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LA PIAZZA DI SPAGNA

PAOLO BOURGET

Piazza di Spagna

Questa mattina dei primi giorni di maggio, la lunga piazza sinuosa era incantevole di movimento e di luce, col colore bruno delle sue case irregolari che la circondano, con la doppia scalea della Trinità dei Monti seminata di fannulloni, con l'acqua zampillante dalla grande vasca in forma di barca posta al centro, uno degl'innumerevoli capricci coi quali si è divertita la fantasia del Bernini, di questo decoratore prodigioso che ebbe il genio della fontana vivente, dove la superficie acquea ha lo stesso fremito del bronzo e del marmo.

E, a quell'ora e sotto quel chiarore, questa fontana era, infatti, così vivente come gli svelti ciociari, che correvano con le braccia cariche di ceste piene di rose pallide, di biondi narcisi, diressi anemoni, di fragili ciclamini, di scure viole del pensiero. A piedi nudi, con una fiamma nera negli occhi, la preghiera supplichevole sulle labbra, essi s'infiltravano tra le vetture che correvano velocemente, meno numerose che nella piena stagione, ma tuttavia in buon numero, perché la primavera era venuta troppo tardi quest'anno, e si annunciava deliziosa e fresca.

Questi fiorai assediavano i passanti frettolosi, e anche quelli che si attardavano guardare le mostre; e il fervente cattolico ch'era Montfanon, davanti a quel quadro pittoresco di un bei mattino sulla più graziosa piazza della sua città favorita, assaporava il piacere di completare quell'impressione di un minuto radioso con un sogno di eternità. Egli non aveva che a volgere lo sguardo a destra verso il Collegio di Propaganda Fide, seminario di martiri, donde partono tutte le missioni del mondo.

Da Cosmopoli, romanzo. 1892.