, da Pietro
da Cortona e divenne questo il luogo favorito del passeggio del
papa.
La Vergine in mosaico sotto l'orologio è opera di Giuseppe
Conti, eseguita su quella dipinta da Carlo Maratta per ordine d'Innocenzo
XII, Pignatelli (1691-1700). Clemente XI, Albani (1700-21), arricchì
ed abbellì ancora il palazzo ed il giardino. Nel ripiano
della doppia scala fece trasportare la pittura segata dal muro dalla
tribuna della chiesa dei SS. Apostoli, opera di Melozzo da Forlì,
rappresentante l'ascensione del Signore fra gli angeli, mirabile
per l'effetto dello scorcio. È noto che della figura del
Cristo si giovò il Buonarroti per la Sistina.
Innocenzo XIII, Conti (1721-24), desiderando decorare o compiere
il palazzo, incominciò la continuazione degli appartamenti
di Alessandro VII con lunghi corridoi por abitazione della famiglia
pontificia. Edificò le scuderie di contro il palazzo e attigue
al giardino Colonna con disegni dell' architetto Alessandro Specchi,
su rovine antiche, che erano creduto facenti parte della Torre di
Nerone, ove una leggenda diceva che il pino che esistette nel giardino
dei Colonnesi fino al 1846, e sorgente sulle rovine del tempio dedicato
dall'imperatore Adriano al Sole, fosse piantato da essi nel giorno
della morte di Cola da Rienzi.
Benedetto XIII, Orsini (1724-30), lasciò imperfette le opere
sue, continuato con energia e compiute da Clemente XII, Corsini
(1730-40), che si servi dell'architetto Ferdinando Fuga, cui dal
maggiordomo Acquaviva nella sua cappella fece conferire la croce
di cavaliere. Questo papa costrusse le due scale a chiocciola che
dalle cantine ascondono fino alle soffitte, passando dal cortile
dogli Svizzeri a tutti i corridoi del primo e secondo piano. Atterrando
alcune case, fece terminare sì imponente braccio di fabbrica
anche colla vaga palazzina di cui una parte fu elevata, abbellita
e rifatta di sana pianta, destinandola al segretario della cifra
e fece decorare molte sale da Sebastiano Ceccarini. Odiernamente
vi sono stato fatte importanti innovazioni sotto la direzione dell'arch.
Cipolla.
Nel giardino che ha circa 1 km e 1⁄2 di giro, a cui diversi
papi consacrarono cure su cure, v'è una nicchia con una vasca
e fonte nel mezzo, decorata da due delfini e scogli, tra i quali
un mascherone con conchiglia in capo che getta acqua.
Benedetto XIV Lambertini (1740-58), edificò con disegni di
Ferdinando Fuga un coffeehouse, chiamato allora caffeamus, palazzina
di ritiro, ove ricevette il re Carlo III e vi fece fare pitture
da Francesco Van Blumen, detto l'Orizzonte e da Pompeo Battoni,
prospettive da Giov. Paolo Pannini e decorazioni dal Cocciolini
e da Agostino Masucci.
Clemente XIII, Rezzonico (1758-69), abbellì le stanze destinate
da Paolo V agli uditori di rota.
Nel 1798, fu proclamata dai francesi la repubblica romana, Pio VI
fu portato via dal Vaticano ed il Quirinale soggiacque allo spoglio.
Il 2 febbraio 1808 mentre Pio VII era nella cappella Paolina i francesi
rientrarono in Roma e posero otto pezzi di cannone avanti al portone
per comando del generale Miollis.
Pio VII vi rimase chiuso fino a che il 6 luglio 1809 i francesi,
scalato il portone lo fecero prigioniero col cardinal Pacca ed il
cardinal Gabrielli pro-segretario di Stato.
Il Quirinale da Napoleone fu dichiarato palazzo imperiale e vi furono
ordinati ed eseguiti dei lavori di adattamento e di restauro. Pio
VII vi ritornò il 24 maggio 1814 e andò ad abitare
nello stanze del maggiordomo e fece aggiungere, verso il vicolo
Scanderberg, un tratto di fabbrica a quella di Clemente XIII per
i famigliari. Restaurò ed abbellì ancora il palazzo
e le cappelle e vi aggiunse quella della Madonna del Rosario.
Vi ricevette nel 1819 l'imperatore Francesco I con l'imperatrice
e la corte e compì l'ornamento della piazza. Nel 1823 ai
20 d'agosto, come alla morte di Alessandro VII, vi si tenne il conclave,
donde uscì eletto Leone XII che alloggiò la regina
vedova di Sardegna Maria Teresa con le reali figlie Maria Cristina,
poi regina di Napoli, e Maria Anna, imperatrice d'Austria.
Il successore Gregorio XVI con molto dispendio ne consolidò
le costruzioni che reggono la grande e duplice scala e il sovrastante
immenso salone dalle sedici finestre. Abbellì e perfezionò
il giardino nel quale fece erigere una graziosa fontana con disegno
del Martinucci, restaurò il muraglione, il casino nobile
di Benedetto XIV, il nicchione di Clemente VIII, stupendo per mosaici
in rilievo, stucchi e pitture.
Il palazzo ha i soliti tre ordini dorico, ionico e corinzio; l'aspetto
è maestoso ed il cornicione nobile, ma si scorge troppo a
prima vista che manca di carattere e che porta tutti i disegni di
due secoli di lavori e di superfetazioni.
Esso ha cinque portoni d' ingresso, ma il principale è quello
che dà sulla piazza che ha innanzi il suolo in forma di padiglione
a cordonata con liste di granito rosso e chiuso da colonne basse
del medesimo marmo.
L'architettura di esso è del Bernini e consiste in due colonne
ioniche di cipollino che sorreggono un gran frontespizio tagliato
nel mezzo e ai cui lati sono adagiate le statue: di S. Pietro, scolpita
da Stefano Maderno, e di S. Paolo, fatta da Guglielmo Bertoloti.
Sull'arco della porta in cartello di marmo bianco si legge :
PAULUS V. P. M. A. MDXV.
PONTIF. XI.
Sopra il frontespizio vi è una gran loggia di travertino
con pilastri ai lati sorreggenti un frontone ch'elevasi sino al
cornicione e nel cui timpano vi è una statua della Vergine
col Bambino in marmo di Pompeo Ferrucci.
Il braccio destro della scala conduce al salone chiamato sala reale,
vastissimo, decorato con un pavimento a differenti marmi, d'un soffitto
ricco d'ornati a oro e d'un fregio colorito dal Lanfranco e dal
Saraceni, che vi rappresentarono storie del vecchio e nuovo Testamento.
Sopra la porta che mena da questo salone alla cappella Paolina,
vi è un bassorilievo in marmo rappresentante Cristo che lavai
piedi agli apostoli, opera di Taddeo Landini; presentemente vi è
stato aggiunto un fregio con le armi delle cento città italiane.
Nelle varie sale interne si ammirano pitture e decorazioni dell'Albani,
Tommaso Conca, Palagio Palazzi, Pasquale Cati di Iesi, Mantovani,
Angelini, Francesco Mola di Lugano, Francesco Grimaldi di Bologna,
Fabrizio Chiari, del tedesco Paolo Scor, Giovannangelo Canini, Luigi
Agricola, dell'accademico francese Ingres, Carlo Cesi, Ciro Ferri,
Minardi. Coghetti, Acqueni, ornati del Bisco, affreschi dell'Overbeck,
un fregio in gesso del Thorwaldsen, un fregio analogo del Tinelli,
tutti artisti della decadenza, di cui nessuno fece opera veramente
eccellente. Vi dipinsero dei quadri il Cammarano rappresentando
fatti del Risorgimento italiano, il Bruschi, il Barilli, il Natali,
l'Induno, quasi tutti ancora viventi.