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Il Barocco a Roma

Le Chiese Barocche di Roma

...vastissimo rimane il numero delle chiese completamente costruite o ricostruite per intero nel corso del Seicento, numero tale da risultarne un tessuto fittissimo esteso per tutto il territorio cittadino, senza privilegiare alcun rione o meglio privilegiandoli tutti e dando a essi tutti un'impronta inconfondibile, quella del Barocco romano che costituisce, potrebbe dirsi, un momento storico in cui sembra realizzarsi quel concetto di opera d'arte totale concepito da Riccardo Wagner in tutt'altro contesto. Nel senso che al risultato finale concorre l'operato di tutte le arti, figurative e non, dall'architettura alla pittura, alla scultura, allo stucco, alla ceramica, al tessuto, all'oreficeria, all'ebanisteria, alla scenografia, alla musica anche, quando vi viene eseguita: un insieme pieno e sovrabbondante che come suo risultato soverchiava e ancora a tutt'oggi soverchia i sensi e l'intelletto del fedele o anche del semplice spettatore, e qui il termine spettatore non è certo usato a caso, che l'elemento teatrale è centrale nella concezione del fare artistico del Seicento, esteso non solo e non tanto alla sistemazione di una chiesa, ma a quella di una piazza, di una “scenografia” urbana e financo all'intero organismo cittadino. Crediamo che per poter penetrare in uno spiraglio della mentalità dell'epoca poco d sia di più esplicito del diario giornaliero tenuto dal papa Alessandro VII Chigi, uno dei più grandi creatori dell'immagine di Roma così come la percepiamo oggi; in esso è spesso scritto di fontane da spostare, colonne da erigere, scalinate da aprire e piazze da sistemare, significativamente chiamate teatri, come venivano anche dette nelle descrizioni della città e nella serie di incisioni e stampe. Se a ciò aggiungiamo come lo stesso pontefice avesse voluto nella propria stanza da letto una sorta di plastico in legno della città sulla cui base operare per la realizzazione degli interventi di progetto, e allo stesso tempo una bara aperta per aver sempre presente l'imminenza della morte, possiamo immaginare quanto complessa e lontana dalla nostra potesse essere la psicologia dei personaggi di quest'epoca, e quanto la loro esistenza si svolgesse veramente nei termini di una rappresentazione teatrale i cui palcoscenici, fondali e scenografie erano costituiti dalla città stessa e in cui ciascuno fosse allo stesso tempo spettatore e attore.
Come sulla grande scala della città, così la concezione teatrale si riproduceva, certo su di un piano più alto, nell'ambito delle chiese, dove un fasto e un apparato appropriati celebravano la gloria del Signore, di Gesù Cristo, della Vergine, dei santi, di tutta la Corte Celeste del cui incomparabile splendore volevano rendere per analogia un'impressione. Si tratta di un'impressione che si faceva e si fa ancora fortissima per il concorrere appunto della metafora teatrale, già visibile fin dalle facciate esterne, popolate da teorie di statue di santi, emblemi, allegorie, costruzioni simboliche del complicatissimo significato per noi a tre secoli di distanza, ma che allora erano abbastanza espliciti per ogni persona colta. Di essa è leggibile il significato in un fondamentale testo di allora, riscoperto non troppo tempo fa, l'Iconologia di Cesare Ripa, che fece da base per generazioni di artisti nella concezione di queste enigmatiche figure.
Ma dove l'arte barocca celebra i suoi più pieni trionfi è all'interno delle chiese, dove l'occhio dello spettatore scorre dapprima per ogni dove, dalle dorature agli stucchi, dai drappi di stoffa a quelli finti in marmo o in legno ad imitazione della stoffa, dalle pitture e sculture sul tamburo della cupola che risucchiano lo sguardo verso la luce celata e diffusa che sgorga dal lanternine al sommo, alle teorie di santi e sante che conducono in corteo verso il cuore drammatico della rappresentazione ecclesiale, verso l'altare, il baldacchino, la gloria dell'abside, il tabernacolo e l'ostensorio, la pala d'altare su tela o in bassorilievo che costituisce la conclusione ultima di questo percorso teatrale in tante occasioni. Ma questa è solo la vicenda principale che si può osservare in molte chiese, nelle quali sono leggibili peraltro molti altri “percorsi” laterali, che conducono alle cappelle, ai sacelli, ai santuarietti particolari per storia, devozione, portenti miracolosi operati, un proliferare di spazi, ambienti, luoghi sacri che testimoniano anche di una ben diversa mentalità rispetto a quella di poco precedente, dell'età controriformistica. Ora la Chiesa non è più pressata dall'emergenza dell'eresia e del Turco, non è più per così dire raccolta in difesa: la Chiesa militante può mostrarsi anche e soprattutto come trionfante, esaltare la Fede e la Religione, essere esaltata nella gloria degli aspetti sensibili che sempre alludono a quelli soprasensibili, si direbbe quasi gioire e far gioire nell'opulenza dei materiali e delle forme.
Chi non capisce questo aspetto della religiosità barocca (e sono stati tantissimi, fino a non molto tempo fa), scambiandola per eccessivo fasto, pesantezza, magniloquenza retorica intesa negativamente, si condanna a non capire nulla di tanta parte della civiltà del momento e in particolare di un momento essenziale dell'immagine di Roma che ancora oggi a noi risulta dominante, tanto più contrapponendolo arbitrariamente ad un Medioevo povero e “spirituale”, un'immagine falsa e fuorviante, che a suo modo si trattava anche allora di un'arte splendida e ricca.
Troppo spesso si suppone una sorta di identità tra Seicento e Barocco che alla verifica dei fatti non sussiste, e nel mostrare la gran parte delle chiese di Roma sorte e ricostruite nel XVII secolo, questo punto merita di essere approfondito. Per Barocco comunemente si intende uno stile che sfrutta tutte le possibilità sorgenti dalla combinazione di forme tra lo spazio tendente all'infinito e il movimento, più o meno forte che esso sia; le applicazioni di questi concetti sono diverse a seconda che ci si riferisca alla scultura, alla pittura o all'architettura. Cerchiamo qui ora di vedere questi diversi ambiti in rapporto alle chiese del XVII secolo romano. La scultura, di cui il massimo esponente è certo il Bernini, in realtà non è affatto radicalmente innovativa, perché si basa soprattutto sugli esempi di quella antica di stile ellenistico e sulla continuazione della scultura manieristica toscana del tardo Cinquecento, basata sul principio della “figura serpentinata”, composta in modo da non presentare un punto di vista privilegiato, bensì tale da essere leggibile ovunque, a 360°, concezione dinamica quindi e non statica. Nella pittura invece la vera innovazione barocca si ha a partire dal 1620 -1630 circa, quando nascono i primi grandi complessi affrescati a “sfondato”, che danno l'impressione illusionistica di dilatare lo spazio pittorico al di là dei suoi limiti, senza più esser contenuto dai margini della cornice, della parete, e in questo senso la pittura barocca (di cui il massimo esponente potrebbe essere Pietro da Cortona) è solo una delle tre grandi correnti pittoriche del Seicento a Roma, insieme al naturalismo caravaggesco e al classicismo dei Carracci e di Guido Reni. In architettura discorso ancora diverso, perché accanto all'apice della concezione barocca, costituito dal personalissimo stile del Borromini, che per certi versi riprende alcune delle intuizioni più tarde e geniali di Michelangelo (e che non darà frutti immediati, semmai la sua lezione sarà più ascoltata nel corso del Settecento), c'è l'operato del Bernini ancora una volta, che non sempre e non solo può essere definito Barocco. In diverse situazioni il Bernini sembra ispirarsi più che altro alle forme di un cinquecentismo maturo, sostanzialmente di pieno classicismo, senza quindi tendere a quelle che noi consideriamo strettamente “barocche” e che allora suscitavano ampio dibattito e schieramenti favorevoli e contrari. Il fatto è che gli artisti dell'epoca sentivano invece strettamente la continuità con le esperienze del classicismo rinascimentale e ritenevano, molto di più di quanto non sembri a noi oggi, di muoversi nel suo ambito e di esplorare semplicemente le possibilità latenti negli esempi dell'architettura precedente, come di quella romana classica, e da queste osservazioni si dovrebbe capire quindi come non debba parlarsi di un Seicento “monolitico” nell'applicazione dello stile barocco. Abbiamo invece una larga, larghissima varietà di tendenze, più o meno avvicinabili a questa o quella caratteristica che a noi piace considerare “barocca”, e che costituiscono a tutt'oggi la parte prevalente dell'arte e dell'ambiente cittadino del periodo, ancor adesso elemento essenziale dell'immagine dell'Urbe.
Le chiese dell'età barocca sono distribuite, nella loro grande quantità, più o meno uniformemente in tutti i quartieri di Roma; ma dove si tratta di chiese costruite per lo più ex novo, è nel quartiere detto appunto barocco, la zona del “tridente” (Corso, Babuino, Pipetta), i rioni di Campo Marzio, Colonna e Trevi, là dove l'ambiente di case e palazzi anch'essi per lo più sei-settecenteschi incornicia le costruzioni religiose dello stesso periodo costituendo un insieme compatto e sempre di grande bellezza. Ma un ipotetico visitatore ed esploratore del Barocco romano dovrebbe dedicare tanta parte della propria attenzione anche alle chiese, maggiori e minori, situate, magari in maniera meno appariscente, nei quartieri medioevali di Trastevere o di Regola. E comunque quasi ogni chiesa sorta nei tredici secoli precedenti mostrerà al visitatore il fascino di una qualche testimonianza secentesca.

da Le Chiese Barocche di Roma di F. Gizzi - Newton Compton Editori 1994