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Chiesa di Santo Stefano Rotondo

Chiesa di Santo Stefano Rotondo
Chiesa di Santo Stefano Rotondo

Via di Santo Stefano Rotondo, 7, 00184 Roma, Italia

Orario
Inverno: Mar-sab 9.30-12.30 / 14.00-17.00 Dom 9.30-12.30 Chiuso lunedì
Estate: Mar-sab ore 9.30-12.30 / 15.00-18.00 Dom 9.30-12.30 Chiuso lunedì

Poco distante è un tempio antico di forma rotonda, che da Simplicio I l'anno 467 fu dedicato a Stefano Protomartire, e da Niccolò V ristorato, per esser quasi del tutto rovinato. Oggi è titolo di Cardinale, e ne ha cura il collegio germanico; e nel mezzo vi si vede un ciborio grande assai, e maraviglioso, e antico fatto con buona architettura.

La strage degl'Innocenti, e la Madonna con li sette dolori, nelle due facciate dell'altar maggiore, sono di mano d'Antonio Tempesta. Diverse istorie, e martiri di vari Santi furono con buona pratica condotti da Niccolò Pomarancio, e le prospettive, e i paesi sono di Matteo da Siena, in questo genere valent' uomo. Queste istorie sono 32, e furono intagliate in rame, o stampate da Bartolommeo Grassi con le spiegazioni di Giulio Roscio da Orte. Si regge questo tempio sopra due ordini di colonne Corintie massicce, poste in due giri concentrici. Nel giro esteriore sono 32, e nell'interiore 20.

Sorse sul Monte Celio ove era il Macello Neroniano, durante il pontificato di Papa Simplicio (468-472) e non è punto, come fu un tempo creduto, un antico edificio pagano ridotto all'uso cristiano. Esempio di influenza architettonica bizantina, si presenta come una rotonda con due giri concentrici di colonne, con volta centrale e con arcate poggiate su pulvini nel giro esterno delle colonne. I capitelli sono di rozza fattura, alcuni soltanto abbozzati, indizio dell'uso invalso di terminare la decorazione quando i pezzi architettonici erano in posto.

L'edificio fu restaurato da Giovanni I nel 523 e nel 530 da Felice IV. Nel 648 papa Teodoro vi trasportò il corpo dei martiri Primo e Feliciano e chiuse la porta esistente per sostituirvi una piccola abside. Adriano I nel 772 costruì la muraglia centrale sorretta da colonne e pilastri. Nel 1140 Innocenzo II aggiunse il pronao alla nuova porta e nel 1450

papa Nicola V la trasformò come oggi si vede, murando gli intercolonni del giro esterno di colonne. La arricchì egli allora con decorazioni musive, porfidi, serpentini, foghami di madreperla, grappoli d'uva, tarsie ed altre gentilezze, che vide nel 1450 Giovanni Rucellai.

Le chiese di Roma - Touring Club Italiano - 1910

Chiesa del rione I., Monti de'PP. Gesuiti. Sulla vetta del Celio (così detto da Celio Vibenna, che dopo esser venuto co' toscani in soccorso di Romolo qui si fermò ad abitare) è posta la chiesa di cui trattiamo. Dal nome del monte, essa fu prima chiamata s. Stefano al Celio, e poscia , dalla sua forma circolare si disse s. Stefano Rotondo. Il Biondo , il Fulvio, il Marliani, il Vasano, e Lucio Fauno (seguendo forse Martin Polono) scrissero, che essa in antichi tempi fosse un tempio del dio Fauno; ma l'Ugonio rigetta questa opinione e la mostra erronea. Aggiunge poi l'autore stesso, che Anastasio Bibliotecario narra, che la chiesa in quistione fu dedicata da papa Simplicio da Tivoli, che fu nel 468; ecco le parole del Bibliotecario nella vita di quel pontefice: Hic (Simplicius) dedicavit Basilicam sancti Stephani in urbe Roma, in monte Coelio. Da ciò l'Ugonio prende argomento per dire, che se Simplicio dedicò la chiesa è certo ch'essa già esisteva, e che però dovette essere un tempio de'gentili (non mai dedicato A Fauno) da quel papa voltato al culto cristiano. Questa opinione peraltro viene ribattuta da molti, che provano, l'edifizio non essere di costruzione tale da potersi ascrivere ai tempi degli antichi romani, ma sì all'epoca de' primi cristiani. Checché ne sia di ciò, certo è che dopo Simplicio, circa 30 anni, si ha memoria che questo sacro tempio fosse uno de' titoli di Roma, poiché nel Concilio di Simmaco si trova un Marcello, prete del titolo di s. Stefano al Monte Celio.

II pontefice Teodoro, di nazione greco, che fu nel 640, in questa chiesa ripose i corpi de' santi martiri, Primo e Feliciano, levandoli dall'arenario della via Nomentana. Sembra che a' tempi del Biondo il tempio di s. Stefano conservasse molti vestigi della sua antica bellezza, ch'or più non sono; perché egli così ne parla: La chiesa di s. Stefano rotondo, che ha il cognome dello stesso monte Celio, ed al presente è senza tetto, giudichiamo per le colonne di marmo, e per le incrostature dei muri di marmi di diversi colori , e per i lavori di musaico , sia stata tra le principali chiese della città ornatissima. Ed i musaici di cui qui parla il Biondo, furono fatti eseguire da Giovanni I., e da Felice IV., nel secolo VI., ed all'epoca dell'Ugonio ancor se ne vedeva una porzione, ma in pessimo stato, dietro l'altare in una piccola tribuna.

Abbiamo veduto che ai giorni del Biondo la chiesa era in ruina, ad onta de' ristauri in essa fatti nel 773 da Adriano I.; per la qual cosa Niccolò V. la riparò dai fondamenti, come fu scritto sulla porta, cioè: Ecclesìam hanc prothomartyris Stephani dia ante collapsam, Nicolaus V. Pontifex maximus de integro restauravit anno 1453. In seguito venne anche racconciata da Innocenzo VIII. nel 1488: quindi Gregorio XIII. la tolse ad alcuni frati dalmatini ed ungheri che la possedevano, e diedela ai PP. Gesuiti, direttori del collegio germanico, i quali tutt'ora l'hanno in proprietà e con gran cura la tengono.

Entrando in questo tempio si prova un non so che di maraviglia al solo vederlo: la sua forma è rotonda con una nave circolare sorretta da 58 colonne di granito, e sei di marmo bianco, tutte d'ordini differenti. Essa aveva anticamente un altro portico più vasto all'intorno sostenuto pure da colonne, ma Niccolò V. restrinse il suo circuito, ed il primo ordine di colonne, che rimaneva più in fuori, chiuse nel muro, in modo però che alcune ancora se ne veggono scoperte. Le due colonne dimezzo che sostengono la cupola sono d'ordine corintio: il diametro della chiesa è di piedi 198.

Nelle pareti della nave circolare sono rappresentate a fresco le storie dei santi martiri, cominciando dagl'Innocenti. Queste pitture vennero condotte da Niccolò Pomaranci, il quale in tale opera mostrò veramente poca diligenza, ma fecevi uso però di gagliarde espressioni e di vivaci colori. I paesi e le prospettive furono eseguite da Matteo da Siena: tutte le storie nominate sono in numero di 32, e vennero incise in rame dal Cavalieri. Antonio Tempesta colorì il martirio de' ss. Primo e Feliciano nella cappella a loro sacra, e dipinse ancora per di fuori di essa la strage degl'Innocenti e la Vergine addolorala. Il quadro della Santissima Annunziata è un'opera del P. Pozzi Gesuita. L'artificioso tabernacolo che si osserva nel mezzo della chiesa sotto la cupola, fu lavorato con bizzarro disegno da un fornajo svedese, che ne volle fare un dono al collegio germanico.

Fu già presso questa chiesa una forte contesa per la elezione del nuovo papa, dopo la morte di Giovanni V. nel 686; perché il popolo essendosi diviso dall'esercito dell'Esarca, questo faceva tumulto in s. Stefano, e quello erasi ritirato in s. Giovanni Laterano: finalmente le parti fra loro si composero e venne eletto Conone di Tracia. Presso la chiesa stessa ebbevi anticamente un monistero detto di s. Erasmo, di cui ancora sussistono alcuni vestigi ivi presso.

Roma nell'anno MDCCCXXXVIII - Antonio Nibby 1839

FOTO della CHIESA di SANTO STEFANO ROTONDO