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1 - Pantheon di Roma

Pantheon o Chiesa di S. Maria ad Martyres o Chiesa della Rotonda
Pantheon o Chiesa di S. Maria ad Martyres o Chiesa della Rotonda

INFO

Il Pantheon è tra le 15 migliori attrazioni gratuite d’Europa secondo il quotidiano statunitense Usa Today che lo ha definito come una «meraviglia d’ingegneria mai eguagliata».

Il Pantheon è aperto tutti i giorni feriali dalle ore 9,00 alle ore 19,30.

La domenica dalle ore 9,00 alle ore 18,00.

Nei giorni festivi infrasettimanali il Pantheon resta aperto dalle ore 9,00 alle ore 13,00.

Rimane chiuso nei giorni: 1 gennaio, 1 maggio e 25 dicembre.

Durante lo svolgimento delle S. Messe (Festivi ore 10.30- Sabato ore 17.00) l'ingresso sarà consentito solo per assistere alla celebrazione della Messa.

STORIA

di Iginio Gentile e Serafino Ricci - 1910

Il Pantheon è il più bello e il meglio conservato dei monumenti romani; è la più grande e più completa opera d'architettura che può considerarsi come propriamente romana, appartenendo alla classe dei templi rotondi coperti di cupola, con atrio a forma del pronao di un prostilo, che é forma speciale dell'arte romana progredita.

Struttura del tempio.

Stampa antica del Pantheon di RomaConsta il Pantheon di due parti: la rotonda e l'atrio. La rotonda è formata di un grande e solidissimo muro circolare. Questo grande cilindro, o tamburo murale, é distinto in tre zone mediante tre cornicioni, suU' ultimo dei quali s' alza una serie di gradoni da cui spicca poi l'ardita cupola; nel mezzo di questa s'apre il gran lucernario dal quale piove abbondante la luce. Sul davanti dell'edifizio circolare sporge l'atrio, come una grande aggiunta, formato di un massiccio sporto murale, da cui s'avanzano quattro colonnati di tre colonne in profondità, che dividono l'atrio in tre grandi navate, e presentano una fronte di otto colonne di ordine corinzio- romano. La mediana delle tre navate é la maggiore e guida alla porta d'ingresso; le due laterali minori finiscono a due grandi nicchioni, dove erano poste le statue di Augusto e di Agrippa. L'atrio é sormontato da due frontoni, uno poggiante sullo sporto murale per cui l'atrio si connette al corpo rotondo; l'altro è posato sull'architrave, ed é veramente il frontone di prospetto, il cui timpano era ornato di bassirilievi. Sulla trabeazione c'è l'inscrizione:

M. Agrippa L. F. cos, tertium fecit,

a grandi lettere, mentre un' altra iscrizione sotto questa, in lettere minori, ricorda la restorazione di quell'edifizio fatta da Settimio Severo e da Caracalla.

Stampa antica del Pantheon di Roma

Nell'interno il muro circolare non è liscio, ma, variato da otto grandi aperture, s'alterna la forma quadrata con la rotonda, cioè con nicchie o cappelle; di queste aperture una è l'ingresso. Ciascuna nicchia, o cappella è fiancheggiata da pilastri di stile corinzio, e nell'apertura di esse sorgono due colonne dello stesso ordine, eccetto nell'apertura d'ingresso e nell'altra di fronte a questo, quella della tribuna. Neil' intervallo da una nicchia all'altra sono applicate alle pareti delle edicole. Al disopra delle colonne è un cornicione, sul quale elevasi un attico, variato e ornato con incrostazioni di marmi preziosi. E infine da un altro cornicione incoronante l'attico si dispicca la grande vòlta della cupola, che misura 43 m. di diametro, ed è distinta in cinque zone concentriche di ventotto cassettoni ciascuna, che vanno decrescendo con mirabile effetto fin dove si apre il lucernario che illumina il tempio (ved. Atl. cit., tav. XLIV). L'esterno era riccamente rivestito di marmi e di stucchi; l'interno di preziosi marmi colorati; il tetto dell'atrio era sostenuto da travi di bronzo; di bronzo è la porta antica ancora conservata; di bronzo è il cerchione che fascia l'occhio del lucernario misurante quasi nove metri di diametro; credesi che di lastre di bronzo fosse coperta l'intera cupola. Forse a questa grande e ricca opera di Agrippa pensava Virgilio, quando del tempio che costruiva Didone diceva:

…,… nexaeque

Aere trabes, foribus cardo stridebat alienis.

(Virgilio, Eneide, I, v. 448-449)

Secondo l'iscrizione sulla fronte, il tempio data dal consolato d'Agrippa, nell'anno 27 av. C. secondo Dione dal 25 av. C.; si intende che nel 27 fosse finito e nel 25 solennemente dedicato. Architetto, secondo Plinio, ne fu un Valerio Ostiense (Ved. Plinio, X. H., XXXVI, 24.). La ricchissima ornamentazione era opera di Diogene ateniese, il quale aveva scolpito figure di Cariatidi, che ornavano l'interno; forse erano disposte a sostenere le edicole erette fra gli intervalli dei nicchioni, alle quali furono poi sostituite in tempi posteriori colonnette di porfido e di giallo. Di queste Cariatidi si crede di riconoscere ancora alcune fra quelle conservate nel Museo del Vaticano e nel palazzo Giustiniani; presentano una grande somiglianza con le Cariatidi dell'Eretteo sull'Acropoli d'Atene. Non pare che l'atrio o pronao entrasse nel primo concetto di questo edifizio, ma forse fu una modificazione del disegno. Secondo Dione, Agrippa voleva porre nell'interno la statua d'Augusto e denominare il tempio da lui; ma Augusto non volle, perciò nell'interno fu posta la statua di Cesare, e quella d'Augusto con l'altra del fondatore del tempio fu posta all'esterno nei nicchioni del pronao. Davanti al tempio stendevasi una piazza cinta da porticato; il tempio andava connesso con le terme; annessi a così grande complesso di fabbriche erano giardini, stagni, un euripo.

Storia delle vicende del Pantheon.

Stampa antica del Pantheon di Roma

Dagli antichi ammirato come una delle più grandi costruzioni, il tempio d' Agrippa ha resistito all' opera distruttrice del tempo e degli uomini.

Soffri danni nel grande incendio del tempo dell'imperatore Tito; Domiziano lo restorò; percosso dal fulmine, regnante Trajano, ne riparò i danni Adriano. Nuove ristorazioni vi fecero Settimio Severo e Caracalla, come dice l'inscrizione soggiunta a quella d' Agrippa. Nell'anno 399 per la legge d'Onorio contro ì templi pagani forse fu chiuso.

Bonifazio IV nell'anno 609 lo consacrò al culto cristiano, intitolandolo a S. Maria ad Martyres, perché vi fu portata quantità d'ossa di martiri o credute tali, tolte dalle catacombe. Incominciarono poi le opere di spogliazione: Costante II, imperatore d'Oriente, nell'anno 663 saccheggiò Roma e fece togliere la copertura di bronzo dal Pantheon, che più tardi e a più riprese fu coperto di piombo.

Urbano VIII Barberini nell'anno 1632 fece levare le travature di bronzo del pronao; quel metallo servi a formar le colonne coclidi dell'altare di S. Pietro, e ottanta pezzi d'artiglieria con cui fu guernito Castel S. Angelo. Da questo fatto della fusione del bronzo per i pezzi d'artiglieria sorse il proverbio : Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini. I due piccoli campanili laterali che stettero un pezzo alla disapprovazione di tutti erano stati posti dal Bernini per ordine dello stesso papa Urbano VIII, ed erano detti gli orecchioni del Bernini.

Altri pontefici però cercarono di riparare ai guasti.

Stampa antica del Pantheon di Roma

Raffaello Sanzio ordinò nel testamento che a sue spese si ristorasse e s'abbellisse uno degli altari, scegliendolo come sua sepoltura, dove fu deposto il 6 di aprile dell'anno 1520. Col re dell'arte moderna riposano ivi Annibale Caracci, Pierin del Vaga, Giovanni d'Udine, ed altri artisti insigni. Ora il Pantheon é divenuto degna tomba del primo Re d'Italia una, Vittorio Emanuele, sepoltovi nel gennaio dell'anno 1878. Così la grande opera d'Agrippa traversa i secoli come monumento che la romana grandezza trasmette con lieto auspicio alla rinata Italia. Intorno al grande edifizio s'erano venute accalcando case, casette e botteguccie, togliendogli lo spazio in cui bellamente campeggiare.

Stampa antica del Pantheon di Roma

Si fecero più volte disegni e tentativi di allargamento; ma non ebbero esecuzione compita se non fra gli anni 1881 e 1883 per impulso del ministro Baccelli. Fu isolato il monumento, trovate reliquie della sua ornamentazione, rimesse in luce le rovine delle terme d'Agrippa, e infine abbattuti gli orecchioni del Bernini.

MANUALI HOEPLI - TRATTATO GENERALE DI Archeolgia e Storia dell'Arte ITALICA ETRUSCA E ROMANA - IGINIO GENTILE e SERAFINO RICCI - 1901