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Bocca della Verità

Bocca della Verità
Bocca della Verità

 Sotto questo portico (della chiesa di Santa Maria in Cosmedin), di antiche colonne ornato, trovasi un gran mascherone di marmo, fatto sicuramente per la bocca di una cloaca, ma che pretendono aver servito a rendere degli Oracoli, e che chiamasi la bocca della Verità, perchè il Popolo ha supposto che vi si facesse metter la mano a coloro che si voleva che giurassero, persuadendosi che la bocca di quel mascherone si serrerebbe e riterrebbe la mano di colui, che ardirebbe fare un giuramento falso. 

La Bbocca de la Verità

In d’una cchiesa sopra a ’na piazzetta

un po’ ppiú ssù dde Piazza Montanara

pe la strada che pporta a la Salara,

c’è in nell’entrà una cosa bbenedetta.

Pe ttutta Roma cuant’è llarga e stretta

nun poterai trovà ccosa ppiú rrara.

È una faccia de pietra che tt’impara

chi ha ddetta la bbuscía, chi nnu l’ha ddetta.

S’io mo a sta faccia, c’ha la bbocca uperta,

je sce metto una mano, e nu la strigne,

la verità dda mé ttiella pe ccerta.

Ma ssi fficca la mano uno in buscía,

èssi sicuro che a ttirà nné a spigne

cuella mano che llí nnun viè ppiú vvia.

G.G.Belli

Dove portano tutte le strade - ROBERT SILVERBERG

Cominciavo a sentirmi stanco, ma Avluela, avida di cose nuove, voleva divorarsi l'intera città in un pomeriggio. Così ci inoltrammo in un labirinto di vicoli. Attraversammo un quartiere di palazzi scintillanti riservati ai Pa-droni e ai Mercanti, poi il covo di Servitori e Venditori, che arrivava fino alle catacombe sotterranee, visitammo il luogo di ritrovo di Clown e Musi-ci, e la sede dove la Corporazione dei Sonnambuli offriva i suoi dubbi ser-vizi. Una grassa Sonnambula ci pregò di entrare e comprare la verità che viene attraverso la trance. Avluela avrebbe voluto provare, ma Gormon scosse la testa; io sorrisi e proseguimmo il cammino. Eravamo giunti a un parco, nel centro della città. Lì, gli abitanti di Roum passeggiavano con una vivacità che raramente si vedeva nell'assolato Agupt; ci unimmo a lo-ro.

— Guardate là — gridò Avluela — come luccica!

E indicò l'arco scintillante di una sfera dimensionale che certo rac-chiudeva qualche preziosa reliquia del passato. Riparandomi gli occhi con la mano, riuscii a distinguere un muro di pietra roso dalle intemperie, e una piccola folla di gente. — È la Bocca della Verità — disse Gormon.

— Che cos'è? — domandò Avluela.

— Venite a vedere.

Una fila di persone aspettava di entrare nella sfera. Ci mettemmo in coda anche noi, e presto fummo sulla soglia, a sbirciare nella regione senza tempo che ci si apriva davanti. Non sapevo perché a quella reliquia fosse stata accordata una protezione tanto particolare, e perciò chiesi schiarimen-ti a Gormon, che, in materia, doveva saperne quanto un Ricordatore. — Perché questo è il regno della certezza, dove tutto quello che si dice corri-sponde perfettamente alla verità — rispose lui.

— Non capisco — disse Avluela.

— È impossibile mentire, qui dentro — disse Gormon. — Riuscite a immaginare una reliquia più meritevole di protezione? — Entrò nel corri-doio d'ingresso, tremolando nel varcare la soglia, e io lo seguii. Avluela e-sitò un istante sulla soglia, come se il vento che soffiava lungo la linea di demarcazione tra il mondo esterno e l'universo in miniatura che ci aveva ingoiati le impedisse di avanzare.

La Bocca della Verità era racchiusa in uno scompartimento interno. La fila di visitatori si allungava verso di essa e un Classificatore controllava l'afflusso al tabernacolo. Passò un po' di tempo prima che ci permettessero di entrare. Infine, ci trovammo davanti alla testa feroce di un mostro in al-torilievo, fissata a un muro antico, segnato dal tempo. Le mascelle del mo-stro erano spalancate e la bocca aperta mostrava una cavità scura e sinistra. Gormon la osservò con piccoli cenni di approvazione, come se fosse sod-disfatto di trovarla proprio come si era aspettato.

— Cosa facciamo, adesso? — domandò Avluela.

Senza esitare, Gormon disse: — Vedetta, mettete la mano destra nella Bocca della Verità.

Lo accontentai, corrugando la fronte.

— Ora — continuò Gormon — uno di noi farà una domanda. Voi dovre-te rispondere. Se non direte la verità, la bocca si chiuderà e vi trancerà la mano.

— No! — gridò Avluela.

Fissai, a disagio, le fauci di pietra intorno alla mia mano. Una Vedetta senza una mano è un uomo senza lavoro; durante il Secondo Ciclo, si sa-rebbero potute acquistare protesi più perfette della mano stessa; ma il Se-condo Ciclo era concluso da molto tempo, e ormai tali raffinatezze non e-sistevano più sulla Terra.

— Com'è possibile una cosa simile? — domandai.

— La Volontà è particolarmente forte, in questo luogo — rispose Gor-mon — e fa distinzione netta tra verità e menzogna. Dietro a questo muro dormono tre Sonnambuli, attraverso i quali la Volontà parla, e che control-lano la Bocca. Avete paura della Volontà, Vedetta?

— Ho paura della mia lingua.

— Siate coraggioso. Nessuno ha mai pronunciato menzogne davanti a questo muro. Nessuno ci ha mai perso una mano.

— Avanti, allora — dissi. — Chi vuol farmi la domanda?

— Io — disse Gormon. — Ditemi, in tutta sincerità, siete certo che una vita spesa a Vigilare sia spesa saggiamente?

Tacqui per un lungo istante, rimuginando i miei pensieri, e tenendo d'oc-chio la Bocca.

Infine dissi: — Dedicare se stessi alla Vigilanza per il bene del genere umano è forse l'ideale più nobile che un uomo possa servire.

— Attento! — gridò Gormon, allarmato.

— Non ho ancora finito — dissi io.

— Avanti, allora.

— Ma dedicare se stessi alla Vigilanza, se il nemico è puramente imma-ginario, è follia; e congratularsi con se stessi per aver cercato a lungo un nemico che non compare mai è sciocco e peccaminoso. La mia vita è spre-cata.

Le mascelle della Bocca della Verità non ebbero il minimo fremito.

Sfilai la mano e la fissai a lungo, come se fosse appena spuntata dal pol-so. Mi sentii all'improvviso vecchio di molti cicli. Le pupille dilatate, le mani sulle labbra, Avluela sembrava sconvolta dalle mie parole, che resta-vano come sospese nell'aria, pietrificate, davanti all'idolo mostruoso.

— Avete parlato onestamente — disse Gormon — anche se non avete avuto pietà per voi stesso. Vi giudicate troppo severamente, Vedetta.

— Ho parlato per salvare la mia mano. Volevate che mentissi?

Lui sorrise. Poi, rivolto ad Avluela, disse: — Tocca a voi.

Visibilmente spaventata, la piccola Alata si avvicinò alla Bocca della Verità. La sua mano minuscola tremava, mentre lei la infilava tra le fauci di pietra. Provai l'impulso di gettarmi su di lei e di strapparla a quel ma-scherone diabolico.

— Chi la interrogherà? — domandai.

— Io — disse Gormon.

Le ali di Avluela tremavano leggermente, sotto gli indumenti. La sua faccia era impallidita; le narici vibravano, e il labbro superiore era un poco scostato dall'altro. Se ne stava appoggiata al muro, fissando inorridita il braccio che scompariva nella gola del mostro. Fuori, le figure tremolanti degli altri visitatori cominciavano a impazientirsi e, ogni tanto, sbirciavano dentro, un po' irritate. Ma noi non ce ne curavamo. L'atmosfera, calda e appiccicosa, aveva il sentore di muffa di un pozzo scavato negli strati del Tempo.

Lentamente, Gormon disse: — La notte scorsa avete permesso al Principe di Roum di possedere il vostro corpo. Prima di allora, vi eravate con-cessa al Diverso Gormon, anche se tali unioni sono proibite dall'uso e dalla legge. E, molto tempo prima, eravate stata la compagna di un Alato, ora morto. Forse avete conosciuto altri uomini, di cui io non so; ma questo, a-gli effetti della mia domanda, non ha importanza. Ditemi soltanto questo, Avluela: quale dei tre vi ha dato il piacere fisico più grande, quale dei tre ha suscitato in voi le emozioni più profonde, e quale dei tre scegliereste come compagno, se doveste sceglierne uno?

Avrei voluto protestare che le aveva fatto tre domande invece di una, e che questo era sleale. Ma non ebbi il tempo di parlare, perché Avluela gli stava già rispondendo, sicura, la mano profondamente incuneata nella Bocca della Verità: — Il Principe di Roum mi ha dato il piacere fisico più grande che io abbia mai provato; ma è freddo e crudele, e lo disprezzo. Quanto al mio povero Alato... non ho mai amato nessun altro quanto lui; ma era debole, e non vorrei scegliere un debole per compagno. Voi, Gor-mon, mi sembrate anche ora uno straniero, e sento che non conosco né il vostro corpo, né la vostra anima; eppure, malgrado il baratro che ci divide sia immenso, è con voi che vorrei passare i miei giorni futuri.

E sfilò la mano dalla Bocca della Verità.

— Ben detto! — esclamò Gormon, anche se la precisione di quelle paro-le l'aveva chiaramente ferito e rallegrato al tempo stesso. — Tutt'a un tratto diventate eloquente, eh? Quando le circostanze lo richiedono. E adesso tocca a me rischiare la mano.

Si avvicinò al mostro. Io dissi: — Avete fatto voi le prime due domande. Volete completare l'opera e fare anche la terza?

— No. — Poi fece un gesto noncurante con la mano libera e aggiunse: — Consultatevi e mettetevi d'accordo su una domanda comune. Coraggio!

Avluela e io confabulammo per qualche istante. Con inaspettata pron-tezza, lei propose una domanda: e poiché era proprio quella che avrei volu-to fare anch'io, accettai subito e le dissi di porla.

— Quando stavamo davanti a quell'enorme mappamondo, Gormon — cominciò la ragazza — vi ho chiesto di mostrarmi il luogo in cui siete na-to, e avete detto che non era su quella sfera. Mi è sembrato molto strano. Ora, ditemi: siete veramente quello che dichiarate di essere, un Diverso in giro per il mondo?

— No — rispose lui.

In un certo senso, aveva già risposto alla domanda formulata da Avluela; ma andava da sé che la risposta non era sufficiente; quindi, senza togliere la mano dalla Bocca della Verità, lui continuò: — Non vi ho mostrato il luogo in cui sono nato perché non sono di questo pianeta, ma vengo da una stella che non posso nominare. Non sono un Diverso, nel senso che voi da-te alla parola, benché, in un certo altro senso, lo sia, in quanto il mio corpo è mascherato, e nel mio mondo io porto una carne diversa. Vivo qui da dieci anni.

— E perché siete venuto sulla Terra? — domandai.

— Sarei obbligato a rispondere a una sola domanda — disse lui, sorri-dendo, — ma vi darò ugualmente una risposta: sono stato inviato qui come osservatore militare, per preparare la via all'invasione per cui Vigilate da tanto tempo, nella quale avete smesso di credere e che vi travolgerà tra po-che ore. — Menzogne! — gridai sdegnato. — Tutte menzogne!

Gormon rise. E levò la mano dalla Bocca della Verità, illeso.

6

Confuso e stordito, fuggii con i miei strumenti da quella sfera luccicante e mi ritrovai in una strada fredda e buia. La notte era scesa con rapidità in-vernale. Era quasi l'ora nona, e presto avrei dovuto Vigilare ancora.

L'ironia di Gormon mi rimbombava nel cervello. Aveva preparato ogni cosa: ci aveva fatti entrare nella Bocca della Verità, e aveva strappato una confessione di incredulità a me e una d'altro genere ad Avluela. Aveva spietatamente dato informazioni che nessuno gli aveva chiesto, pronuncia-to parole calcolate apposta per ferirmi nel profondo.

La Bocca della Verità era dunque un inganno? Era possibile che Gormon mentisse e ne uscisse illeso?

Mai, da quando avevo intrapreso la mia missione, avevo Vigilato in ore diverse da quelle assegnatemi. Ma adesso la realtà si sgretolava davanti ai miei occhi: non potevo aspettare l'ora nona. Mi accoccolai nella strada tor-tuosa, spalancai lo stipo, sistemai l'attrezzatura e mi tuffai come un subac-queo nelle profondità della Vigilanza.

La mia coscienza amplificata si protese verso le stelle.

Deificato, spaziai nell'infinito. Sentii il soffio del vento solare, ma non ero un Alato per essere distrutto dalla sua pressione, e continuai a innal-zarmi, oltre la portata delle rabbiose particelle di luce, nell'oscurità, al limi-tare del regno del sole. Ma, all'improvviso, sentii sopra di me una pressio-ne diversa.

Navi spaziali si avvicinavano.

Non si trattava delle navi di linea che portavano i turisti a visitare il no-stro povero mondo. E neanche dei soliti vascelli mercantili, né delle navi cisterna che vanno a raccogliere i vapori interstellari, e neppure di appa-recchi per le comunicazioni sulle loro orbite iperboliche.

Erano navi militari, scure, minacciose, sconosciute. Non riuscivo a con-tarle. Sapevo soltanto che stavano precipitandosi verso la Terra, a una ve-locità molto superiore a quella della luce, formando innanzi a sé un cono di energia. Ed era quel cono che sentivo, che avevo avvertito la notte prima, e che ora rimbombava nella mia mente attraverso i miei strumenti, ingoian-domi come un cubo di cristallo attraverso il quale giocano e brillano figure prodotte dalla deformazione.

Tutta la vita avevo Vigilato per questo.

Ero stato addestrato ad avvertire quella sensazione. Avevo pregato il cie-lo che non mi capitasse mai di sperimentarla, e poi, nel mio vuoto interio-re, avevo invece sperato il contrario; infine, avevo smesso di crederci. E ora, grazie a Gormon, il Diverso, l'avevo avvertita ugualmente, Vigilando prima del tempo, accovacciato in quella strada roumana, appena fuori dalla Bocca della Verità.

Dove portano tutte le strade - ROBERT SILVERBERG - ALI DELLA NOTTE (Nightwings, 1969)

Il voltapagine - David Leavitt

Prima di cena fecero un’ultima visita turistica dai risvolti spaventosamente ironici, pensò Paul in un secondo tempo; andarono a vedere la Bocca della Verità dove Gregory Peck aveva infilato la mano in Vacanze romane, come Pamela ben ricordava. La Bocca, una botola del quarto secolo, rozzamente scolpita fino ad assumere i contorni di una faccia umana, adesso era appesa nel portico della chiesetta di Santa Maria in Cosmedin.

Come al solito, Paul lesse la sua guida. «Nel medioevo» disse a Pamela e a Kennington «veniva usata come una prova inconfutabile per vedere se le persone – soprattutto le mogli sospettate di infedeltà – dicessero la verità. Era opinione comune che, se qualcuno avesse detto una bugia mentre teneva la mano destra nella bocca aperta, le terribili ganasce di pietra si sarebbero chiuse, mozzandogli le dita.»

«Che orrore» disse Pamela.

Paul chiuse il libro. Molte coppiette, per lo più giapponesi, avevano formato una coda alla sinistra della bocca. Una dopo l’altra le mogli vi infilarono la mano destra e, uno dopo l’altro, i mariti fecero loro delle foto. Talvolta, al clic dello scatto, le donne trasalivano, come se temessero che quel rumore fosse davvero lo schiocco delle mascelle.

Appena ci fu un momento di calma, Pamela chiese a Kennington di farle una fotografia, e lui la accontentò. «Adesso tocca a te» disse lei.

«No, no» disse Kennington, «non mi piace essere fotografato.»

«Su, per piacere» lo implorò Pamela. «Solo una.»

«Mamma, se a uno non piace essere fotografato...»

«Ma non è per la fotografia di un album. È solo una piccola istantanea. Per piacere!»

«Mamma!»

«Okay, okay» accondiscese Kennington, avvicinandosi alla bocca.

«Bene» disse Pamela. «Adesso resta lì. Infila la mano, così. E stai attento. Le tue dita sono più preziose di quelle degli altri.»

«Sbrigati, per piacere.»

«Zitto, Paul, devo solo controllare l’inquadratura... Bene. Adesso prova a dire una bugia.

«Una bugia?»

«Così possiamo vedere se la leggenda è vera.»

Kennington fece una smorfia. «Una bugia... Non me ne viene in mente neanche una. D’accordo, vediamo un po’, che ne dite di questa? Adoro essere un pianista. Adoro la mia vita da pianista.»

Il flash scattò. Kennington sbatté gli occhi.

«Oh, Richard, sei andato sul sicuro, vero? D’altra parte, chi può darti torto?»

La faccia di Pamela riacquistò dei contorni nitidi. Kennington tolse la mano dalla bocca.

Il voltapagine - David Leavitt - Titolo originale: The Page Turner - Traduzione di Delfina Vezzoli - © 1998 David Leavitt - © 1999 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano