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Basilica di San Clemente

Basilica di San Clemente
Basilica di San Clemente

Via Labicana, 95, 00184 - Via di San Giovanni in Laterano, 45

Orario
Giorni feriali ore 9.00-12.30 / 15.00-18.00 Domenica e festivi dalle ore 12.00 alle 18.00
Ultimo ingresso 20 minuti prima

Le origini di questo titolo ecclesiastico si perdono con quelle della predicazione evangelica in Roma nel secolo apostolico. Notissime sono le parole di s. Girolamo nell' opera De viris illustribus, da lui compiuta nel volgere dell' anno 385, in cui si cita dal sommo scrittore la chiesa di s. Clemente come delle più antiche di memoriam nominis eius, cioè di Clemente, usque hodie Romae extructa ecclesia custodit. Lelio Pasqualini vissuto in Roma ai tempi del Baronio e grande raccoglitore di cose antiche, possedeva una lamina di bronzo che era stata appesa al collo d' uno schiavo fuggiasco, sulla quale si leggeva l' epigrafe: tene me quia fugi et reboca me Victori acolito a dominicu Clementis. In questo collare la chiesa è detta non basilica o titulus ma sibbene dominicum, voce usata nella prima metà del secolo IV a denotare la casa del Signore, e che verso la fine di quel secolo era andata già in disuso. Niuna meraviglia poi che un acolito tenesse al suo servizio uno schiavo, perchè è noto che, se presso i cristiani non poteano esservi servi secondo il concetto del diritto romano, pel quale il servo non era una persona, non avente alcun diritto nè su di sè, nè sulle cose sue, nè sulle mogli, nè sui figli, ammettendo essi per la legge evangelica l' eguaglianza di tutti gli uomini innanzi a Dio; tuttavia rimasero per molti secoli in forza della costituzione della società antica coloro che all' esterno figuravano come veri servi. Quindi non solo i semplici fedeli possedevano i servi ai quale s. Paolo ava inculcato la sottomissione ai loro padroni, ma exiandio i preti, i vescovi, le chiese; servi fortunati però, che poteano dirsi piuttosto figli che servi, e che del resto con grandissima facilità si manomettevano.mynote
Questo ci dà ragione della sapientissima economia tenuta dalla Chiesa, che senza rovesciare bruscamente d' un solo colpo le basi della società coll' abolizione violenta della servitù esterna, cominicò coll' abolirla moralmente dichiarando tutti eguali innanzi a Dio, intanto che veniva con questa prima e più nobile emancipazione gradatamente abolendola anche esternamente. Quindi benchè i cristiani, come dicemmo, possedessero servi, essi come tali nel linguaggio religioso non sono mai ricordati nelle lapidi delle catacombe, secondo le parole di Lattanzio: apud nos inter pauperes et divites, servos et dominos interest nihil; nec alia causa est cur nobis invicem fratrum nomen impertiamur quia pares esse nos credimus. Parole sapientissime in cui è nascosta la soluzione del così detto problema sociale; poichè nel medesimo testo l' autore delle Divine Istituzioni avea detto: nemo clarissimus nisi qui opera misericordiae largiter fecerit; nemo pauper nisi qui iustitia indiget.
Dai documenti che abbiamo addotto evidentemente si trae che la basilica di s. Clemente fu ridotta ad uso pubblico di chiesa, dominicum, fino dall' età di Costantino. La tradizione quindi che sia stato uno dei luoghi più antichi delle adunanze cristiane in Roma è ragionevolissima, come probabilissima è la opinione che ivi fosse l' abitazione di Clemente o di altra illustre famiglia cristiana che nel suo seno accoglieva i fedeli per le adunanze religiose. Ma su questo argomento non mi diffondo maggiormente dopo quello che ne ha in più circostanze scritto il chiarissimo De Rossi nelle pagine del suo aureo bullettino d' archeologia cristiana. La maggior parte degli autori e scrittori delle cose antiche di Roma, caddero in grave errore giudicando d' origine così antica la basilica superiore odierna di s. Clemente la quale fu edificata posteriormente al secolo X sulle rovine dell' antica scoperta nel 1857 dal p. Mullooly. Di quella basilica parla adunque Girolamo, ed è presso il suo portico che per tanti anni giacque elemosinando quel beato Servolo di cui scrisse il M. Gregorio, e dove furono deposte le reliquie di Cirillo e Metodio e dei due Clementi.
Quelle pareti udirono pure la condanna dell' eretico Pelagio sotto Zosimo, ed ivi echeggiò l' apostolica parola di s. Gregorio il grande. Sono troppo note le pitture che adornano tuttavia le pareti di quella basilica sotterranea, le umbri date variano dal secolo V all' secolo XI, perchè si debba qui dopo le numerose e dotte publicazioni fattene da molti, tornarne a discorrere diffusamente. Ne riassumo brevemente i soggetti.
Il martiro di s. Caterina d' Alessandria. L' imagine della Vergine entro una nicchia fra le martiri Caterina e Eufemia, presso il quale gruppo è rappresentato il sacrificiò d' Abramo. La scena forse di un concilio, come risulta dal disegno di molte teste, vicino alla quale si vede una bilancia romana col motto stateram auget modium iustum. Figura del Salvatore in atto di benedire. La crocifissione di s. Pietro. S. Cirillo innanzi a Michele III re dei Bulgari. Sant' Antonino martire. Daniele tra i leoni, col nome s. Daniehel. S. Egidio e s. Biagio che estrae una spina dalla gola di un fanciullo. Trasporto di s. Cirillo dal Vaticano. Intronizzazione di s. Clemente fatta da s. Pietro, corteggiato da Lino e Cleto. Conversione di Sisinnio marito di Teodora coll' epigrafe votiva: Ego Beno de Rapizza primo amore Dei et beati Clementis. S. Alessio reduce dalla Palestina che rimane sconosciuto da Eufemiano. La crocifissione. Gesù che va al limbo da cui toglie Adamo levandolo per la mano mentre Eva gli porge le braccia. Miracolo di Cana in cui è scritto Architriclinus. Ascensione del Signore e forse Assunzione della Vergine. Imagine di s. Vito archivescovo di Vienna in Francia. S. Leone IV coll' epigrafe: Sanctissimus Dominus Leo quartus pp. romanus. Miracolo alla tomba di s. Clemente coll' epigrafe votiva: In nomine Domini ego Beno de Rapizza primo amore b. Clementis et primo redemptione animae meae pingere feci; v' è Il Salvatore fra gli arcangeli Michele e Gabriele, cui si presentano due personaggi con un calice ed un cero. Appresso vi sono altre imagini di santi, ecc.
La basilica ora sotterranea conserva ancor la scala primitiva creata per dare accesso alle stanze di una nobile casa romana incorporata a guisa di sacro ipogeo all' abside ed al santuario e posta sotto l' altare. In quelle camere si trovò una statua del pastor buono che si riferisce all' epoca dei secreti convegni dei fedeli nelle private abitazioni. La basilica cristiana scoperta dal ch. p. Mullooly, di cui fa menzione s. Girolamo, cadde sotto le rovine dell' incendio di Roberto Viscardo: molti dei suoi dipinti non sono infatti più antichi del Mille. Abbiamo due dati estremi, dai quali si può raccogliere quando la basilica costantiniana fu sepolta ed edificata la superiore. Nel nartece di quella vha l' iscrizione di un poliandro di famiglia, il cui ultimo defunto è dell' anno 1059; dunque in quell' anno la chiesa era ancora officiata: nella chiesa superiore, nel dorsale della sedia episcopale si legge un' epigrafe del cardinale Anastrasio titolare della medesima, il cui nome comparisce in un diploma d' Onorio II del 1125: stando ai due dati cronologici la costruzione della chiesa superiore sarebbe avvenuta dopo il 1059 e prima della morte del cardinale Anastasio, cioè nei primi decennî del secolo XII. Che la basilica oggi sotterranea sia stata adornata fino al secolo XI, risulta ancora da alcuni degli affreschi scoperti nelle sue pareti. La basilica odierna di s. Clemente è adunque opera del secolo XII; e se quivi vediamo il santuario, gli amboni, la schola cantorum, chiusi da plutei marmorei anteriori al secolo predetto, è perchè quei plutei furono asportati dal primitivo edificio costantiniano. Infatti nascosto nel basamento del pluteo a a lato dell' ambone dell' evangelo si è scoperto un epistilio dell' antico altare con lettere del secolo VI: ALTARE TIBI DEVS SALVO HORMISDA PAPA MERCVRIVS PRESBYTER CVM SOCIIS OF(fert). Ormisda sedette sulla cattedra apostolica dal 514 al 523. Di questo Mercurio prete v' ha un' altra memoria tra i materiali adperati nell' odierna chiesa e che provengono dalla sotterranea. È un capitello, che con il suo vicino corona due colonne del monumento del cardinale Venerio morto nel 1489. Quei due capitelli sono del secolo VI, e sul primo si legge: † MERCVRIVS PB SCE ECclesiae romanae servuS DNI. Questo Mercurio divenne pi papa col nome di Giovanni II nel 5332, come ricavasi da una lapide di s. Pietro in Vincoli. Nei plutei del santuario entro corona di alloro si vedono monogrammi di un nome che è quello appunto di Ioannes cioè del nostro Mercurio. Prima degli adornamenti fattivi circa il 514 il santuario della basilica di s. Clemente ebbe un marmoreo rivestimento dei tempi del papa Siricio (a. 384, 398). Ciò risulta da alcuni frammenti di marmi tagliuzzati in varie parti, ove si legge il nome di Siricio come ristoratore di quella chiesa. Due frantumi di due epigrafi damasiana ivi scoperte che' insegnano che anche quel gran pontefice illustrò il santuario con i suoi carmi, e forse contengono l' elogio di s. Clemente papa cui la basilica era dedicata.
Recentemente fra la via Arenula e la piazza Cenci sono stati ritrovati, tra i materiali di una vecchia fabbrica demolita, questi due frammenti d' iscrizione metrica sepolcrale, incisa con quello studiato tipo di calligrafia quadrata, ch' è proprio e caratteristico dei secoli undecimo e duodecimo:
Il ch. prof. G. Gatti v' ha riconosciuto un insigne monumento relativo alla basilica di Clemente, e delle sue parole medesime io mi giovo per dichiararlo.
"La pietra pparisce essere stata regolarmente segata in lastrine rettangole, per adoperarle a guisa di mattoni nella costruzione ddi muri. Le due ora recuperate spettano alla parte inferiore della lapide; e contengono gli ultimi sette versi del' epitafio, con una sola lacuna di circa otto lettere nel mezzo di ciascuno di essi. Pare che l' eologio sepolcrale si componesse di quattro distici, e che perciò sia perduto il solo primo esametro.
"Reintegrata la parte mancante dell' iscrizione secondo le formole proprie dei carmi sepolcrali cristiani di bassa età, ne risultano i versi seguenti:
. . . . . . . . . . . . . . . .
Hoc Petrus tum(ulo collocata) uditur in Domino. Cepit Anastasii(us que ce)rnis templa Clementis,
Et moriens cura(m detuli)d huic operis.
Que quia finivit p(ost vite f)unera vivit,
Cui dum videba(t subdit)us orbis erat.
Post mortem circa(rnis dabit)ur tibi gloria carnis
Sanctis iudicio, v(ivifica)nte Deo.
"Dai primi due versi superstiti è manifesto, che il personaggio di nome Pietro sulla cui tomba era posto l' elogio metrico, fu sepolto nella chiesa di s. Clemente; essendo questa indicata come il luogo medesimo, ove trovavasi chi leggeva l' epigrafe: quae cernis templa Clementis. Che poi tale santuario sia la celeberrima basilica tuttora esistente nella regione celimontana, non può nè anche esser messo in dubbio. Imperocchè non solamente essa è l' unica chiesa dedicata in Roma ad onore di quel pontefice martire; ma inoltre alla sua storia è intimamente congiunto, come ora vederemo, il nome del cardinale Anastasio, che troviamo appunto menzionato nella nostra lapide."
Egli riedificò nei primi decennî del secolo XII la nuova basilica, trasportandovi dalla sotterranea gli amboni e le transenne di marmo che decoravano l' abbandonato edificio.
"Ciò fu opera appunto di quel cardinale Anastasio, fiorito negli inizî del duodecimo secolo, i cui lavori sono commemorati nell' epigrafe della sedia pontificale, ed al quale è anche dovuta la splendida decorazione dell' abside in opera musiva. Egli fu tumulato in s. Clemente, sua chiesa titolare; e l' epitafio, compreso in quattro distici, incomincia con le parole:
DVDVM IS, SANCTE PATER CLEMENS, TVA TEMPLA NOVAVIT
CVIVS IN HOC TVMVLO PVLVIS ET VMBRA IACENT.
"Di siffatta ricostruzione della chiesa per opera del cardinale Anastasio, fa ora anche esplicita testimonianza il monumento epigrafico di recente scoperto. Il quale inoltre ci rivela un fatto, fino ad ora del tutto ignorato, che cioè il cardinale predetto morì prima che la basilica fosse compiuta, e con atto di ultima volontà diè ad altra persona il carico di condurre a termine l' incominciato edificio:
COEPIT ANASTASIVS QVAE CERNIS TEMPLA CLEMENTIS,
ET MORIENS CVRAM DETVLIT HVIC OPERIS.
"Continuatore dell' opera incominciata dal card. Anastasio fu quel Petrus, che parimente ebbe sepoltura nella chiesa di s. Clemente, ed il cui elogio sepolcrale testifica avere realmente ultimato con ogni zelo l' opera commessa alle sue cure, in modo da meritarne la vita eterna:
QVAE QVIA FINIVIT, POST VITAE FVNERA VIVIT.
"Non sono rare le memorie epigrafiche di lavori, per costruzione o per adornamento di luoghi sacri, incominciati da un personaggio e portati a termine da un altro. Per ricordarne soltanto qualcuna metrica, accennerò l' arco della basilica di s. Paolo, ove è scritto: Theodosius coepit, perfecit Honorius aulam; le epigrafi ch' erano nell' abside e sulla porta della chiesa de' ss. Apostoli: Pelagius coepit, complevit papa Iohannes, e Supplevit coeptum papa Iohannes opus; l' epigramma, spettante forse alla chiesa de' ss. Pietro e Paolo sulla via Sacra, che diceva: Coeperat hanc praesul fundare....., Filius implevit quod veluit geitor.
"Mancano memorie positive per deterinare chi sia il Petrus, che per volontà ed incarico del card. Anastasio compì la chiesa di s. Clemente. Qualche indizio però possiamo trarne dal suo medesimo epitafio, ove enfaticamente si dice, che a lui vivente era stato soggetto il mondo:
CVI, DVM VIVEBAT, SVBDITVS ORBIS ERAT.
"Esaminiamo i dati cronologici e storici, che possono dare alcun lume in siffatta questione. Il card. Anastasio era tuttora in vita nell' anno 1125: la consecrazione della chiesa di s. Clemente avvenne il 26 maggio del 1128. Dunque la morte del cardinale predetto dev' essere avvenuta fra gli anni 1126 e 1127, quando era già compiuta la decorazione in musaico dell' abside, costruita la cattedra pontificale, e probabilmente messi a posto gli amboni ed i plutei marmorei tolti dalla basilica sottoposta. In questo periodo Pietro, cui era stata ffidata la cura di continuare e compiere i lavori, li condusse veramente a termine: onde la nuova chiesa, sorta sulle rovine dell' antica, potè essere solennemente consacrata ed aperta al culto nel 1128. Ora, appunto nei prim decennii del secolo duodecimo fioriva in Roma un personaggio ecclesiastico di grande fama e potenza, nominato Pietro; il quale da notarius regionarius et scriniarius della Chiesa romana fu elevato da Pasquale II alla dignità cardinalizia. Costui è Pietro Pisano, il continuatore del Liber pontificalis da Leone IX a Pasquale II, che aderì poscia allo scisma di Anacleto II, e ne fu ritratto dal caritatevole zelo di s. Bernardo. Lo storico Ernaldo proclamò Pietro Pisano "in legum et canonum scientia nulli secundum;" ed il contemporaneo Giovanni Salisburinese scrisse di lui: "Quis nescit Petrum Pisanum, cui nullus aut vix similis alter erat in curia?"
"Egli è adunque assai verosimile che il Petrus — cui dum vivebat subditus orbis erat — sia precisamente quel medesimo, cui nullus aut vis similis alter erat in curia; posciachè nel periodo storico, al quel dobbiamo riferirci, nessun altro dignitario ecclesiastico sia noto, al quale possano applicarsi siffatte lodi di dottrina e di grandezza all' infuori di Pietro da Pisa. Diremo dunque, che il card. Anastasio, titolare di s. Clemente, uscendo di vita prima che fosse compiuta la nuova basilica, quella stessa che tuttora vediamo, da lui fondata sulle rovine dell' antica, commise al card. Pietro Pisano di curarne il compimento. Costui la condusse a termine nel 1128. Poco appresso però seguì le parti dell' antipapa Anacleto; e quando se ne separò, fu probabilmente preposto a quel titolo cardinalizio, al quale era già collegato il suo nome insieme con quello di Anastasio. Quindi è che, come questi, ebbe sepoltura nella stessa basilica clementina; e l' elogio posto sulla tomba che ne chiudeva le spoglie ortali, tornato ora in luce quasi intero, è una nuovo importante documento da aggiungere a quelli che costituiscono i fasti medievali della celeberrima basilica di s. Clemente."
La basilica superiore, come accennammo, è medievale, benchè arricchita dalle spoglie della costantiniana inferiore, a cui spetta il marmoreo recinto del presbiterio.
L' abside è adorna di uno splendido musaico che rappresenta il trionfo del Salvatore Crocifisso. Nel semicerchio dell' arco si legge l' epigrafe in paleografia romana quadrata:
GLORIA IN EXCELSIS DEO SEDENTI SVPER THRONVM
ET IN TER(ra) PAX HOMINIBVS BONAE VOLVNTATIS.
In cima dell' arco domina il busto del Salvatore glorioso benedicente alla latina fra i consueti simboli dei quattro evangelisti; poco sotto stanno i principi degli apostoli sedenti con s. Clemente e s. Lorenzo presso le palme della mistica terra promessa: appiè dell' arco i due profeti Isaia e Geremia che spiegano i loro volumi. Pietro addita colla destra a Clemente centro glorioso; Clemente ha in mano l'àncora e sotto i piedi una navicella fra due delfini, simbolo del suo martirio nel mare Eusino. Sotto il gruppo si legge l' epigrafe che si suppone messa in bocca a Pietro rivolto a Clemente: RESPICE PROMISSVM CLEMENS A ME TIBI CHRISTVM; presso la figura di Pietro si legge: AGIOS PETRVS. Dall' altra parte siede Paolo col suo nome AGIOS PAVLVS. Egli parla con Lorenzo che regge la croce e posa i piedi sulla graticola rovente. L' epigrafe sottoposta dice: DE CRVCE LAVRENTII PAVLO FAMVLARE DOCENTI.
Osserva il De Rossi che Lorenzo fu considerato in Roma quel martire stauroforo per eccellenza e come vessillifero della fede; nel secolo IV era a lui attribuita la conversione della parte più ostinata nel paganesimo e perciò considerato come il santo che aveva compiuto l' opera di Pietro. Il profeta IEREMIAS porta scritto nel volume: HIC EST DEVS NOSTER ET NON AESTIMABITVR ALVS ABSQVE ILLO: nel volume dell' altro profeta ISAIAS è scritto: VIDI DOMINVM SEDENTEM SVPER SOLIVM. Sotto i profeti si vedono le due mistiche città HIERVSALEM e BETHLEEM, dalle cui porte sono usciti i consueti dodici agnelli che si avviano al monte santo sul quale regna l' agnello divino. Sopra questa zona si svolge la grande composizione della conca, il cui senso simbolico è dichiarato dai versi:
ECCLESIAM CHRISTI VITI SIMILABIMVS ISTI
QVAM LEX ARENTEM SED CRVX FACIT ESSE VIRENTEM.
In mezzo di questi due versi ve ne sono altri due che accennano alle reliquie murate nell' abside dietro l' imagine del Crocifisso:
DE LIGNO CRVCIS IACOBI DENTE IGNATIIQVE
IN SVPRASCRIPTI REQVIESCVNT CORPORE CHRISTI.
Il Crocifisso che regna in mezzo all' abside è l' unico dei musaici absidali colonne romane basiliche. Il Salvatore affisso alla croce con quattro chiodi è già morto, il che è tipo caratteristico dei crocifissi non anteriori al secolo XII. La Vergine e s. Giovanni stanno ai piedi della croce e dodici colombe sono disposte lungo le braccia della medesima. Da questa sgorgano i quattro fonti a' quali s' avvicinano a dissetarsi due cervi, i quali fonti vanno poi a irrigare i pascoli di centro popolati di buoi, pecore, cerveti guardati da pastori. Un duplice tralcio di vite germoglia dal piè della croce che colle sue volute mirabilmente disposte occupa tutto il fondo dell' abside, in mezzo alle quali stanno uccelli, delfini, puttini ed altre figure. Nel piano inferiore di queste volute si veggono i dottori massimi della Chiesa latina, tutti in abito monastico, Ambrogio, Gregorio, Girolamo e Agostino. Nel sommo dell' abside vi è la mano divina che protende la corona, e sopra il monogramma fra le lettere A W.
Il musaico è attribuito all' anno 1299, ma erroneamente, per una falsa applicazione del seguente epitafio che si legge sopra l' edicoletta gotica dell' eucaristia situata fuori dell' abside:
EX ANNIS DOMINI PROLAPSIS MILLE DVCENTIS
NONAGINTA NOVEM IACOBVS COLLEGA MINORVM
HVIVS BASILICAE TITVLI PARS CARDINIS ALTI
HAEC IVSSIT FIERI QVI PLAVSIT ROME NEPOTE
PAPA BONIFACIVS OCTAVVS ANAGNIA PROLES.
È opera invece del cardinale Anastasio sotto Pasquale II circa l' anno 1112, di cui sotto l' abside nella cattedra si legge: ANASTASIVS PRESBYTER CARDINALIS HVIVS TITVLI HOC OPVS COEPIT PERFECTI
Il Mellini ei manoscritti dell' archivio vaticano ricorda alcuni pregevoli dipinti della basilica medioevale che sono oggi disparsi, laci dei quali accompagnati da leggende e da nomi d' artisti, che credo poco noti. Ecco le sue parole: "La nave destra (dalla banda di sacristia) era similmente dipinta tutta in due ordini di pitture, le quali sono quasi tutte andate a male. Tra quelle che vi sono restate si vede, passata la sacristia, il Cielo Empireo con sette orbi celesti e sotto in una cartella la dichiarazione seguente assai rozzamente scritta:
SERAPHIN ARDENTI DAMORE CHERUBIN SCIENTIA DE DEO THRONI SEDIA CHE DIO LE GIVDICA PRINCIPATVS HANO A GVBERNARE LVNIVERSO DOMINATIONES HANNO A COMMANDARE ALLI ALTRI ANGELI, POTESTATES HANNO POTENZA SOPRA LI DANNATI DELL' INFERNO VIRTVTES HANNO POTESTA DIFARE MIRACOLI ARCHANGELI HANNO ANNVNTIARE LI SECRETI DE DEO ANGELI HANNO DA GVARDARE E PORTAR LANIME IN PARADISO.
SI VIS PICTORIS NOMEN COGNOSCERE LECTOR
DE VETERI VRBE IVVENALIS EST NOMEN EIVS
"Questo Giovenale da Orvieto come si vede dalla pretella che egli dipinse in Aracoeli nella cappella de Mancini dipinse verso l' anno 1299 di centro.
"La nave sinistra era dipinta similmente con pitture più antiche, ma poco se ne può scorgere."
Fra le epigrafi e i marmi del pavimento, alcuni dei quali furono tolti ad altri monumenti, ve ne hanno parecchie pregevoli e fra queste una che ho riconosciuto spettare ad una lapide contenente una donazione di libri liturgici fatta alla basilica nel secolo IX o X. Le parole superstiti del marmo accennano in fact ad un libro nel modo seguente:
...STAMB . . .
... ELIBRVm . . .
saCRAMEntorum.
Un' altra insigne epigrafe di donazione fatta pure alla nostra chiesa è quella dell' epoca dal papa s. Zaccaria (a. 741-752), scoperta in quel luogo l' anno 1775, che si legge nella parete sinistra della nave maggiore presso la porta principale della basilica. La epigrafe da me scoperta si riferisce adunque ad un sacramentarium cioè ad un antico rituale.
La grande strada sul cui margine sorge la basilica dicevasi nei tempi di mezzo Via Maior non solo per la sua lunghezza e rettifilo, ma anche per essere abitata specialmente dai curiali ed ufficiali della corte del papa allorchè dimorava nel Laterano.
Il Lonigo videnll' archivio della basilica vaticano un vetusto salterio ms. nel cui frontespizio v' era un calendario ove il giorno 21 maggio 1128 era notato: Anno MCXXVIII dedicatio ecclesiae s. Clementis. Nell' attiguo monastero dimorarono lungamente i Benedettini, ai quali successero i frati di s. Ambrogio ad Nemus che vi rimasero fino all' estinzione dell' ordine. Poscia vi subentrarono i padri predicatori della provincia d' Irlanda che ancor vi dimorano, e al compianto P. Giuseppe Mullooly priore di quella casa dobbiamo l' escavazione dell' importante basilica sotterranea.

Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX - Mariano Armellini - 1891