Piazza della Repubblica, Roma, Italia
Orario
Tutti i giorni dalle 7.00 alle 18.30 Domenica e festivi dalle 7.00 alle 19.30
Orario Messe: Feriali: 8.00-12.30-18.00 Festivi: 8.00-9.00 (inverno)-10.30-12.00 (coro e organo)-18.00 (organo)-19.00 (in spagnolo) Prefestivi e Vigilia: 18.00 (organo)
Periodo Rinascimento
Le vastissime Terme di Diocleziano rimasero,
come tutte le altre, dal tempo, e dalla barbarie guaste, ma la loro
stessa vastità ne fece rimanere in piedi una parte in quà,
e in là, che rispetto al tutto furon piccola cosa, ma considerate
per se, ciascuna di esse rendeva maraviglia, e faceva fede dell'
antica Romana magnificenza. Una di queste parti fu ridotta a granai
d' una prodigiosa estensione, che rimangono dirimpetto al convento
della Vittoria. Dipoi un' altra parte attaccata al giard del principe
Strozzi al tempo di Clemente XI col disegno di Carlo Fontana fu
ridotta parimente allo stesso uso. Un' altra serve di chiesa ai
monaci riformati di san Bernardo. Per ridur la parte maggiore a
questo uso sacro, Pio IV ne incaricò il Bonarroti, che col
suo grandissimo ingegno ridusse il maggior cavo, e più saldo
di queste rovine, a una delle più maestose, e proporzionate
chiese, e insieme più regolari, che sia in Roma. Questo grand'
uomo, che nell' architettura non ha avuto avanti di se chi sia stato
più eccellente, e dopo di se nessuno, che l' abbia agguagliato,
trovò tra questi avanzi rovinosi una gran sala, o tribuna,
o basilica, che dir vogliamo, fatta in volta, retta sopra otto colonne
di granito Orientale, le maggiori, che si sien vedute. Era questa
tribuna di forma quadrilatera, o bislunga proporzionatamente, e
questo otto colonne erano quattro da una parte, e quattro dall'
altra accostate al muro, ma in isola, ed equidistanti tra loro.
Tra l' una, e l' altra colonna rimanevano sei archi smisurati, due
nelle due estremità, e due nel mezzo, i quali trapassavano
altrove, come si dirà. Sotto i detti archi estremi erano
quattro cavità, come se fossero quattro gran cappelle, al
qual comodo si potevano facilmente ridurre, e sarebbero state come
tante competenti chiesette. Due simili cavità erano nell'
ingresso, e nel fondo, o vogliam dire ne' lati più corti
del detto quadrilatero. Per tanto il Bonarruoti in una di queste
aperse una sontuosa porta, ricca di travertini, architettati sul
buon gusto Greco; la qual porta guardava verso villa Negoni, e per
la quale s' entrava in chiesa alla pari, e ad essa serviva di ricetto
interno quella gran cavità descritta di sopra. Nella cavità
poi, che le rimaneva dirimpetto, cioè sull' altra estremità
stretta del quadrilatero, costituì l' altare principale,
lasciando l' altre davità rozze per ridurle a cappelle quando
che fosse. E perchè gli spazj tra le quattro colonne erano
sei per parte, e i vano suddetti per le cappelle, come si è
accennato, eran quattro, i due spazj di mezzo erano aperti, come
sono anche al presente, e mettono ancora, l'uno, che è a
mano dritta, in un pezzo di larghissimo corridore, dove è
un piccolo altare della Madonna: l' altro a sinistra, e che rimane
a dirimpetto, mette in una stanza rotonda grande uguale alla chiesa
di s. Bernardo, dove sono alcune cappellette co' suoi altari, e
dove alla dirittura appunto dell' altare della Madonna è
una porticella laterale, per cui s' entra in chiesa, ma con iscendere
cinque, o sei gradini. Questa porticella rimanendo più a
portata dell' abitato (e perciò trovandosi prima della porta
grande, per arrivare alla quale bisognava fare un gran firo, stante
la vastità del tempio) era la più frequentemente usata
dalla gente, e stave sempre aperta, dove che l' altra si apriva
solo nelle funzioni solenni.
In questo stato di cose fu pensato nell' anno 1749 di aggiungere
a questa chiesa una cappella al beato Niccolò Albergati Certosino.
Si poteva per far ciò prevalersi d'uno de' quattro suddetti
vani lasciati rozzi da Michelangiolo, ma fu risoluto piuttosto di
murare la porta grande, e principale, per cui s' entrava in chiesa
in piano, e lavare i conci di travertino, e quivi piantar l' altare
del beato Niccolò, e quella gran cavità, che serviva
d' ingresso alla chiesa, ridurla a cappella. Con quest' occasione
furono murate le quattro gran cavità, che erano tra le colonne,
e che erano state destinate dal Bonarroti per cappelle, sicchè
rimasero fuori della chiesa, e fu dato loro l' ingresso per altra
parte, e destinate ad altro uso, e a tutto la chiesa fu fatto prendere
altra faccia, e la porticella laterale rimasa unica, divenne la
porta principale, e il principale altare divenne quello della Madonna,
che era prima il più piccolo e più meschino, e l'altare
e cappella di s. Brunone, che pel disegno di Michelangiolo era stato
fino allora l'altar maggiore, divenne laterale, e il corpo tutto
della chiesa è divenuto la crociata. E perchè questa
crociata è adorna, come si è detto, delle otto gran
colonne di granito, fu stimato bene aggiungere le colonne eguali,
ma di mattoni, al nuovo corpo della chiesa, dando loro una bella
vernice, sicchè compariscano di granito come l' altre. Ma
tuttavia rimanendo troppo patente la differenza, fu pensato di dar
la vernice anche a quelle di granito, sicchè ora accompagnano,
e pajono tutte dello stesso materiale. E perchè i nuovi muri,
che chiudevano le nominate cavità, non rimanessero nudi,
per renderli in qualche modo ornati, ad ognuno di essi sono state
appese due tavole dipinte per collocare su li altari della basilica
Vaticana, o messe già, o che si dovevan mettere in mosaico.
Venendo dunque a descrivere le pitture, e gli altri ornati di questa
chiesa secondo lo stato, in cui è ridotta al presente; dico,
che scesi parecchi scalini si trova a man dritta della porta il
deposito di Carlo Maratti col suo busto scolpito in marmo da Francesco
Maratta.
Appresso ne viene la cappella del Crocifisso con s. Girolamo; ed
è d' un allievo di Daniel da Volterra, come dice Gaspero
Celi, in cui le pitture a fresco son di Giacomo Rocca. Dopo é
il deposito di Francesco Alciato. Segue un altare, ove è
dipinto un s. Brunone vestito di bianco.
Nella terza cappella de' sigg. Litta è una Madonna con s.
Raimondo, e s. Giacinto, opera del cav. Baglioni, che anche dipinse
a fresco nella volta il Padre eterno. S. Cecilia, e s. Valeriano
sono del medesimo Baglioni, come il s. Francesco dall' altra parte.
Entrando ora nella vastissima, e già principale navata, e
voltandosi a man destra si veggono appesi sul muro, che chiude la
prima gran cappella, ridotta ora a fenile, due gran quadri, il primo
rappresenta la crocifissione di s. Pietro, opera del sig. Niccolò
Ricciolini, non terminato, benchè l' autore sia vivente;
e l' altro è una copia di quello del Vanni, ch'è in
s. Pietro, e rappresenta la caduta di Simon mago, copiato da M.
Tremolier Francese.
Nè viene il nuovo gran cappellone costruito nel ricetto suddetto,
il cui quadro è d' Ercole Graziani Bolognese, che vi rappresentò
il B. Niccolò Albergati. Questa cappella è da ambi
i lati ornata d' alcuni pezzi di cartoni del Trevisani, fatti pe'
mosaici della cupola posta avanti al battisterio in s. Pietro; e
nella volta son pitture di Antonio Bicchierai, e di Gio: Mezzetti.
Sul muro moderno, che chiude la gran cappella che sarebbe stata
la prima a man destra, secondo il pensiero del Bonarroti, sono pure
stati appesi due gran quadri, l' uno è copia di quello, che
fece il Baglioni per la basilica Vaticana, e vi è espressa
la resurrezione di Tabita, copiato da un Napoletano, o Beneventano
a tempo di Benedetto XIII, l' altro è originale del Muziano
fatto per la medesima basilica, che fu levato via per mettervi il
mosaico ricavato dalla tavola del Domenichino, ch' è in s.
Girolamo della Carità. Questo quadro del Muziano
Voltando poi sulla destra verso l' altarino della Madonna, divenuto
adesso l' altar principale, si trova una cappelletta con pitture
di poco conto; ma fuori di essa sono state incastrate due grandi,
ed eccellenti tavole estratte da s. Pietro, dove sono rimase le
copie di mosaico. La prima è la Presentazione al tempio,
dipinta in tela dal Romanelli, di cui abbiamo la stampa di Cristofano
Lederbasck; la seconda fu colorita sul muro dal Domenichino, e rappresenta
il martirio di s. Sebastiano, traportata quì intera, e intatta
da Niccolò Zabaglia con mirabile artifizio, avendo fatto
segare il muro senza scompaginare l' ornato de' marmi, da' quali
era tutta circondata. È stata più volte intagliata
in rame, e ultimamente dal Frey.
Sull' altar maggiore è un quadretto con una divota immagine
della ss. Vergine, e le sculture di marmo, che la circondano sono
di Bernardino Lodovisi. Le due memorie, una di Pio IV e l' altra
del card. Sorbelloni, poe di quà, e di là dall' altare,
si dicono disegno dal Bonarroti. Ritornando verso la porta, sulla
muraglia sono incastrate altre tavole tratte dalla basilica Vaticana,
come quelle, che sono a queste dirimpetto. La prima è il
battesimo di Gesù Cristo, originale di Carlo Maratta, sotto
il quale da una ferrata si vede la cappella Cibo, dove è
una tavola del sig. Michelangiolo Ricciolini. La seconda tavola
è del Pomarancio, e rappresenta la morte d' Anania, e Safira,
e i mosaici d' ambedue sono in s. Pietro. Seuge una cappellina,
le cui pitture son di Arrigo Fiammingo, e di Giulio Piacentino.
Rientando nella navata, ch'era la principale, il primo quadro appeso
al muro è di Pietro Bianchi, fatto per la cappella del coro
di san Pietro.
Appresso ne vien la gran cappella di s. Brunone, in fondo alla navata,
disegno di Carlo Maratta, e su l' altare, che fu per l' avanti il
maggiore, e primario, è una tavola di Gio. Odazzi. Gli Evangelisti
nella volta son del Procaccini, e l'architetture son pitture del
Belletti.
Fuori di essa cappella appese alla parete sono due tavole fatte
parimente per s. Pietro, una è del signor Pompeo Battoni,
e una di M. Subleras, che rappresenta s. Basilio, che celebra la
messa, e l' Imperator Costanzo, che vien meno, e questa è
ridotta in mosaico.
Voltando verso la porta, s' incontra il deposito di Paolo Parisio,
e una cappella, la cui tavola rappresenta Gesù Cristo in
forma d' ortolano comparito alla Maddalena, d' Arrigo Fiammingo.
Dopo è il sepolcro di Salvator Rotonda col suo busto di marmo,
scuola di Bernardin Fioriti.
I cartoni sparsi per questa chiesa furono fatti per li mosaici di
s. Pietro. Quelli che sono ne' cappelloni, furono dipinti dal Trevisani,
ajutato da un suo allievo. Quelli, che sono tra le finestre, sono
del sig. Niccolò Ricciolini.
Le pitture delle volte de' tre grandi altari sono del sig. Antonio
Bicchierai, e molto commendabili.
Notabile è sopra tutto in questo vasto tempio la linea meridiana
tirata sul pavimento di essa con una somma esatezza dal dottissim,
e piissimo monsig. Francesco Bianchini, l più celebre, e
più sicura, che si in Italia, e forse altrove, per esser
posta sopra un piano cotanto stabile, quale è questa fabbrica,
ch' è una delle più vaste, e chiesa avea bisogno più
dell' altre di stabili fondamenti, e innalzata dagl' Imperatori
Romani, che muravano anche le piccole cose per l' eternità;
oltre l' esser questa linea disegnata sopra una larga, e grossa
lastra di bronzo racchiusa strettamente tra due ampie strisce di
marmi, su' quali sono disegnati con pietre di più colori
i segni dello zodiaco collocati a' suoi debiti luoghi. Da essa non
solo vien indicato il punto peciso del mezzodì, ma anche
il moto del punto polare.