Tesori di Roma: foto di Roma gratis

Chiesa di San Giorgio in Velabro

Chiesa di San Giorgio in Velabro
Chiesa di San Giorgio in Velabro

Dobbiamo a questa antica diaconia il ricordo dell' arcaica denominazione della contrada in cui trovasi la chiesa, cioè del Velabrum, onde si disse Velia l' angolo sporgente del Palatino verso questa contrada. Insegna Dionigi d' Alicarnasso che il nome proviene da un' antica voce italica indicante luogo palustre, come abbiamo nella radice Vel-inus, Vel-itrae ecc.
Le origini della diaconia sono assai anteriori al secolo VI; s. Gregorio il Grande la pose fra le diaconie cardinalizie, ordinando ai monaci che la possedevano di restaurarla e celebrarvi i divini uffizî. Leone III, dopo avere con nuovi restauri dato miglior forma alla chiesa, unì al culto di s. Giorgio quello di s. Sebastiano. Il papa s. Zaccaria riedificò quasi dai fondamenti la chiesa che era tornata in ruina; Gregorio IV ne ornò l' abside di musaici ed aggiunse due portici alla medesima. Bonifacio VIII nel 1295 la concesse in titolo al cardinal Giacomo Gaetano Stefaneschi, il quale ordinò a Giotto che ne dipingesse la conca dell' abside.
La pittura giottesca dell'abside è stata da mani inesperte così goffamente ritocca, che nella più conserva della prima preziosa mano. L'eponimo della diaconia è il Giorgio di Cappadocia, soldato e martire dell' epoca di Diocleziano, personaggio intorno al quale si è formata una vera letteratura e leggenda cristiana, e il cui nome venne nell' epoca delle cavallerie e delle crocincominciate accoppiato a quello di Maurizio e di Sebastiano. Ai tempi di s. Gregorio la chiesa diceasi pure ad sedem, benchè sia oscura la ragione di questa seconda denominazione. Nel secolo XVI diceasi s. Giorgio alla Fonte. Nel secolo V, come appare da alcune iscrizioni di quell' epoca, la nostra diaconia per antonomasis dicevasi de Belabru, soppresso il nome del titolo; così in un' epigrafe dell' anno 482 si ricorda un Augustus lector de Belabru. L' edificio mantiene ancora il suo tipo primitivo basilicale, la cui nave maggiore è sostenuta da sedici delle, parte marmoree, parte di granito. Presso la chiesa si vede un tratto della celebre cloaca romana, opera dei Tarquini, le cui acque diconsi dal volgo la Marrana di s. Giorgio; questa ebbe nei secoli trascorsi un ufficiale deputato alla sua custodia: trovo infatti nell' archivio de' Brevi sotto Clemente VIII una conferma nell' ufficio della marrana di di mosaici oggi scomparsi. Nel 1295 Bonifacio VIII (Caetani) ne fece titolare il cardinale Giacomo Stefaneschi che invitÚ Giotto a dipingerne l'abside e l'adornÚ di nuove decorazioni. Nel 1705 il cardinale Imperiali fece rifare il soffitto. Finalmente nel 1819 Pio VII (Braschi) concesse la chiesa alla Pia Unione del Fanciulli, governata da monsignor Satolli, che trovando la chiesa molto malandata, la restaurÚ, conservandole la forma primitiva. Il titolo di Velabro le viene dalla localit‡ paludosa dove fu eretta, detta appunto dai Romani Velabrum (a vehendis ratibus) etimologia che nel medio evo fu arbitrariamente cambiata in vellum aureum. Nel secolo xvi fu anche detta S. Giorgio alla fonte. Portico. - La chiesa Ë preceduta da un portichetto sorretto da 15 colonne sul cui architrave si leggono i seguenti versi che vi furono incisi nel secolo xiii: Stephanus ex Stella, cupiens captare superna Eloquio rarus virtutum lumine clarus Expendens aurum studuit renovare pronaulum. Sumptibus ex propriis tibi fecit, sancte Georgi. Clericus hic cuius prior ecclesiae fuit huius: Hic locus ad velum prenomine dicitur auri. (Stefano della Stella, uomo di rara eloquenza e preclaro per fama di virt˘, desideroso di conseguire il supremo perdono, cercÚ di rinnovare il pronaolo con suo denaro, e a sue spese per te, o San Giorgio, fece questo lavoro. Egli fu priore di questa chiesa, che dal luogo ove sorge fu detta del vello d'oro). Iscrizione importante perchË ci parla di un restauro del secolo xiii e della origine che allora si dava alla parola Velabrum. I pilastri angolari di questo portico sono del secolo vii. Interno. - » a tre navate, divise da 15 colonne di marmo scanalato, di pavonazzetto e granito bigio. Il soffitto fu dipinto da Francesco Avalli. L'altar maggiore Ë una costruzione paleo-cristiana del vii secolo, quando ancora il prete officiava con la faccia rivolta ai fedeli. Nell'abside: affresco del Salvatore fra San Giorgio e San Sebastiano, opera primitivamente attribuita a Giotto che l'avrebbe eseguita nel 1298, ma che l'Hermanin rivendica francamente a Pietro Cavallini. L'affresco Ë molto restaurato. Nella navata di sinistra: frammenti del paliotto e di un recinto presbiteriale, opera bisantina dell'epoca di Leone II (682-83) e di un pluteo tempo di Gregorio IV (827-44). Questa chiesa Ë aperta e officiata nel giorno del santo titolare (3 aprile) e il primo mercoldÏ di quaresima. Per visitarla rivolgersi al custode, a destra del portico. s. Giorgio a Tommaso e Maria de Bovaris.
Leone II (682-683) restaurò questa chiesa e alla medesima aggiunse anche il titolo di s. Sebastiano

Accanto all'arco di Giano Quadrifronte, nella piazzetta della Cloaca Massima. Le origini di questa chiesa antichissima non sono ben note, ma pare che debbano risalire al secolo VI se bene alcuni lo facciano anteriore. In quel secolo, perÚ, S. Gregorio Magno (570) la innalzÚ a diaconia cardinalizia. Nel secolo Successivo Leone II (682-84) la restaurÚ e vi unÏ il culto di S. Sebastiano. Ricaduta in rovina, Gregorio IV (827-49) la restaurÚ dalle fondamenta vi aggiunse il portico e la fece decorare di mosaici oggi scomparsi. Nel 1295 Bonifacio VIII (Caetani) ne fece titolare il cardinale Giacomo Stefaneschi che invitÚ Giotto a dipingerne l'abside e l'adornÚ di nuove decorazioni. Nel 1705 il cardinale Imperiali fece rifare il soffitto. Finalmente nel 1819 Pio VII (Braschi) concesse la chiesa alla Pia Unione del Fanciulli, governata da monsignor Satolli, che trovando la chiesa molto malandata, la restaurÚ, conservandole la forma primitiva. Il titolo di Velabro le viene dalla localit‡ paludosa dove fu eretta, detta appunto dai Romani Velabrum (a vehendis ratibus) etimologia che nel medio evo fu arbitrariamente cambiata in vellum aureum. Nel secolo xvi fu anche detta S. Giorgio alla fonte. Portico. - La chiesa Ë preceduta da un portichetto sorretto da 15 colonne sul cui architrave si leggono i seguenti versi che vi furono incisi nel secolo xiii: Stephanus ex Stella, cupiens captare superna Eloquio rarus virtutum lumine clarus Expendens aurum studuit renovare pronaulum. Sumptibus ex propriis tibi fecit, sancte Georgi. Clericus hic cuius prior ecclesiae fuit huius: Hic locus ad velum prenomine dicitur auri. (Stefano della Stella, uomo di rara eloquenza e preclaro per fama di virt˘, desideroso di conseguire il supremo perdono, cercÚ di rinnovare il pronaolo con suo denaro, e a sue spese per te, o San Giorgio, fece questo lavoro. Egli fu priore di questa chiesa, che dal luogo ove sorge fu detta del vello d'oro). Iscrizione importante perchË ci parla di un restauro del secolo xiii e della origine che allora si dava alla parola Velabrum. I pilastri angolari di questo portico sono del secolo vii. Interno. - » a tre navate, divise da 15 colonne di marmo scanalato, di pavonazzetto e granito bigio. Il soffitto fu dipinto da Francesco Avalli. L'altar maggiore Ë una costruzione paleo-cristiana del vii secolo, quando ancora il prete officiava con la faccia rivolta ai fedeli. Nell'abside: affresco del Salvatore fra San Giorgio e San Sebastiano, opera primitivamente attribuita a Giotto che l'avrebbe eseguita nel 1298, ma che l'Hermanin rivendica francamente a Pietro Cavallini. L'affresco Ë molto restaurato. Nella navata di sinistra: frammenti del paliotto e di un recinto presbiteriale, opera bisantina dell'epoca di Leone II (682-83) e di un pluteo tempo di Gregorio IV (827-44). Questa chiesa Ë aperta e officiata nel giorno del santo titolare (3 aprile) e il primo mercoldÏ di quaresima. Per visitarla rivolgersi al custode, a destra del portico.