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Il Barocco a Roma

IL CARATTERE DELL'ARTE BAROCCA

Il termine "barocco" risale alla logica medievale, quale figura di un sillogismo particolarmente complicato (l'altra etimologia che lo fa risalire allo spagnolo "barueco", cioè perla irregolare, è stata abbandonata) e riemerse soprattutto nel Settecento come metafora letteraria nel senso di "strano", "curioso", "insolito", “bizzarro". Trasferito nel campo della, critica d'arte del Settecento neoclassico, questo termine fu usato in senso dispregiativo per_ indicare quella corrente che si affacciò intorno al 1630 e che e rappresentata per esempio dal Bernini, dal Borromini, da Pietro da Cortona (per limitarsi agli artisti maggiori operanti a Roma, che del Barocco fu il centro di irradiazione), le cui opere furono condannate dal rigore neoclassico come "peste del gusto", "pazzia", "strampalatezza". A partire dal tardo Ottocento il significato del termine venne dilatato arbitrariamente fino a che, per voler dir troppo, ha finito per non significare più niente o, peggio, è diventato nel linguaggio corrente sinonimo di "cattivo gusto".

Barocco venne così ad assumere il significato di "non stile" (Croce), sostituì il termine "Romanticismo" nella costante antitesi al Classicismo (e partì dal Wolfflin questa interpretazione), "barocche" infine furono definite complessivamente, soprattutto dalla critica tedesca, tutte le vicende artistiche dal Manierismo alle soglie del Neoclassicismo. La formula "Michelangelo padre del Barocco" nasce proprio da questa arbitraria estensione del termine, ma non si possono raggruppare sotto una stessa etichetta fatti così disparati come il Manierismo e i Carracci, Caravaggio e il Bernini, il Classicismo secentesco e il Rococò del Settecento.
Il Barocco fu l'arte della Controriforma trionfante che usciva dalla severità e dal tetro rigore trindentino per esaltare le proprie glorie rinnovate, la potenza della fede riconfermata; fu l'arte delle grandi famiglie principesche che nelle ville e nei palazzi esibivano con ansia quasi smodata il fasto del loro potere.
I temi che gli architetti, i pittori, gli scultori furono chiamati ad affrontare furono di impegno eccezionale: chiese grandiose per accogliere le nuove masse di fedeli, ardite soluzioni urbanistiche, vastissime decorazioni murali. Il gusto del momento, e di quei committenti in particolare, suggeriva o meglio imponeva soluzioni stupefacenti e mirabolanti – “è del poeta il fin la meraviglia", canterà il Marino — ma anche se le premesse sono viziate da un presupposto retorico la generazione del 1630 affrontò quei temi grandiosi senza porre ostacolo alla fantasia, senza timida soggezione alle grandi voci del passato, anzi accogliendo e trasfigurando i più disparati elementi di cultura con un tale empito di fantasia, con un tale eloquio solenne, patetico ed eroico, da giungere a risultati ben più alti e sinceri di quelli toccati dalla letteratura contemporanea, dove la "meraviglia" nasceva troppo spesso da un artificio troppo scoperto, da una serie di immagini mirabolanti dettate da freddo intellettualismo. E non va dimenticato che la condanna del Croce (Barocco = cattivo gusto) deriva esclusivamente da considerazioni critiche sulla letteratura del tempo e su certi aspetti del costume del Seicento, anche se poi viene fatta ricadere anche sulle arti figurative. Vi furono, è vero, anche nel Barocco, come in qualsiasi altra epoca, cattivi artisti; il ritmo incessante, incalzante che domina gli spazi e flette le superfici architettoniche, agita i marmi e i bronzi come scossi dal vento, fa turbinare glorie celesti e allegorie profane negli ariosi soffitti spalancati, un ritmo che nei casi validi nasce sempre da un impulso di "pathos" vero e di accesa fantasia, diventa talvolta agitazione senza passione, fredda retorica, un giro a vuoto. L’amore per la ricchezza della materia, per il particolare decorativo che ha bisogno come nessun'altra cosa di essere sempre sorretto da un gusto sorvegliatissimo, diventa molto spesso pesante orpello di superfici sfacciatamente dorate, volgare combinazione, di forme grevi e di colori stridenti.
Si è già accennato alla parte che ebbero i precedenti culturali nella genesi del linguaggio figurativo barocco. Questa corrente non fu un movimento nuovo e rivoluzionario, come lo furono gli atteggiamenti polemici del primo Seicento, del Caravaggio e dei Carnicci, nei confronti della declinante cultura manieristica, ma i maestri del Barocco si riallacciarono alle soluzioni più disparate del passato, prossimo o remoto, che potevano offrire spunti alla loro fantasia.
Tra le componenti di questa cultura furono la “floridezza pittorica" della grande pittura veneziana, presente a Roma nel terzo decennio del secolo con gli splendidi Baccanali tizianeschi; la cultura carraccesca, di Annibale in particolare, con la luce chiara e solare che investe gli affreschi farnesiani e che sarà il .punto dipartenza per que1 lume biondo che si diffonderà nei soffitti ariosi del Barocco; la presenza di RUBENS a Roma nel primo decennio del secolo, che lasciò nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella quelle tre tele (Madonna e angeli sull'Altar maggiore, sei santi nel presbiterio) che per ricchezza di colore e di movimento rappresentano un forte anticipo sulle soluzioni successive. Ed ancora, offrirono spunti all'arte barocca le statue ellenistiche che il Bernini restaurava, e soprattutto quel barocco "avant lettre" che fu il Correggio conosciuto a Roma attraverso l'interpretazione che degli affreschi di Parma diede il Lanfranco nella Cupola di Sant'Andrea della Valle (1625-1628). Se si è parlato quasi esclusivamente di pittura a proposito delle fonti del Barocco dipende dal fatto che nell'architettura e nella scultura di questo momento predominò in modo quasi assoluto la componente pittorica. E non si vuole alludere all'aspetto più appariscente, all'uso abbondante di materiali colorati - marmi policromi, stucchi dorati, bronzi patinati -, ma agli effetti pittorici che la luce trae dalle superfici architettoniche modulate e decorate e dalle sculture dove il modellato tenerissimo delle carni levigate si contrappone all'intenso contrasto di luci ed ombre dei panneggi esuberanti; e nella volta della Chiesa del Gesù, dipinta dal Baciccio, strutture architettoniche ed elementi plastici vengono dominati dalla pittura fino a confondersi con essa, assorbiti dalla sua espansione luminosa.

da Storia dell'Arte vol. 3 di F.N.Arnoldi - Fatelli Fabbri Editore 1968