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IL CONCLAVE DEL 1829

La Roma di Stendhal

Palazzo del Quirinale

Ricordiamo che Montecavallo è l'odierna Piazza del Quirinale e la citata cappella Sistina è quella del Palazzo del Quirinale.

5 marzo 1829.

...Ma anche l’ultimo degli artigiani romani sa benissimo che l’elezione non può avvenire nei primi giorni di conclave, poiché prima è necessario che i partiti riconoscano le proprie forze. I primi scrutini non portano mai a nessun risultato e vengono fatti per pura cortesia; i cardinali danno il loro voto a quei loro colleghi che voglion onorare con un segno di pubblica stima.

Abbiamo assistito alla "fumata" e ai clamorosi scoppi di risa che essa provoca. Ecco di che si tratta.

Un tubo di stufa della lunghezza di sette od otto piedi esce dalla finestra accanto a quella murata sulla facciata del palazzo che guarda verso i cavalli. Questo tubo riveste una grandissima importanza per tutta la durata del conclave.

I giornali ci avvertono che i nobili reclusi vanno a votare ogni mattina. Ciascun cardinale, dopo una breve preghiera, va a depositare un biglietto sigillato in un calice posto sull’altare della cappella Sistina. lì biglietto, che deve essere piegato in un modo tutto particolare, contiene il nome del cardinale votante, un motto tolto dalle Sacre Scritture e il nome del cardinale votato.

Ogni sera si procede quindi al ballottaggio fra i candidati che la mattina hanno riportato più voti. Nel biglietto sigillato si usa questa formula: Accedo domino N.

Il voto deve essere immotivato e incondizionato. Fate attenzione a questo punto; la cerimonia della sera si chiama accessione e a volte un cardinale, malcontento delle scelte indicate al mattino, scrive sul suo biglietto della seta: Accedo nemini.

Due volte al giorno, quando i cardinali incaricati dello scrutinio riconoscono che nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei suffragi, i bigliettini vengono bruciati e il fumo esce dal tubo di stufa di cui ho detto: questo è ciò che si chiama fumata ". Ogni volta che esce, la "fumata" eccita le risa del popolo affollata sulla piazza di Montecavallo. Tutti pensano alle disillusioni degli ambiziosi e ognuno se ne va dicendo:

« Andiamocene, anche per oggi non abbiamo papa ».

6 marzo.

L’eccitazione è al colmo. Il 2 e il 3 scorso sono arrivate le Loro Eminenze Ruffo-Scilla di Napoli e Gaysruck di Milano. Anche loro sono andati a recitar qualche preghiera in San Pietro, hanno avuto una serie di colloqui più o meno misteriosi e poi sono entrati in conclave, seguendo i dettami di un cerimoniale interessante a vedersi, ma la cui descrizione annoierebbe il lettore, forse già un poco stanco dell’argomento. Le mie amiche si divertono moltissimo a tutte queste cerimonie, chiaramente eseguite da gente che a tutto sta pensando meno che ad esse. Io, poi, ricordo di aver già visto tutto ciò quando fu eletto Leone XII.

Questa mattina abbiamo goduto lo spettacolo dell’arrivo del pranzo dei cardinali. Ogni pranzo dà luogo ad una vera e propria processione, che attraversa lentamente tutta la città, aperta dai cortigiani dei vari cardinali, più o meno numerosi a seconda della ricchezza del porporato. (Il corteo più brillante è quello del cardinal Di Gregorio.)

Poi venne una barella portata da due " facchini ", sulla quale è posto un gran paniere decorato con le armi del cardinale; dentro il paniere c’è il pranzo. La processione è chiusa da due o tre vetture di "gala ". Un simile corteo parte ogni giorno da tutti i palazzi dei cardinali per raggiungere Montecavallo.

Grazie a monsignor N**~ abbiamo potuto assistere anche all’ispezione dei pranzi. Siamo entrati a Montecavallo per il portone principale e abbiamo attraversato tutto il cortile grande, nonostante parecchie difficoltà e discussioni con le guardie. Ci hanno introdotto infine in una stanza provvisoria, ricavata a mezzo di un tavolato da un’altra sala più grande: sul tavolato, coperto da tappezzerie, si aprono due ruote. Molti cesti erano già arrivati al palazzo.

Un vescovo ha il compito di ispezionare le vivande. I panieri vengono aperti e i piatti fatti passare uno dopo l’altro fra le mani del vescovo, il cui compito dovrebbe essere quello di impedire che mediante essi si stabilisca una corrispondenza con il conclave. Il vescovo studia orni piatto con aria serissima, lo annusa quando ha un buon aspetto, poi lo restituisce ad un subalterno, che lo mette nella ruota. ~ evidente che ogni pranzo potrebbe portare dozzine di biglietti, nascosti dentro ai polli arrosto o ai timballi.

Proprio mentre stavamo andandocene, disgustati dalla vista di tutto quel cibo, abbiamo visto arrivare sulla ruota, dall’interno del conclave, un bigliettino con due numeri, venticinque e diciassette, e con l’ordine di giocarli al lotto.

Quella per il gioco d’azzardo è una delle maggiori passioni degli italiani. Qualunque sia la sua disperazione per essere stato abbandonato dall’amante, pure un vero romano non dimenticherà mai di giocarsi al lotto gli anni dell’infedele e il giorno del mese in cui è avvenuta la rottura. Nel manuale del "Lotto" c’è perfino il numero dell’infedeltà (se non mi sbaglio è il trentasette). I due numeri giunti dall’interno del conclave, però, potevano anche significare che nello scrutinio precedente il cardinale che occupava l’appartamento numero venticinque aveva avuto diciassette voti, o altro. I due numeri comunque, furono immediatamente consegnati al domestico del cardinale P~*.

Ci si può render conto, da quanto si è detto, come niente sia più facile per il conclave che comunicare con l’esterno nel corso della giornata. Di notte si usa lanciare dalle finestre pietre bucate, che contengono bigliettini di carta sottilissima. Piazza Montecavallo e la via di Porta Pia, a "fumata" avvenuta, son ormai deserte: però c’è sempre qualcuno che si trova a passarvi proprio quando la pietra vien lanciata.

L’unica notizia ufficiale è quella relativa ai cardinali capi di ordine religioso che vengono di volta in volta incaricati di scrutinare i voti. Per i giorni 5, 6 e 7 marzo essi sono le Loro Eminenze Arezzo, per l’ordine dei vescovi, Testaferrata, per l’ordine dei preti e Guerrieri-Gonzaga per i diaconi.

Bisogna prima di tutto sapere che se a Roma tutti son stanchi dei sistemi del papa morto, tutti son però egualmente convinti che il partito conservatore vincerà l’elezione e che farà una pessima scelta (tale però non è l’opinione degli osservatori stranieri più moderati).

Improvvisamente, verso le dieci di questa sera, si è appreso che le cose si mettevano per il meglio.

Pare che già da parecchi giorni il cardinale Bernetti, ex governatore di Roma e popolarissimo in città come capo della polizia, il cardinale Bernetti, dunque, fosse riuscito a mettersi d’accordo con i colleghi italiani tenendo loro un discorso concepito press’a poco così: « La Chiesa deve essere al di sopra dei partiti: se si fa austriaca, lo vogliate o no, anche su di lei finirà per ricadere l’odio che diciannove milioni di italiani nutrono contro l’Austria. Non dobbiamo far altro che eleggere il papa prima che giunga a Roma il cardinale Albani, incaricato del veto austriaco ».

Naturalmente non rispondo dell’esattezza di questo ragionamento e mi limito a riportarlo così come lo si attribuisce al Bernetti.

Sta di fatto che, di fronte ad esso, un certo numero di cardinali più timidi, o forse segretamente corrotti dall’Austria, hanno chiesto quarantotto ore di tempo per decidersi sulla proposta.

Si era calcolato ieri che l’arrivo del cardinale Albani fosse ormai prossimo. Allo scrutinio di questa mattina, tutti i porporati dei quali non si era troppo sicuri avevano ricevuto la direttiva di votare per il candidato liberale Di Gregorio. Al ballottaggio di questa sera, poi, la sua elezione sarebbe stata assicurata dai voti aggiuntivi dei cardinali sicuri.

E infatti, quando si scrutinarono i voti dell’accessione serale, Di Gregorio aveva ricevuto i due terzi esatti dei suffragi. Lo si stava già per adorare papa. Ma purtroppo il cardinale Benvenuti aveva voluto fare lo spiritoso e aveva aggiunto un paio di frasi al suo voto, che fu dichiarato nullo. Allora, in tutta fretta, fu preparata l’elezione della mattina seguente. Invano. Durante la notte il cardinale Albani giungeva a Roma ed entrava in conclave. Tutto era ormai perduto.

Ciò è quanto si racconta a Roma. Io, per mio conto, posso solo aggiungere che queste voci provengono dai circoli solitamente meglio informati. Risponderanno a verità?

9 marzo.

Non ho più la forza di occuparmi del conclave. Abbiamo passato due giorni a Tivoli, con un tempo magnifico. Questa sera, tornati in città, abbiamo trovato i romani al colmo della disperazione:

persino le loro fisionomie appaiono sconvolte. « Che importa a voi dell’elezione del papa? — ci dicevano. — Per voi è soltanto una curiosità. Ma per noi l’elezione che è fallita ieri sera costa almeno Otto anni di tranquillità ». Non c’è proprio nulla da obiettare a questo ragionamento. Pare che nelle Romagne il malcontento sia vivissimo.

10 marzo.

Il signor de Chateaubriand ha parlato davanti al conclave. La sua carrozza ha avuto l'onore di essere accompagnata fino a Montecavallo da quelle di tutti i cardinali: erano stati i porporati stessi a darne l’espresso ordine. Il signor de Chateaubriand ha sempre offerto delle bellissime feste, ha fatto eseguire degli scavi, annuncia persino il progetto di elevare un monumento funebre a Poussin, è stato gentile con il cardinale Fesch. Non c’è dubbio che all'illustre personaggio vada tutta la riconoscenza del Sacro Collegio.

Chateaubriand ha parlato nella sala ove ha luogo la verifica del cibo, davanti a una apertura della parete così piccola che non ci passerebbe un uovo. Dall’altra parte del buco era in ascolto una deputazione del conclave. Al discorso dell’ambasciatore ha risposto il cardinale Castiglioni. Si ricorderà che un brano del suo discorso è stato già citato all’inizio di questo libro.

Il discorso dell’ambasciatore spagnolo era stato tenuto in latino; lo Chateaubriand ha invece parlato francese. È stato un discorso molto liberale, forse con qualche io e noi di troppo, ma che è piaciuto molto a tutti. Meno che ai cardinali. Il fatto è che il governo francese, qualunque sia la sua reale politica, in Italia o è il protettore del partito liberale o non è nulla. In tutti i salotti, questa sera, si dava lettura delle parole dell’ambasciatore.

15 marzo.

Si susseguono le processioni e le preghiere per una rapida elezione del pontefice. Già si comincia a mormorare. I romani temono che fallisca la settimana santa. Se il papa non sarà ancora nominato per il giorno 19 aprile prossimo, giorno di Pasqua, non ci sarà settimana santa, e addio affitti esorbitanti! I nostri ospiti parlano della settimana santa come se fosse un periodo di vendemmia: dicono che quest’anno si annuncia benissimo. Gli stranieri che sono a Roma per le cerimonie del conclave resteranno in città e altri ancora ne verranno. Ieri e oggi abbiamo battuto tutte le strade di Roma alla ricerca di un alloggio per un nostro amico venuto dalla Sicilia. È stato impossibile trovarlo. I prezzi sono divenuti addirittura ridicoli.

20 marzo.

Molto probabilmente la Spagna ha incaricato di curare i suoi interessi quel cardinale Giustiniani (Il cardinale Giustiniani è vescovo ad Imola. Fatevi raccontare la storia della rivolta che ebbe lungo ad Imola ai primi di giugno del 1829 a causa di una reliquia. Quale energia! A dire il vero volta però a uno scopo criminale; o ridicolo. Leggete l’interdizione lanciata contro la città, che del resto se ne ride. - Cacciata degli ebrei.) che si dice sia intimo amico di Ferdinando VII, notissimo a Roma per il gran cordone spagnolo che porta sempre sulla porpora. Le sue benemerenze spagnole per poco non hanno convinto il partito ultra a preferirlo al cardinale Pacca. In realtà, solo Francia e Austria sono le due potenze veramente interessate alla nomina del papa. A Roma si ha molta paura della Francia, e del resto noi non possiamo proprio fare niente di utile per i cardinali italiani. L’Austria può sempre donare dei vescovadi ai nipoti dei cardinali che voteranno per lei.

31 marzo 1829.

Pioveva a torrenti, una vera pioggia tropicale, quando questa mattina un parrucchiere al quale avevamo promesso una mancia è arrivato ansante e completamente fuor di sé nella sala dove facciamo colazione.

"Signori, non c’è fumata! ". Ecco le sole parole che è riuscito a pronunciare. Dunque lo scrutinio di questa mattina non è stato bruciato:

vuol dire che il papa è stato eletto!

Siamo stati colti di sorpresa; proprio come Cesare Borgia avevamo tutto previsto per il giorno della nomina del pontefice, meno che piovesse a dirotto. Abbiamo sfidato l’acquazzone.

Abbiamo avuto la costanza di restare tre ore sulla piazza di Montecavallo. In capo a dieci minuti eravamo bagnati come se ci fossimo gettati nel Tevere. I nostri mantelli di taffetà impermeabile cercavano di proteggere le nostre compagne, intrepide quanto noi. Avremmo potuto guardare la scena da certe finestre che danno sulla piazza, che erano a nostra disposizione, ma desideravamo restare proprio di fronte alla porta del palazzo, davanti al finestrone murato, in modo da non perdere le parole del cardinale che avrebbe proclamato il nuovo papa. Non ho mai visto una folla simile: una spilla non sarebbe caduta a terra, e pioveva a catinelle.

Alcuni bravi soldati svizzeri, coi quali eravamo già d’accordo, ci hanno aiutato a raggiungere i posti conservatici vicino alla porta del palazzo. Uno dei nostri vicini, un tipo elegantissimo che stava sotto la pioggia da più di un’ora, ci ha detto: « Questo è ben più interessante che l’estrazione del lotto! Pensate che il nome del nuovo papa influirà direttamente sulla fortuna e sull’avvenire di tutti i romani che portano abiti di buona stoffa ».

A poco a poco la penosissima attesa ha fatto incollerire il popolo, e in queste circostanze tutti diventano popolo. È impossibile descrivere l’empito di gioia e di impazienza che d’un colpo ci ha tutti agitati quando una prima, piccola pietra si è staccata dalla finestra murata sul balcone. Tutti gli occhi erano fissi lassù. Un urlo immenso ci ha rintronato nelle orecchie. L’apertura si è ingrandita rapidamente: in pochi minuti la breccia era abbastanza larga da permettere di affacciarsi al balcone.

È uscito un cardinale. Ci è parso fosse l’Albani. Ecco però che spaventato dal terribile rovescio d’acqua che vien giù dal cielo, egli ha un istante di esitazione e poi si ritrae. Evidentemente non osava affrontare di colpo tutto quel freddo, dopo tanti giorni di reclusione. Come descrivere il furore del popolo a quella vista, le sue grida di collera, le sue imprecazioni volgarissime? Le nostre compagne ne furono spaventate. Già i più furiosi urlavano che volevano invadere il conclave per eleggere loro stessi il loro papa nuovo. La incredibile scena è durata più di mezz’ora. Alla fine, a forza di gridare, la gente non aveva più voce.

A questo punto la pioggia è diminuita per un istante. Il cardinale Albani si è avanzato di nuovo sul balcone: dall’immensa folla è venuto come un gran sospiro di gioia. Poi un silenzio che si sarebbe sentita volare una mosca.

Il cardinale ha detto:

« Adnuntio vobis gaudium magnum, papam habemus eminentissimum et reverendissimum dorninum »...

Qui l’attenzione della folla è raddoppiata.

« Franciscum - Xaverium, episcopum tusculanum Sacrae Romanae Ecclesiae cardinalem Castiglioni, qui sibi nomen imposuit Pius VIII ».

Alle parole Franciscum - Xaverium quelli che conoscono i nomi di battesimo dei cardinali hanno subito indovinato che si trattava di Castiglioni. Ho sentito parecchia gente intorno a me mormorare subito quel nome. Alle parole episcopum tusculanum altre venti persone hanno pronunciato il nome del Castiglioni, ma a voce bassissima, in modo da non perdere niente di ciò che diceva il cardinale Albani. Alla parola Castiglioni c’è stato come un grido soffocato, subito seguito da un movimento di gioia profonda.

Si dice che questo papa sia davvero colmo di virtù; di certo non sarà cattivo.

Prima di lasciare il balcone, il cardinale Albani ha gettato alla folla un foglio di carta contenente le stesse parole che aveva pronunciato poco prima. Poi si è messo a battere le mani. Un grande, unanime applauso gli ha risposto dalla piazza: nello stesso istante il cannone di Castel Sant’Angelo annunciava il grande evento al popolo della città e della campagna.

Ho visto le lacrime brillare in molti occhi: erano il frutto di una semplice reazione emotiva dinanzi a un avvenimento atteso tanto a lungo? Oppure erano davvero un segno di felicità per aver ottenuto un così buon sovrano, dopo tante paure? La gente, mentre sfollava, canzonava allegramente quei due o tre cardinali la cui nomina l’avrebbe costernata.

Siamo tornati a casa di corsa per asciugarci. In vita nostra non eravamo mai stati così zuppi di pioggia.

Ecco qualche altro particolare fra quelli che la prudenza mi permette di rendere noti.

I tre o quattro voti che hanno deciso l’elezione sono andati a Pio VIII grazie a una predizione di Pio VII. Si racconta che Pio VII, quando nominò cardinale l’attuale pontefice, dicesse, seppure in maniera assai confusa, che egli sarebbe stato il suo successore.

Il partito ultra è stato sconfitto. Il partito liberale non ha avuto più alcuna speranza dopo lo scacco del 7 marzo. Con la nomina del cardinal Castiglioni, vincitore è risultato il partito austriaco e moderato.

1 aprile 1829.

Ieri sera tutti tacevano: ognuno calcolava la sua posizione rispetto al nuovo papa e ai suoi amici. Oggi i nostri amici romani parlano solo delle conseguenze, magari le più meschine e per noi insignificanti, che l’elezione del nuovo papa avrà sulla vita cittadina.

Con questo papa sono salite al trono le virtù. Durante l’intero periodo napoleonico, dal 1809 al 1814, egli è vissuto fra Mantova, Milano e Pavia. Sembra che sia dottissimo in teologia. Era legatissimo con il Consalvi e sicuramente farà far carriera al cardinale Di Gregorio. Purtroppo è di malferma salute. Chi sarà suo ministro di Stato?

Pio VIII è stato eletto dopo quarantanove giorni di sede vacante e trentasei di conclave. Il nostro amico H*** ha vinto la scommessa di mille ghinee. La nomina di Castiglioni è stata decisa durante la notte scorsa e lo scrutinio risolutivo è stato quello della mattina, senza bisogno del ballottaggio serale. Il cardinale Della Somaglia gli ha immediatamente domandato se accettava la nomina.

Egli ha risposto di sì subito senza aggiungere nulla e ha scelto il nome di Pio VIII.

Immediatamente il notaio della Santa Sede, monsignor Zucchi, ha redatto il processo verbale dell’avvenuta elezione.

I cardinali Albani e Caccia Piatti hanno accompagnato il nuovo eletto nella sacrestia della cappella Paolina e gli hanno fatto indossare gli abiti pontificali. Ne erano stati preparati tre, di diverse misure.

Il papa è poi salito sull’altare della cappella e qui ha ricevuto la prima adorazione, consistente nel bacio della mano e in un doppio abbraccio da parte di ciascun cardinale.

Il camerlengo, cardinal Galeffi, gli ha subito consegnato l’anello piscatorio.

1 aprile 1829, sera.

Verso le quindici di questa mattina (le nove) il nuovo papa si è trasferito dai Quirinale al Vaticano fra due ali di folla entusiasta. La gente si domandava chi sarà scelto come segretario di Stato. I romani non sanno ancora che già ieri un motu proprio, redatto per mano stessa del pontefice, ha nominato il cardinale Albani. Nella carrozza papale c’erano anche i cardinali Della Somaglia e Galeffi. Abbiamo visto il papa da vicino, mentre saliva l’altar maggiore di San Pietro. È stato cantato il Te Deum e Pio VIII ha ricevuto la terza adorazione.

Durante la lunghissima cerimonia il signor N*** ci ha fatto la storia del nuova papa. Fu lui del resto che, in casa della signora M***, ci diede la prima notizia della malattia di Leone XII: è un uomo gentilissimo, che ci ha sempre colmati di cortesie e che forse è il nostro migliore amico.

Francesco Saverio Castiglioni è nato a Cingoli, cittadina della Marca di Ancona, il 20 novembre 1771. Cominciò la carriera come vescovo di Montalto e l’8 marzo 1816 fu fatto cardinale e vescovo di Cesena da Pio VII. Proprio in quella occasione il papa disse la famosa frase: « Egli verrà dopo di me ». Quando si sentì il bisogno di riprendere la tradizione che voleva che un uomo di alta cultura occupasse il ruolo di gran penitenziere, si pensò subito a lui, già ben noto per la profonda scienza teologica.

Il cardinale Albani ha settantotto anni: è ormai troppo vecchio per sperare di essere eletto ad un altro conclave. È un gran signore, che ama tutti i piaceri della vita: che politica vorrà fare? Vorrà farsi odiare? Io credo che si possa essere veramente liberi di vivere la propria vita solo in due circostanze: o quando si è tutto o quando si è niente. Sta di fatto che molte preoccupazioni hanno accolto la nomina dell'Albani, ben noto per essere stato sempre devoto della politica austriaca. E' un uomo simpatico, che in giovinezza ha fatto spesso il don Giovanni. Le sue maniere, per essere un italiano, sono assai eleganti. L'ho conosciuto a Bologna, a una serata in casa Degli Antoni, durante la quale la signorina Cantarelli eseguì musica di sua composizione.

Era per la verità di stile un pò vecchiotto: lo stile che sarebbe passato per modernissimo nel 1775, all'epoca cioè in cui il cardinale stesso era ancora studente. Egli ha preso gli ordini soltanto in occasione del conclave del 1823.

(tratto da "Passeggiate romane" di Stendhal. Ed. LATERZA 1973)

Nello stesso giorno il Belli così scriveva del papa nuovo:

Pio Ottavo

Che ffior de Papa creeno! Accidenti!

Co rrispetto de lui pare er Cacamme.

Bbella galanteria da tate e mmamme

pe ffà bbobo a li fijji impertinenti!

Ha un erpeto pe ttutto, nun tiè ddenti,

è gguercio, je strascineno le gamme,

spènnola da una parte, e bbuggiaramme

si arriva a ffà la pacchia a li parenti.

Guarda llí cche ffigura da vienicce

a ffà da Crist’in terra! Ccazzo matto

imbottito de carne de sarcicce!

Disse bbene la serva de l’Orefisce

quanno lo vedde in chiesa: «Uhm! cianno fatto

un gran brutto strucchione de Pontefisce».

G.G. BELLI 1° aprile 1829