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Terme di Tito

Stampa antica del Pantheon di Roma Dal descritto Anfiteatro per mezzo di un portico, come se ne vede traccia nel mezzo del suo lato settentrionale e come si trova disegnato nelle medaglie che si hanno di tale monumento, si comunicava colle Terme che Tito, dopo la dedicazione del medesimo Anfiteatro da lui portato a compimento, fece edificare con celerità ivi vicino, come narra Svetonio nella di lui vita. Sull'Esquilino precisamente in vicinanza dell'Anfiteatro Flavio, rimangono diversi resti di queste Terme; ed ivi vedendosi chiaramente essersi Tito servito di una fabbrica anteriore per sostenere una parte del suo edifizio, si viene a confermare il detto di Svetonio, cioè che furono tali Terme edificate con sollecitudine. Le camere denominate comunemente Esquiline, che si trovano esistere sotto il piano delle Terme di Tito, a me sembra che si debbano attribuire aver appartenuto alla immensa fabbrica che Nerone fece edificare sull'Esquilino, e che per la sua grandezza e magnificenza fu denominata la Casa Aurea; imperocchè dai ben cogniti versi di Marziale del secondo Epigramma ricavasi avere queste Terme occupato il superbo campo che faceva parte della casa Neroniana. È da osservarsi nella disposizione di questi due fabbricati, che l'anteriore, ossia il Neroniano, era situato perpendicolarmente alla linea Meridionale, e che il posteriore, appartenente alle Terme di Tito, aveva una direzione alquanto inclinata verso Occidente. Intorno alla combinazione ed all'architettura di tali fabbricati molte cose si osservano nel parlare delle terme in particolare nella seconda Parte dell'architettura Romana da me pubblicata; e quì avvertirò solo che da un frammento della più volte nominata Pianta Capitolina, nel quale conobbi esservi stata scolpita una parte delle terme di Tito, 58 distinto quivi col N. XXV si viene a riconoscere con più sicurezza la intiera disposizione di questo edifizio.

INDICAZIONE TOPOGRAFICA DI ROMA ANTICA DELL'ARCHITETTO LUIGI CANINA

Terme di Tito

- I Greci furono i primi, che dagli Asiatici appresero l'uso dei bagni, ed i Romani a loro imitazione l'introdussero in Roma, facendo a tale effetto delle fabbriche, che chiamarono Terme con voce greca, significante bagni caldi. Ben presto il lusso fece erigere in tali edifizi, dei luoghi per gli esercizi del corpo, e pel diletto dello spirito, e si cambiarono in vasti fabbricati circondati di portici e di giardini. Ivi si trovavano biblioteche, exedrae, ossiano emicicli, ne' quali i filosofi discutevano, gli oratori declamavano, i poeti recitavano i loro versi; vi erano gallerie di statue, di quadri ec.; vi si trovavano giardini pel passeggio e pe' giuochi atletici che si potevano osservare da una specie di teatro. Si vuole che Agrippa sia stato il primo ad innalzare siffatte fabbriche al pubblico; il suo esempio venne seguito da Nerone; e finalmente Tito eresse in breve tempo le terme di cui parliamo. Il luogo scelto da lui, era comodissimo per la sua centralità, mentre quelle di Nerone e di Agrippa si trovavano nel campo di Marte. Egli si valse all'uopo della casa e degli orti di Nerone; in seguito Domiziano vi fece delle aggiunte, e così pure Traiano ed Adriano, dimodoché ogni singola parte di esse prese il nome dell'imperatore da cui venne costruita; perciò tanto le terme di Tito, che di Domiziano, di Traiano ed Adriano non sono che altrettante parti divise di uno stesso edifizio. Per cagione di simili aggiunte, le terme si allargarono dal Colosseo fino alla descritta chiesa di s. Martino; e ad onta di così vasta estensione, esse erano più piccole di quelle di Caracalla e di Diocleziano, ma che le superarono però in eleganza e buon gusto. Vicino alle dette terme trovavasi il palazzo di Tito, in cui ammiravasi il celebre gruppo di Laocoonte, ritrovato nella vigna de Fredis, fra le Sette Sale e s. Maria Maggiore, al tempo di Giulio II; gruppo che in oggi esiste nel museo Vaticano, e che forma l'ammirazione di ognuno.

Le terme di cui si ragiona sono quasi interamente distrutte, e pochi avanzi ne danno a conoscere la magnificenza trascorsa. Pur tuttavia i sotterranei sono ben conservati, ed appartengono la maggior parte agli appartamenti di Nerone, che Tito fece servir di sostegno alle sue terme, coll'aggiungervi altri muri, cosicché restarono privi di aria e di luce. Circa trenta camere e diversi corridoi porgono anche al presente pitture ad arabeschi, che per la loro varietà, per la purgatezza del disegno, per la vivezza del colorito formano l'ammirazione degli artisti. Vuolsi perfino che Raffaello, avendo avuta conoscenza di tali affreschi, ne prendesse l'idea per gli ornati delle logge del Vaticano, e che di poi facesse interrar nuovamente le camere; ma quantunque la prima supposizione possa esser vera, la seconda certamente non è che una calunnia, giacché l'amore di quel sommo per le cose antiche, lo spinse ad offerire a Leone X un progetto pel disotterramento dell'antica Roma. Che più si hanno prove sicure, che i suddetti sotterranei furono quasi sempre accessibili, e che soltanto nel principio dello scorso secolo furono scordati, perché resi impraticabili, venendo nuovamente aperti nel 1776, ed esaminati dal Mirri che ne pubblicò le pitture. Fino dall'anno 1812, essendo quasi affatto ingombri, non vi si poteva entrare che con fatica; ma dopo una tale epoca furono sgombrati di guisa che gli amatori delle arti belle possono ora percorrerli liberamente, e prendere così una idea della disposizione e degli ornati de' sontuosi appartamenti degli antichi. Fra i scavi praticati vi si rinvenne una cappella dedicata a s. Felicita, costrutta in una delle camere di questi sotterranei verso il secolo XVI, come pure si scoperse una curiosa iscrizione dipinta nella parete.

Roma Antica e Roma Moderna di A. FINARDI