Chiesa di San Biagio de Cantu secuta
Questa chiesa antichissima è chiamata dal popolo s. Biagio
della pagnotta, per le ragioni che si riportano qui appresso. È
situata nel fondo della via Giulia presso il palazzo Sacchetti.
Lo strano vocabolo de cantu secuta dette occasione agli eruditi
del secolo trascorso di farvi sopra le più strane istorie.
Nè è mancato chi vi abbia riconosciuta la corruttela
delle parole schola cantorum, supponendo che colà avesse
risieduto uno di questi collegi di cantori. Ma il chiaro prof. Corvisieri
ha dimostrato che la vera e genuina lezione di questo vocabolo è
caput seccutae, poichè nel secolo XIII si chiamava dal popolo
la seccuta tutta la sponde del Tevere ove oggi corre la via Giulia,
e dove il fiume deposita, a preferenza d' ogni altro tratto del
tronco urbano, un eccezionale relitto sabbioso: infatti anche oggi
una stradella sul principio del via Giulia vien detta via del polverone:
il principio della seccuta si diceva adunque, caput, capo della
seccuta: e di qui la denominazione della chiesa che là appunto
si trovava. Meno strana fu la ipotesi proposta dal Cancellieri che
vi trovò in quella parola le voci guaste dal popolo secus
cantum, cioè lungo la via. Ma il caput seccuae in bocca al
popolo e nella penna dei trascrittori del medio evo divenne gastru
secuta, gatta secuta, cantu securo, clatro secura, cantu secuta,
monte secuto ecc. Così in un libro censuale della basilica
vaticana in una nota all' anno 1380 ho trovato: Domina Perna de
parrochia s. Blasii in cantu secuto. Il Garampi pubblicò
una bolla d' Innocenzo II dell' anno 1143, in cui si nominano alcuni
fondi di Giovanni Bobo confinanti con quelli di s. Maria in Iulia,
e di s. bia a gatta secuta, situati fuori di porta s. Pietro.
La chiesa è antica, poichè la troviamo nei vetusti
cataloghi del medio evo più volte ricordata: era congiunta
alla medesima una delle prime abbazie di Roma. Si dice ora s. Biagio
della pagnotta, dai piccoli pani benedetti che nel giorno della
festa del s. titolare al 3 di gennaio si distribuisce ancora al
popolo, come s' usa anche in altre chiese, per es. a s. Niccolò
in carcere e a s. Rocco: questo pane ricorda le antiche eulogie
eucaristiche, cioè i pani benedetti sostituiti all' eucaristia,
che si dispensavano a quei fedeli che non s' accostavano durante
il sacrificio alla s. comunione, quasi come imagine di questa, quando
cominciò a scemare la divozione del popolo cristiano.
L' Albertini, il Marliano ed altri affermano che ivi sorgeva anticamente
un tempio di Nettuno; opinione però che non so su quali ragioni
s' appoggi.
la relazione sullo stato temporale delle chiese di Roma chiesa è
nell' archivio vaticano, così trovo descritta questa chiesa
nella seconda metà del secolo XVII:
"Da chi fosse fondata non si sa, ma si sa essere una delle
chiese antichissime di Roma e che fusse il tempio di Nettuno. La
chiesa è lunga palmi di passetto n. 60 larga 41 alta 44.
Non antica organo: il campanile è di struttura antica con
due campane, una assai grande. Nell' altare della Madonna fu fondata
la congregazione del suffragio l' anno 1618 incirca. Ha 5 sepolture;
ha il cimitero vicino alla sacrestia circondato di muro con una
croce grande di legno et altre piccole di ferro. Ha annessa la cura
delle anime, il curato è nominato dal R. Capitolo di s. Pietro
alla cui basilica la chiesa fu unita da Gregorio IV l' anno 1431
incirca. Ha case e famiglie 298, anime d' ogni sorta 1533, carcerati
circa 200 l' entrata del curato è scudi 221."
Rimase annessa all' abbazia fino al secolo XV; ma, mancati i monaci,
fu ridotta a commenda: nel 1539 il card. commendatario Gustavo Cesarini
la rinunziò a favore del capitolo vaticano, essendo questo
cardinale allora arciprete del suddetto capitolo, e divenne così
parrocchia. Vi si conservava la reliquia della gola di s. Biagio,
che fu trasferita in s. Pietro sotto Eugenio IV. Niccolò
V la eresse di nuovo in commenda a favore del card. Isidoro vescovo
de' Ruteni e così rimase fino al secolo XVI, in cui fu di
nuovo unita al capitolo vaticano che la ritenne fino al 1836. In
quell' anno il papa gr16 vi traslocò gli armeni che dimoravano
presso s. Maria Egiziaca, i quali uffiziano la chiesa secondo il
loro rito nazionale.
La strada in cui sorge la chiesa diceasi già via Florida,
poi Magistralis, finalmente da Giulio II fu detta Giulia. La odierna
facciata della chiesa è opera di Gio. Antonio Versetti, e
gli angeli che si veggono dipinti nell' interno in atto di adorare
il sacramento sono di Pietro da Cortona mentre era ancora giovanetto.
Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture
esposte in Roma di Filippo Titi
stampato da Marco Pagliarini in Roma 1763
Chiesa di San Biagio della Pagnotta o degli Armeni
In via Giulia.
Fa edificata nel 1526, dalla Compagnia dei Senesi, che si raccoglievano
nella chiesa detta di S. Nicola in furcis. Ma nel 1760 fu abbattuta
e riedificata dalle fondamenta con architettura di Paolo Posi.
Interno. - Gli affreschi della volta sono di Ermenegildo Costantini e le decorazioni in monocromo di Battista Marchetti. Nelle pareti laterali, sono diversi tondi che rappresentano scene della vita di S. Caterina: i due primi, a sinistra sono del Lapis, gli altri due di Pietro Angeletti, l'ultimo di Stefano Parocel. Quelli a destra sono del Conca e d'Ignazio Morla. A destra: 1. Cappella: quadro a olio di Salvatore Monofilio scolaro del Conca. - 2. Quadro a olio del Lapiccola. - Altar maggiore: Matrimonio di Santa Caterina di Gaetano Lapis. Nell'abside: S. Caterina che riconduce a Roma Urbano V, dalla sede d'Avignone, affresco del Pecheux. A sinistra: 1. Cappella: sepolcro di Paolo Pesi, eseguito nel 1778 dal suo scolare Giuseppe Palazzi. Quadro a olio di Domenico Corvi da Viterbo. - 2. Quadro a olio di Sebastiano Conca. Diego Angeli - Le Chiese di Roma - Guida Storica e Artistica delle Basiliche, Chiese e Oratori della Città di Roma