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21 - La Repubblica Romana del 1849

La morte di Colomba Antonietti

la morte di Colomba Antonietti in una tela di Gerolamo Induno, pittore e patriota fu ferito da 27 colpi di baionetta a Villa Sciarra.
la morte di Colomba Antonietti in una tela di Gerolamo Induno, pittore e patriota fu ferito da 27 colpi di baionetta a Villa Sciarra.

"La palla di cannone era andata a battere contro il muro e ricacciata indietro aveva spezzato le reni di un giovane soldato. Il giovane soldato posto nella barella aveva incrociato le mani, alzato gli occhi al cielo e reso l'ultimo respiro. Stavano per recarlo all'ambulanza quando un ufficiale si era gettato sul cadavere e l'aveva coperto di baci. Quell'ufficiale era Porzi. Il giovane soldato era Colomba Antonietti, sua moglie, che lo aveva seguito a Velletri e combattuto al suo fianco".

dalle "Memorie" di Giuseppe Garibaldi

Il Senato Delle Donne: Laura Curino legge il ritratto di Colomba Antonietti Porzi

COLOMBA ANTONIETTI. LA VERA STORIA DI UN'EROINA di Cinzia Dal Maso

LE "ANITE" ITALIANE DEL 1849, PATRIOTE CONTRO IL PAPA RE

13 giugno la situazione durante l'assedio di Roma

Lo stato pessimo delle mura e la costruzione viziosa delle batterie ci fu dimostrata subito dai primi colpi, mentre ogni palla faceva cadere grandi pezzi di muraglia; e una granata, che colpì a buon segno, distrusse tutto un merlone di sacchi di terra, facendone saltare nell'aria da cinque o sei in modo tanto burlesco, che si sarebbe stati tentati di ridere, se lo spasso non ci fosse costalo sì caro. Le palle morte battevano nelle ville, situate dietro al terrapieno, e arrivavano non solo in Trastevere, ma puranco al di là deI fiume. I pezzi di pietra che volavano intorno ferivano e mutilavano artiglieri e sentinelle, e pregiudicavano la comunicazione tra le diverse parti del bastione. Le bombe s'alzavano alte, al di sopra del nostro campo, e nella loro caduta toccavano il centro della città, Gli abitanti fin da principio non si curavano quasi di codesti proietti, però andavano gridando l'uno all'altro, quando li vedevano arrivare « Ecco un Pio Nono». A ciò si aggiungeva il fragore continuo dei fucili e delle carabine, le quali recavano tanto più facile danno che i parapetti venivano sempre più rovinandosi. pag.212

Sul mezzogiorno gli assedianti cessarono il fuoco per un'ora; fino ti sera non gettarono più le bombe in città, ma bensì sul campo. Nel quartier generale avemmo la nostra parte. Da cinque o sei scoppiarono sotto le finestre di villa Savorelli. Una parte dei vetri cadde per le continue esplosioni. Noi eravamo assai favoriti dalla circostanza che il terreno su cui sprofondavano quei proiettili era molle; in tal modo l'effetto sulla truppa andava perduto in parte. L'intervallo medio, tra la caduta e l'esplosione, era di 10 a 12 minuti secondi; e questo era un altro vantaggio pei vicini. Ma con ciò i lavori erano ognor più rallentati. Non saprei a quale dei due motivi attribuire, se all'audacia o all'ignoranza del pericolo, il precipitarsi che faceva la nostra gente sur una bomba, per soffocarIa, allorchè essa ardeva alcuni secondi più del solito. Molte bombe ci furono in tal modo portate, aventi la spoletta o ricacciata dentro, o strappata, o tagliata via. Per ognuna si pagava uno scudo. L'Autore può mettere addirittura quell'audacia in conto di bravura, Tutte le nostre città bombardate offrirono in questo il medesimo spettacolo. È fama che i soldati italiani trassero allo stesso modo le bombe, che inviavano nel loro campo gli Spagnuoli durante l'infelice guerra di quella invasione ingiustissima. pag 214-215

Giornale delle cose di Roma nel 1849 - Gustav de Hoffstetter,Capolago, 1851 - pag.212

La morte di Colomba Antonietti

Colomba Antonietti Porzi mi seguì tutta la campagna del '48, vestita da Ufficiale con un mio uniforme cortandosi i capelli…sempre me diceva che desiderava vedere libera la cara e bella Italia…dividendo gunto le fatiche e i pericoli, le lunghe marce e il fuoco nemico…pugnò come uomo nella campagna di Velletri, che la sposa di Garibaldi restò sorprendida nel vedere battersi con tanto coraggio… La mattina del giorno 13 giugno fui la primiera brecia che l'esercito Francese fece in Roma…alle ore 9 della matina le muraglie non esistevano più… alle ore 5 pomeridiane fui io e Colomba, con pochi soldati, per fare una baricata con delle sache piene di terra, al momento che mi o presentato a petto discoperto, l'esercito Francese cominciò con le due baterie, facendo un fuoco incessante e io con Colomba. Furono numerose le donne, mogli dei volontari, che si occuparono dei servizi di assistenza ospedaliera asangue fria facendo la baricata…dopo vene una palla di canone del calibro del 36 che l'infelice Colomba mentre mi porgeva le sacche per riparare la breccia, fu colpita al fianco drito con grave frattura del bacino e del femore e spirò nelle mie braccia".

memorie del marito Luigi Porzi

La morte di Colomba Antonietti

Roma, Porta San Pancrazio, mercoledì 13 giugno 1849, ore 18. Il rombo del cannone però, che faceva tremare il muro dalle fondamenta, non era musica che potesse piacermi a lungo, per cui tornai indietro seguendo la stessa strada, percorsa all'andata. Per difendere meglio la breccia, gli zappatori erano occupati a scavare un fossato, innalzando poi con la terra scavata, un lungo baluardo da un'estremità all'altra del bastione. Passando sull'asse buttata sopra il fossato, osservai un movimento insolito fra gli zappatori. Una palla di cannone saltando in aria sulla breccia era caduta nel fossato colpendo nel fianco un giovane soldato. Un istante dopo il poveretto rendeva l'ultimo respiro.
Quattro compagni lo portarono via con una barella. Dovendo fare anch'io la stessa strada li stavo seguendo, ma prima che giungessero al bastione n. 2, un grido rauco alla nostre spalle ci fece trasalire. "Oh! Gesù Cristo mio! è il povero tenente!" esclamò uno dei soldati. Infatti un giovane ufficiale ci stava rincorrendo, saltando come un pazzo i fossati ed i cumuli di terra, attraverso il bastione. Gli uomini si tolsero la barella dalle spalle posandola a terra. Ansante e pallido come un cencio, l'ufficiale, immagine vivente della disperazione, rimase lì fermo per un istante a fissare il morto. Un solo istante, perché subito girò convulsamente gli occhi all'intorno e cadde svenuto sul cadavere. Mi affrettai ad allontanarmi e tornato dai Lombardi, raccontai loro quello che avevo visto. "Non avete sentito il nome dell'ufficiale?" chiese il capitano che comandava il gruppo. "Si, se ho capito bene lo chiamavano Porzio". "Acci…" esclamò il capitano, "allora hanno ucciso la moglie del tenente". Il triste corteo ci passò davanti un momento dopo. L'ufficiale a testa scoperta seguiva barcollando la barella portata da quattro zappatori, sulla quale giaceva la giovane moglie, che lo aveva seguito durante tutta la spedizione italiana. Si chiamava Colomba Antonietti.

Memorie Romane - Jan Philip Koelman - Traduzione dall'olandese di Lilian Pennington De Jongh A cura di Maria Luisa Trebiliani - Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1963

La morte di Colomba Antonietti

Aperte le brecce ferve l'opera per metterci riparo; un vero turbine di ferro e di fuoco mulinava su l'area avversa alle breccie francesi, ed una moltitudine di cannonate la solcava per seminarvi pur troppo la morte; tu vedevi i Romani brulicare come formiche portando sacca, sassi, e trainando carretti di terra, nè i romani soli, bensì ancora le Romane, e fra queste Colomba Antonietti, che non potendo lasciare solo il marito esposto al pericolo volle ad ogni costo parteciparlo ed in cotesta vita ella aveva durato due anni, che lo sposo suo accompagnò in tutte le guerre d'Italia, e a Velletri fu vista, precorrendo, incorare i soldati: in quel giorno la supplicarono di là si rimovesse, ed ella sorridendo, «ma se ci lascio il marito morirei di affanno.» Intanto la gente cadeva giù a rifascio, e parecchi scontorcendosi nell'agonia andarono a morire ai piedi della donna; ora ella mentre porgeva allo sposo certi arnesi rimase colpita da una cannonata nei reni; cadde in ginocchino, levò le mani al cielo, e disse: «Viva l'Italia!» e più non potè dire. Sorse dintorno un grido straziante, e il marito in sembianza morto anch'esso, trasportarono altrove. «Le onorate spoglie (e qui si adattino o no le parole del Rusconi con le mie, le vò ad ogni modo riferire) di quella cara infelice composte sul cataletto menarono a processione per le vie di Roma, spettacolo di compianto universale, e il popolo trasse in folla dietro al feretro coperto di bianche rose, simbolo della candidezza di lei spenta così crudelmente sul fiore della gioventù. Deposto il feretro nella Chiesa la moltitudine genuflessa con molte lacrime supplicò da Dio pace ad una delle anime più elette che mai abbia vestito quaggiù spoglia mortale.» E pure questa, e siffatte donne il vile sacerdote non aborrì denigrare calunniando, che non amore di Patria le movesse, bensì prurigine di lascivia: bene sta; le Arpie, quello, che toccano contaminano, e i Sacerdoti che altro sono mai se non Arpie? Solo resta a vedersi per quanto tempo ancora dureranno a contristare la umanità.

Lo assedio di Roma

La morte di Colomba Antonietti

Colomba Antonietti di Fuligno, segui per due anni il marito, tenente nella linea romana, dividendo con lui le fatiche e i pericoli, le lunghe marcie, e il fuoco nemico.
Giovanetta d'anni 21 di cuore generoso e di sentimenti romani pugnò come uomo anzi come eroe nella battaglia di Velletri, degna del marito, degna del suo cugino il colonnello Luigi Masi.
Trovavasi presso le mura di S. Pancrazio, minacciate più fieramente dal cannone francese. Quivi mentre prestavasi co' più coraggiosi alle opere di difesa, una palla di cannone la colse nel fianco. Giunse le mani, volse gli occhi al ciclo e mori gridando: Viva l'Italia! novella Qildippc della Romana Epopea.

Almanacco di Giano 1849-50

Il nemico aveva compiuto i suoi lavori di approccio e colle sue artiglierie d'assedio praticato tre breccie; non mancava che il coronarle, montando all'assalto. Ma per ciò fare gli era mestieri di alcuni giorni onde romper meglio l'angolo del bastione di sinistra n° 2, e vedere con precisione la base del muro. Durante la notte era pioggia di bombe sulla eterna città; durante il giorno le batterie fracassavano il Vascello, la villa Gabrielli, il vasto fabbricato del conte Savorelli, il convento e la chiesa di San Pietro in Montorio ov'era la nostra ambulanza. Noi facevamo pur fuoco; e intanto che co' lavori del Genio si cercava riparare ai guasti da quel trarre a dirotta, avevamo adottato un sistema di artiglieria mobile, trascinando i nostri pochi pezzi da una posizione in un'altra, secondo che la necessità il richiedeva. Di contro alle breccie del bastione a manca n° 3, stavasi da' nostri zappatori erigendo un riparo con palafitte e gabbioni. Nell'ora del riposo, un tenente di linea, per nome Porzio, si facea da alcuni suoi fanti protendere le sacca piene di terra per colmare il ridotto. A quando a quando grossi e piccoli proietti nemici venivano a solcare quell'area a fine di vendicare le morti ch'io con dodici bersaglieri lombardi disseminava sull'opposta linea con tiri di carabina infallibili. Una palla di cannone, urtando sul muro, vien giù di rimbalzo e coglie in pieno nelle reni un soldato, tra i più indefessi all'opera riparatrice. Il caduto, posto immediatamente sur una barella, incrociò le mani, alzò gli occhi al cielo e spirò. I fanti che lo raccolsero, mi dissero essere una donna, la Colomba Antonietti , moglie del Porzio , il quale di tanta sua sventura non frasi puranche addato. Ma, lungo il tragitto all'ambulanza, il vedovato accorre a sbalzi com'uom preso dal vino; e co' capelli irti, colle braccia protese ci raggiunge, ci arresta, abbraccia la sua perduta con quel dolore che le parole non placano, e sul di lei affranto cadavere sviene. Una reliquia di questa donna — che due amori, il patriotico e il coniugale avevano fatto soldato — la seppellii in un gabbione. Essa aveva combattuto al fianco di suo marito in Vicenza; animato i fanti collo esempio del proprio coraggio in Velletri ; era stata tra i primi, dopo il terzo del giugno, colla baionetta in resta al riacquisto de' nostri posti avanzati. La sua anima — tesoro de' più nobili affetti — si sprigionava del gracile ed avvenente corpo dopo il connubio di quattro lustri. Or sia pace alle sue ossa, vergogna di molti vivi.

La Italia - Storia di due anni 1848-1849 - Augusto Vecchi - Claudio Perrin Editore - Torino

La morte di Colomba Antonietti

Le breccie erano fatte, e tutto l'ardore degli assediati era vólto a porvi riparo, a ristaurar quelle ruine, da cui la salvezza della città era minacciata. Pietosa tragedia allora si apparecchiava che ogni Romano sentì come tragedia domestica. Sudavano gli assediati al riparo delle breccie; a migliaia erano gli accorsi per quell'opera di tanto momento; e sebbene non rallentasse l'impeto delle cannonate francesi e tutta quell'area fosse solcata da proiettili, a gara tutti si spingevano innanzi quale apportando le sacca, quale guidando i carretti di terra e le pietre con cui quei perigliosi sbocchi doveano essere turati. Colomba Antonietti, cugina germana del Masi, giovinetta di venti anni, già avvinta con nodi maritali, soccorreva lo sposo che a riparar le breccie era andato, e con ardore s'adoprava là dove più ferveva il pericolo, lasciando incerto il riguardante se in lei potesse più rumore che al suo sposo l'avvinceva o quello tortissimo che alla sua patria la legava. Già da due anni ella il marito seguiva in tutte le fazioni di guerra a cui per l'Italia s'avventurava, dividendo con lui fatiche e pericoli, e gli stenti delle lunghe marcie, e il fuoco nemico. A Velletri quella giovane egregia era stata veduta a combattere e ad incuorar col suo esempio i soldati. A Roma avea chiesto ripetute volte di poter far parte in quelle sortite con cui gli assediati venivano di tratto in tratto debellando gli assalitori, ciò che concesso non le era stato, perché a repentaglio di una morte quasi sicura non fosse posto un essere dotato di sentimenti si eccelsi. Pregata dai circostanti ad allontanarsi, nel mattino di cui ora trattiamo, nel quale sulle mura era pur voluta accorrere, rispondeva con dignità che la sua vita era consacrata all'Italia da gran tempo, e che prezzo non avea per lei se non in quanto poteva giovare alla sua patria sventurata. Serena, tranquilla, impavida ella rimaneva al suo posto, ed ogni volta che i suoi sguardi s'incontravano in quelli del suo sposo, che dei più solerti mostravasi in quell'opera del rifar la breccia, una fiamma di contento parca salirle al viso, quasi inorgoglito avesse di quella sua carità di patria. Alcuni soldati caddero in quella morti a' suoi piedi; né per le nuove istanze fattele ella volle ritrarsi; vi fu un momento anzi in cui ella fe' un passo verso il marito per fornirlo degli strumenti che aveva addimandati, e una palla di cannone la percosse adempiente quell'atto di amore coniugale.
Quella giovane cadde inginocchiata, levò le mani e gli occhi al ciclo, e spirò dopo un minuto gridando Viva l'Italia. I suoi leggiadri lineamenti si copersero del pallore della morte, ma il sorriso non si scompagnò dalle sue labbra, che anche in quell'eterno silenzio esprimer pareano l'amore e la fede che collegata l'aveano in vita alla sua famiglia e alla sua patria. Un lungo grido di commiserazione s'innalzò dai circostanti; l'uomo che unito avea le sue sorti a quelle di lei fu trascinato lontano in preda alla più orribile disperazione. Le onorate spoglie di quella infelice, poste su un cataletto, furono portate per le vie di Roma, spettacolo di compianto universale; e il popolo trasse in folla dietro al feretro coperto di bianche rose, simbolo del candore di lei spenta sì crudelmente nel fiore della giovinezza. Deposta nella chiesa la bara, la moltitudine genuflesse piangendo, e orò da Dio pace a una delle più pure anime che mai vestito avessero quaggiù una spoglia mortale. — Molte altre donne gareggiavano in eguai modo in Roma col sesso più forte nel difendere la patria loro e le istituzioni che doveano ravvivarla. Molte altre ancora a uffici più muliebri attendendo, la carità loro mostravano assistendo i feriti, vegliando le notti al capezzale dei moribondi. Non mai la missione della donna era stata più nobile di quello che si mostrasse in quei momenti in Roma, né mai maggior virtù risplenduto avea nel sesso gentile chiamato da Dio a dividere i destini dell'uomo. Pur quegli uffici pietosi doveano essere poscia calunniati, quell'egregia virtù dovea essere poscia vilipesa; tanta abnegazione, tanto amore, tanto affetto di patria doveano essere segnalati al mondo come una libidine scellerata; e le angeliche donne in cui quegli affetti vivevano, stigmatizzar doveansi da Gaeta come meretrici infami!

La Repubblica Romana del 1849 - Carlo Rusconi - 1852

La morte di Colomba Antonietti

Sono andato al funerale di Colomba Antonietti, di anni venti. Era la moglie del tenente Luigi Porzio, cugina del colonnello Masi. A diciotto anni è andata via dalla nativa Foligno per seguire il suo uomo, legionario di Garibaldi. Colomba è stata accanto al marito durante il combattimento di Velletri. Ieri era con lui a San Pancrazio, fra gli uomini che cercavano di riempire la breccia. Una palla di cannone l'ha colpita in pieno petto.

La sua salma, messa su un cataletto, scoperta, è stata portata per le vie di Roma fino alla chiesa, fra due ali di popolo commosso. Fra le altre infermiere volontarie che sono venute, ho riconosciuto madame Modena, moglie francese del famoso attore Gustavo Modena; poi c'era la principessa di Belgioioso, Anita, Enrichetta di Lorenzo, Giulia Bovio; con loro anche la moglie di Antonio Lupi e la compagna di Augusto Vecchi.

Per i clericali, tutte puttane.

LA REPUBBLICA ROMANA HA I GIORNI CONTATI - Riccardo Pazzaglia - Mondadori

La morte di Colomba Antonietti

Le breccie erano aperte dai Francesi, con terribili scariche di cannoni; e tutto l'ardore degli assediati era vólto a porvi riparo, a l'istaurare quelle mine, da cui la salvezza della città era minacciata. Pietosa tragedia un di si apparecchiava che ogni Romano senti come tragedia domestica. Sudavano gli assediati al riparo delle breccie; a migliaia erano gli accorsi per quell'opera di tanto momento; e sebbene non rallentasse l'impeto delle artiglierie nemiche e tutta quell'area fosse solcata da proiettili, a gara tutti si spingevano innanzi, quale apportando le sacca, quale guidando i carretti di terra e le pietre con cui quei perigliosi sbocchi dovevano essere turati.
Colomba Antonietti, di Fuligno, cugina di Masi, moglie di Luigi Porzio, tenente nel 2° fanteria, giovinetta di 20 anni, soccorreva lo sposo, che a riparare le breccie era andato, e con ardore s'adoprava là dove più ferveva il pericolo, lasciando incerto il riguardante se in lei potesse più l'amore che allo sposo l'avvinceva o quello fortissimo che la legava alla patria.
Già da due anni ella, affettuosa, seguiva il marito in tutte le fazioni di guerra, a cui per l'Italia s'avventurava, dividendo con lui le fatiche e i pericoli e gli stenti delle lunghe marcie, e il fuoco nemico.
A Velletri quella giovane egregia era stata veduta a combattere e ad incuorare col suo esempio i soldati. A Roma, aveva chiesto più d'una fiata di poter far parte in quelle sortite con cui gli assediati venivano di tratto in tratto debellando gli assalitori, ciò che concesso non le era stato, perché a repentaglio di una morte quasi sicura non fosse posto un essere dotato di sentimenti sì eccelsi.
Pregata dai circostanti ad allontanarsi, nel mattino, di cui ora trattiamo, nel quale sulle mura era pur voluta accorrere, rispondeva con dignità che la vita aveva consacrata all'Italia da gran tempo, e che prezzo non avevano per lei se non in quanto poteva giovare alla sua patria sventurata. Serena, tranquilla, impavida ella rimaneva al suo posto, ed ogni volta che i suoi sguardi s'incontravano in quelli dello sposo, una fiamma di contento pareva salirle al viso, quasi inorgoglito avesse quella carità di patria.
Parecchi soldati caddero in quella morti ai suoi piedi, né per le nuove istanze fattele volle ritrarsi; vi fu un istante in cui ella fe' un passo verso il marito per porgergli degli strumenti che aveva addimandati, e una palla di cannone la percosse mentre adempiva quell'atto di amore, coniugale. Colomba cadde inginocchiata, levò le mani e gli occhi al cielo, e spirò dopo un minuto gridando Viva l'Italia. I suoi leggiadri lineamenti si copersero del pallore della morte; ma il sorriso non si scompagnò dalle sue labbra , che anco in queir eterno silenzio
parevano esprimere l'amore e la fede, che collegata l'avevano in vita alla famiglia e alla patria. Un lungo grido di commiserazione s'innalzò dai circostanti; l'uomo che unito aveva le sue sorti a quelle di lei fu trascinato lontano in preda alla più terribile disperazione. Le care spoglie dell'infelice, poste su di un cablotto, coperte di bianche rose, simbolo del candore di lei spenta così crudelmente nel fiore della giovinezza, furono portate per le vie di Roma, spettacolo di compianto universale. Deposta nella chiesa la bara, la moltitudine si genuflesse piangendo, e orò da Dio pace a una delle più pure anime che mai vestito avessero quaggiù una spoglia mortale. — Molte altre donne gareggiavano in eguale modo in Roma col sesso più forte nel difendere la patria loro, e le istituzioni che dovevano ravvivarla. Molte altre ancora a uffici più muliebri attendendo, la carità loro mostravano assistendo i feriti, vegliando le notti al capezzale dei moribondi. Non mai la missione della dorma era stala più nobile di quello che si mostrasse in quei momenti in Roma, né mai maggiore virtù risplendillo aveva nel sesso gentile, chiamato da Dio a dividere i destini dell'uomo. Pur quegli uflici pietosi dovevano essere poscia calunniati ; quell'egregia virtù doveva essere poscia vilipesa ; tanta abnegazione, (anco amore, tanto affetto di patria dovevano essere segnalati al mondo coree una libidine scellerata; e le angeliche donne, in cui quegli affetti vivevano, dovevansi stigmatizzare dai satelliti del Vaticano come meretrici infami!

Roma e i suoi martiri (1849) - Luigi Venosta - Milano 1863