Tesori di Roma: foto di Roma gratis

VILLA PAMPHILI

ANDREA MAUREL

Villa Pamphili

L'entrata si direbbe quella di una via sacra. Un arco di trionfo senza appoggio di mura o di cancelli domina la via, die, scendendo nella valletta da natura scavata sul Gianicolo, si snoda subito in parecchi rami. A destra, si gode la vista di Roma da un viale a terrazza, lungo il quale corre l'acquedotto dell'Acqua Paola. Al di sopra degli archi brilla il duomo di S. Pietro e spunta Monte Mario, mentre si scorge più lungi il Soratte e le montagne di Tivoli. Panorama di bella ampiezza, di calma, di luce, di quella luce romana, su cui la brezza, soffiando alternativamente dai monti e dal mare, spazza ogni impurità. Sotto le querce, davanti a quei campi inondati dal sole, la frescura è deliziosa; i lunghi viali si profilano da ogni lato invitando al dolce far niente, al piacere di lasciarsi vivere.

Seduto su di un banco di pietra guardo la campagna e i boschi, e riposo i miei occhi sull'una o sugli altri non sapendo su quale di queste bellezze fissarmi. Il parco mi attira soprattutto molto più di quella Villa Borghese, che ha già qualche cosa di indifferente, di pubblico. A Villa Pamphili invece i boschetti sono intimi, direi personali, se si chiudessero i cancelli si sarebbe in casa propria. A Villa Borghese sembreremmo dei ladri. Sebbene più vasta. Villa Pamphili non vi smarrisce. La larga e lunga prateria coperta di anemoni stende un tappeto quale non l'ha mai concepito l'Oriente per varietà e splendore. Stretto fra due siepi di querce e bordato al basso da pini, il prato invita alla siesta, alla merenda campestre, alla fine della quale s'intrecceranno corone. .Financo in questo bosco di pini che per pienezza, forza, maestà non ha l'eguale, si vede davvero la mano diligente e riservata che presiede all'ordine e alla nettezza generale. Se ne sente la direzione, la si indovina senza essere contrariati. La bella libertà della natura si spande, l'uomo non ha fatto che sopprimere i parassiti, guidare gli eccessi. Il pino è il carattere di Roma pittoresca. Spesso mi accade d'incontrarne uno all'angolo di una via, dietro la cui ombra sorge un palazzo. L'effetto è grandioso. Un bell'albero isolato in mezzo a un campo davanti a una casa spicca da sé, mentre in mezzo agli altri nella foresta è diminuito. Eppure i pini di Villa Pamphili non perdono nulla nell'esser molti. Ciascuno apporta la sua parte di magnificenza e il risultato è vertiginoso. Essi ridono di ogni tempesta e di ogni luce del giorno. Sempre oscuri sotto un ciclo ardente, sempre immobili malgrado tutti i venti, quei giganti spiegano nel più alto dei cieli la loro lunga chioma, lasciando il tronco liscio e nudo. Si direbbe una quadriglia di ballerine congelata nel loro volo, nel loro turbinio sulle punte.

Più lungi si stende il laghetto alimentato da una fontana, che scorre sino ai cigni con un ruscello e una cascata. Lo scavalco, mi arrampico attraverso il bosco, e a un tratto i giardini del casino si stendono ai miei piedi. L'idea del Bramante per i giardini del Belvedere, di tre terrazze munite dall'architettura, è stata realizzata dall'Algardi che dispose questa villa per il nipote di Innocenze X. La più bassa è un giardino inglese un po' discordante forse con l'armonia generale, ma non ai nostri occhi che amano quell'aggiustamento. Boschetti misteriosi, viali ritorti e soprattutto, ciò che è puramente romano, acque correnti a profusione, vasche, getti d'acqua in vasca, e inoltre ciò che si chiama il teatro, cioè un portico rotondo di marmi e pietre che chiude le aiuole e i praticelli. Sopra questo portico un secondo giardino, piatto, senz'alberi, formante per intero disegni a fiori, il vero giardino italiano, rettangolare questa volta, i cui rosai e i lauri in vasi di terracotta formano la sola alberatura. Visti dall'alto, questi arabeschi multicolori ricordano i mosaici dei Cosmati, e ammiro l'istinto che ha ispirato agli artisti del marmo e al giardiniere le stesse decorazioni. In Francia si conosce solo il giardino alla francese con le sue aiuole diritte, solamente interrotte da piedistalli su cui sono collocate basi e statue. Quello italiano è fatto da aiuole brevi, architettoniche, il giardino costruito con la casa e con essa armonizzante, di cui ripete i motivi, circondato da muri decorati e adorni di statue, di portici, e di sedili di pietra, di grotte, di nicchie. Il giardino sposa le passioni del padrone. Non ha vita indipendente, fa parte della dimora, che accompagna, che imita, che segue, docilmente.

In questa fine di maggio le rose invadono: rose bianche, rose rampicanti, rose serpeggianti, e i loro profumi salgono al muricciolo dove mi appoggio. Al centro, nel grande orlo del rettangolo, le scale del casino si diramano e conducono alla terrazza su cui l'edificio posa. Leggiero, allegro, gentile il casino spalanca le sue grandi finestre verdi, stende i suoi muri dorati, lancia le sue linee graziose, arrotonda le sue nicchie, dove le statue sorridono, e con tutti i suoi colori, le sue forme, le sue decorazioni, sembra mirarsi nel giardino con compiacenza.

Da Un mois a Rome. Paris. Hachette, 1913.