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Palazzo Farnese

Sede dell'Ambasciata di Francia

Palazzo Farnese
Palazzo Farnese

Nella piazza detta Farnese sono da osservarsi le due gran Conche di granito di Tebe, che dagli antichi si adoperavano nei bagni, ciascheduna lunga palmi 25, e alta 6 adattate ora alle due fontane.
Il primo architetto del magnificentissimo palazzo Farnese fu Antonio Picconi da s. Gallo. Lo cominciò quando Paolo III era Cardinale, ma fatto Papa, il s. Gallo alterò, e ingrandì l'idea tutta alla fabrica, che era giunta al primo piano, e tirolla a fine; ma il cornicione si fece con disegno di Michelangelo Buonarroti, il quale rifece quasi in altra forma tutto l'interne del medesimo palazzo colla scala, e particolarmente gli ornati del cortile, eccettone il primo piano, come dice il Vasari. Giacomo della Porta s'immortalò nel disegno della facciata di mezzo dalla parte occidentale, dove son comprese due bellissime logge, una a terreno, e l'altra all'ultimo piano. L'ingresso è ornato di grosse colonne di granito, e sotto i portici del gran cortile riquadrato si vede fra le molte antiche statue il famoso Ercole di Glicone, a cui furono fatte e gambe da F. Guglielmo della Porta con tanta eccellenza, che ritrovate poi le antiche, Michelangelo non volle cambiarle. La Flora, il cui panneggiamento è ammirabile, un torso con un canestro in capo stimatissimo, che sta in terra appoggiato a un pilastro. A piè di altro Ercole vi è la grande urna ritrovata nel mausoleo di Cecilia Metella nella via Appia: la statua di Atreo, ed altre. Nel portico del secondo cortile, oltre le statue di Filippo Juniore, e di donna ignota, nelle nicchie sono le due bellissime teste colossali di Vespasiano, e di Antonino Pio. In una camera a pian terreno si vedono la statua intera di Caracalla, un Atlante col globo sopra le spalle, alcuni busti, ed altre sculture; E nell'ultimo cortile si ammira il celebre gruppo, che rappresenta Zeto, e Anfione, che legano Dirce alle corna di un toro, di cui fa menzione Plinio, il tutto maggiore del naturale trovato nelle terme di Caracalla. Sonovi anche alla rinfusa molte altre statue, busti, e frammenti di antichità. Ascendendo la nobilissima scala si vedono nel ripiano due statue colossali giacenti, che rappresentano due fiumi, e nel mezzo un delfino avviticchiato colla coda ad un giovinetto creduto Alfeo; e sopra in tre nicchie i busti di Giove, Castore, e Polluce. A i lati della porta principale della sala sono due statue di prigioni Daci, e sopra la porta dell'appartamento nobile un busto di Pirro. Nella sala il gruppo, che rappresenta Alessandro Farnese con una vittoria, che l'incorona, e il fiume Schelda incatenato, e la Fiandra ai piedi suoi genuflessa, fu scolpito in un pezzo di colonna del tempio della Pace da Simone Maschino Carrarese sul modello di Gasparo Celio. Da i lati del camino sono le due statue di F. Guglielmo della Porta di cui si è parlato alla pagina 15 e molte altre antiche, e busti diversi in marmo. Nell'anticamera dipinse due gran facciate Francesco Salviati: in una è Eugenio IV che dà il bastone di gale di s. chiesa a Ranuccio Farnese il vecchio, e nell'altra Paolo III che fa la stessa funzione con Pier Luigi, dove in lontananza è Carlo V, e il Card. Alessandro Farnese, e questa facciata fu finita da Taddeo Zuccheri. Nelle stanze che sieguono, i fregi sono di Daniele da Volterra. Nella settima stanza vi si ammirano undici busti antichi, che rappresentano Giulio Cesare, Ottaviano, Vespasiano, Tito, Domiziano, Traiano, Commodo, Treboniano, e singolarissimo fra gli altri è quello di Caracalla, ed altri incogniti. Il celebre busto di Paolo III fatto dal Buonarroti, che sul piviale vi ha espresso mirabilmente alcuni piccolissimi bassirilievi; altro consimile del medesimo Pontefice, due statuette a cavallo, un pastore, e una pastorella con quattro cani, un amorino che dorme; un Meleagro in bronzo, due statuette di Ercole bambino che strangola il serpente, una tavola di portasanta e verde antico con piedistallo scolpito dal Buonarroti, e due bellissimi bassirilievi.
Nel camerino che siegue, Annibale Caracci fra varj ornati di stucco simboleggiò le azioni della virtù; e nello spazio di mezzo della volta rappresentò Ercole nel bivio, e nei due ovati per lungo il medesimo Ercole, che sostiene il mondo, e che riposa. In due lunette sono le favole di Ulisse quando libera i compagni dalle insidie di Circe, e quando si fece legare all'albero della nave all'isola delle Sirene. In una delle due altre lunette incontro le fenestre del cortile del palazzo rappresentò li due fratelli Anfinomo, ed Anopo portando i genitori per salvargli dalle fiamme dell'Etna, e nell'altra Medusa a cui Perseo recide il capo.
Passata la camera laterale in cui sono da osservarsi una antica Vestale di paragone, ed una Roma trionfante di porfido, e la camera di udienza, si trova altra camera piena di rarissime antiche statue; e sono un'Atlante, e due Fauni; la bella Venere callipica, ed altre due Veneri che escono dal bagno; un Mercurio, e Camillo in bronzo, i busti di giove, Solone, Mitridate, Bruto, Cicerone, Giulio Cesare, Domizio, Nerone, Antonino Pio, Caracalla, Macrino, Faustina, ed altre, parte in marmo scolpite, e parte di bronzo. Un gran vaso sepolcrale con figure in bassorilievo stupende, e finalmente una gran tavola di varie pietre orientali coi piedistalli scolpiti da Michelangelo.
La galleria che è in lunghezza palmi 90, e 28 in larghezza fu dipinta eccellentissimamente questa dal suddetto Annibale Caracci, che nella volta accommodò il nobile spartimento per dar luogo alle sue maravigliose invenzioni in modo che siegue. Nei quattro lati della galleria sopra il cornicione rappresentò quattro Amori, che danno la forma al bel concetto di tutta l'opera, nei quali con varj emblemi volle sprimere la guerra e la pace tra il celeste, ed il volgare amore, secondo l'idea di Platone. Incominciò poi le pitture delle favole dell'amor profano con un gran Baccanale, che collocò nel mezzo della volta, come in principal veduta. Vedesi in essa il coro di Bacco, e di Ariana sopra i carri, colla comitiva di altri Dei, Satiri, ed altre figure che accompagnano quel trionfo. In due ottangoli lungo la volta nelle testate del sudetto Baccanale dipinse Paride che prende il pomo d'oro da Mercurio, e il Dio Pane, che consegna a Diana la lana del suo armento. Nel muro laterale dirimpetto alle finestre fra due medaglie ove vedonsi Apolline che scortica Marsia, e Borea che rapisce Orizia, espresse con grande artefizio il talamo di Giove, e di Giunone. Siegue poi il quadro di Galatea nel mare accompagnata dalle Nereidi, e dagli amori, che fu da Agostino fratello di Annibale colorita. Fra l'altre due medaglie, ove è Euridice ricondotta all'inferno, ed Europa dal Toro rapita, è la bella pittura d'Endimione che dorme, e la Luna che lo riguarda. Dall'altra parte del muro opposto a questo, fra le due medaglie d'Amore che lega al tronco il Satiro; e di Salmace che abbraccia Ermafrodito; è la figura di Venere ed Anchise sopra il suo letto con Amore. Incontro alla Galatea nel quadro maggiore del mezzo è l'Aurora coronata di rose col suo amante Cefalo, e questa pure fu dipinta da Agostino. In altre medaglie che sieguono è Siringa trasformata in canna seguita dal Dio Pane; Leandro che si annega; e nel mezzo Ercole che vezzeggia la sua Jole. Contiene ogni testata della Galleria un solo quadro riportato sopra il fregio, alto sopra 14, e largo sopra 10 palmi. Scorgesi nel primo Polifemo sedente sopra uno scoglio che suona; Nel secondo lo stesso Polifemo che lancia un pezzo di scoglio contro il suo rivale Aci. Sopra le mensole delle cornici dei due quadri seggono in bizarre attitudini due Satiri che sostenogno alcuni festoni; e nel mezzo è situato un piccolo quadro dalto palmi 4, e lungo circa 10, nell'apertura d'un vano maggiore, e sfondato finto nella volta. Quì è da notarsi un bellissimo, e rarissimo effetto di prospettiva, che Annibale andò ricercano perchè in questa sua opera non mancasse parte alcuna della pittura. Finse adunque nella volta lo sfondato di un vano quadrilungo adornato in dentro di cornice dorica di finto stucco, veduta dal sotto in sù, d'onde l'occhio ingannato trascorre dentro non all'aria, ma al vano di un'altra volta superiore; nè pare cosa finta, ma vera, e tale che chiunque vi affissa l'occhio s'inganna ancorchè sappia che sia finzione, effetto il più artificioso fra i moderni esempj di prospettiva. L'usò Annibale molto a proposito nelle due testate della galleria, e con esso collegò gli ornamenti, e le immagini di sopra con quelle di sotto, sicchè il vano di questa apertura o sfondato fa campo alli due Satiri sedenti, ed al quadro piccolo di mezzo. Nell'uno è dipinto Ganimede rapito dall'aquila di Giove, e nell'altro vi è Giacinto sollevato al cielo da Apollo, e così termina il fregio, e la volta. Sotto il cornicione e le pitture fra i pilastri dei muri laterali vi sono sei nicchie per lato con sei statue antiche, e sopra altrettante teste di marmo fra ornamenti di stucco dorati, non però eseguiti con buon disegno di Annibale, essendo stati lavorati prima. Egli nondimeno vi scompartì alcune favole, e sopra una porta vi è in un quadro alto palmi 7 dipinte la Vergine che abbraccia l'Alicorno, impresa della Casa Farnese, ed è colorita per mano di Domenichino dal cartone di Annibale. Essendo così disposti i muri laterali, le teste della galleria restano libere da simili ornamenti, e Annibale vi fece due gran quadri che occupano lo spazio intiero del muro per lunghezza sopra palmi 22, e per altezza quasi 11 colle favole di Perseo, una in faccia all'altra. Nella prima si vede Andromeda legata al sasso per esser divorata dalla Balena, di poi da Perseo liberata, e questo quadro per la maggior parte fu colorito dal Domenichino; Nel secondo espresse Perseo, e Andromeda assaliti nella propria Reggia da Fineo, che vien convertito in sasso dall'orribil faccia di Medusa.
Monsig. Gio: Battista Agucchi amicissimo di Annibale ajutollo nel componimento o dei bei concetti espressi in questa opera veramente stupenda. La dipinse quasi tutta il suddetto Annibale, che fu in alcuni pezzi ajutato da Agostino Caracci suo fratello, da Domenico Zampieri, e Gio: Lanfranco suoi scolari, come di sopra si è accennato. Anche Ludovico Caracci loro zio e maestro nei pochi giorni che si trattenne in Roma chiamatovi dal nipote Annibale perchè osservasse ciò che fino allora aveva operato, dipinse di sua mano quell'ignudo a sinistra che regge il medaglione di Siringa. Finalmente questo palazzo è tutto pieno di statue, busti, bassirilievi, iscrizioni, e pitture eccellenti, che per descriverle anche brevemente richiedebbero un libro a parte.