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Chiesa dei Santi Quattro Coronati

Chiesa Dei Santi Quattro Coronati
Chiesa Dei Santi Quattro Coronati

Via dei Santi Quattro, 20, 00184 Roma, Italia

Orario
La Basilica, il chiostro e l'oratorio di S. Silvestro sono visitabili tutti i giorni ore 10.00 - 11.45 / 16.00 - 17.45 (chiusi domenica mattina).
Orario Messe: Festivi:ore 11.00 Feriali: ore 18.30 - sabato anche ore 8.45 e 18.30

Al tempo d'Urbano VIII fu grandemente ornata dal cardinal Mellini, allora Vicario del Papa, col palazzo contiguo, dove abitano le zitelle organe, governate da un Protettore cardinale, e un prelato.

Avanti d'entrare in chiesa a mano destra si vedono due istorie ad affresco, che rappresentano la Natività di Maria Vergine, e la Presentazione al Tempio, opere assai buone. Nel primo altare dentro la chiesa è figurata la Nascita di Cristo, creduta di Gio. Batista Naldini: poco più avanti è l'altare del Crocifisso con altre figure ad affresco, opera di buon gusto.

Il medesimo card. Mellini fece colorire tutta la tribuna da Giovanni da s. Giovanni, che di sopra vi figurò una gloria, e dalla cornice in giù dipinse diversi tormenti di Martiri, il tutto con buona maniera condotto ad affresco.

In un altare dall'altra parte il cav. Baglioni colorì il San Sebastiano con altre figure per il card. Vidoni; e l'Annunziata poco più avanti è del medesimo Giovanni. Il detto Baglioni nella Vita di Raffaellino da Reggio dice, che quì dipinse ad affresco in una cappella il martirio di questi Santi, ma queste pitture non vi son più.

In detta chiesa si vede il maestoso deposito di monsignor d'Aquino auditore della Camera, essendo stato prelato generoso in soccorrere con molte elemosine queste orfane.

Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte in Roma di Filippo Titi - 1763

Santi Quattro Coronati

La storia ed i nomi dei cosidetti santi Quattro Coronati sono stati fino a poco tempo fa uno dei punti più oscuri e difficili della cristiana agiografia; ma oggi, dopo gli studj del ch. De Rossi, la luce è fatta, il problema risolto. Gli atti dei santi surriferiti, il cui fondo è storico, ricordano due gruppi di martiri: l' uno, composto di cinque lapicidi e scultori cristiani nelle cave di Pannonia ai tempi di Diocleziano, benchè si debba sostituire al nome di quest' imperatore quello di Galerio; l' altro, di quattro corniculari romani. I primi cinque sultori ebbero nome Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato e Simplicio e furono martirizzati nel fiume Sava, perchè si erano rifiutati di scolpire la statua d' Esculapio; pur tuttavia poco prima avevano condotto a termine un simulacro del Sole in quadriga reggente i cavalli. Questa circostanza, come ha dimostrato il De Rossi, accresce il valore della narrazione degli atti, poichè è in perfetta armonia con il senso pratico della morale cristiana, la quale sapeva ben distinguere le opere d' arte che erano considerate come ornamentum simplex da quelle che ad idololatriae causam pertinebant, giusta la distinzione di Tertulliano. Nella seconda parte di quel racconto entrano in scena i quattro soldati romani che furono uccisi in Roma per avere negato di adorare un idolo d' Esculapio; martirio confuso più tardi con quello dei lapidicidi pannoni, ma che difatti é del tutto independente per il luogo dove si svolse e per l' epoca, giacchè accadde anteriormente ai tempi di Diocleziano. Essendo rimasti ignoti i nomi dei suddetti soldati furono poi confusi nei martirologj con altri martiri sepolti in Albano, cioè, Severo, Severino, Carpoforo e Vittorino. La confusione fra i martiri pannonici e i corniculari accadde quando quei primi furono trasferiti in Roma e sepolti in un cimitero della via labicana nel luogo detto ad duas lauros, e poi dei ss. Pietro e Marcellino, nel luogo stesso ove furono sepolti i corniculari. Si accrebbe questa quando i due gruppi furono portati alla vetusta chiesa, che sorge ancora sul Celio, per cura del papa Leone IV (a. 847-855), dei quali già era stata decretata comune la commemorazione dal papa Milziade.

La chiesa fu adunque dedicata ai quattro anonimi corniculari, detti coronati dalla simbolica corona del loro martirio, e che nel secolo VII furono confusi col tzo gruppo dei sunnominati martiri d' Albano. Di questo titolo celimontano si fa menzione fino del tempo di Gregorio Magno i un sinodo romano, tenuto in quei tempi, benchè la chiesa sia anche più antica, risalga cioè al secolo V, in cui fu eretta nella contrada Caput Africae sulle ruine d' un edificio romano.

Onorio I la rinnovò dalle fondamenta, ma l' Ugonio propone che il papa Milziade ne sia stato il primo fondatore, e che sorgesse nel luogo ove furono gettati i corpi dei quattro corniculari suddetti. L' edificio originale di Onorio sventuratamente sparve in mezzo ai ripetuti restauri; però le mura medievali della bella chiesa torreggiano oggidì a foggia di quelle d' una rocca, e danno a quella contrada dal Celio un pittoresco aspetto. Leone IV, che ne fu cardinale, la ricostruì, e dei suoi lavori resta ancora l' ambulacro dietro la tribuna e l' epigrafe in marmo in cui sono nominati i santi che egli vi depose.

Nell' assedio e presa di Roma per opera del Guiscardo la chiesa cadde incendiata insieme a tutto il quartiere che si estendeva dal Laterano al Colosseo. Dopo quell' incendio, avvenuto circa il 1080, Pasquale II, nel duodecimo anno del suo pontificato, rialzà dalle fondamenta il sacro tempio, che poscia sotto Martino V fu di nuovo restaurato dal card. Alfonso Carillo spagnuolo, dal quale fu posta l' epigrafe seguente che ivi si legge:

HAEC QVAECVMQVE VIDES VETERI PROSTRATA RVINA

OBRVTA VERBENIS HEDERIS DVMISQVE IACEBANT

NON TVLIT HISPANVS CARILLO ALPHONSVS HONORE

CARDINEO FVLGENS, SED OPVS LICET OCCVPAT INGENS

SIC ANIMVS MAGNO REPARATQVE PALATIA SVMPTV

DVM SEDET EXTINCTO MARTINVS SCHISMATE QVINTVS.

In quella chiesa furono eletti papi Leone IV e Stefano VI.

Nei tempi più vicini ai nostri, Pio IV la riabbellì di nuovo, ed il monastero annesso, ove a lungo aveano dimorato i Camaldolesi, donollo nel 1560 alle povere orfane tolte dal loro monastero dell' isola tiberina: è il più antico dei conservatorj destinati a zitelle orfane di padre e madre.

La chiesa è divisa in tre navi sorrette da otto colonne di granito, sopra le quali i muri che si alzano a guisa di logge sono ornate di colonne simili, ma più piccole. Le navi laterali sono a volta, il soffitto di legno fu fatto fare nel 1580 dal card. Enrico, che poi fu re di Portogallo; il pavimento è d' opera cosmatesca. La tribuna di Pasquale II fu più tardi restaurata dal cardinal Millini. Sotto l' altare di s. Sebastiano, per due rampe di scale, si scende ad una cappellina sotterranea, ove si custodivscono le reliquie dei santi titolari e del martire Sebastiano.

Nel 1882, scavandosi sotto l' abside della chiesa, gli operai trassero in luce due frammenti di lapide monumentale, opera di san Damaso, nei quali si leggeva il residuo del vocabolo martyrium pASSI, indizio certissimo di elogio storico dei martiri. Questa scoperta fa congetturare al De Rossi che all' epoca di s. Damaso sorgesse già in questo luogo un oratorio in onore di questi santi, ove quel papa pose quell' elogio. Pasquale II nel 1112, come dice la lapide depostavi da quel papa, IVSSIT CAVARE SVB ALTARE QVOD PRIVS COMBVSTVM ET CONFRACTVM FVERAT ET INVENIT DVAS CONCAS VNAM PORPHIRETICAM ET ALIAM EX PROCONESSO IN QVIBVS ERANT RECONDITA SACRA CORPORA.

Quel papa ridusse la chiesa a proporzioni minori dell' altra distrutta dal Guiscardo. Si vede tuttora l' antica nave destra, adattata ad uso di refettorio dell' annesso monastero, con colonne assai più alte di quelle dell' odierna, e convenienti alle grandiose proporzioni d' alcune colonne superstiti nel secondo dei due grandi atrj della basilica.

Nei lavori del cardinal Millino nel 1624, che fece distruggere gli affreschi di Pasquale II, si rinvennero le reliquie depostevi del papa Leone IV, nominate nella lapide di Pasquale II; scoperta alla quale fu presente il celebre Antonio Bosio, che in luogo più profondo ne scoprì altre che Pasquale non avea veduto. Il capo del martire s. Sebastiano fu trovato entro bellissimo vaso d' argento smaltato e distinto da epigrafe votiva d' uno degli antecessori di Leone, Gregorio IV. Leone IV deponendovi quel suo tesoro, lo collocò in una delle cappelle delle reliquie, e vi fece scrivere le parole: † EGO · LEO · FECI †.

Molti oratorî e sacri edifizj circondavano quell' insigne monumento cristiano: d' uno di questi, scoperto in Roma nel secolo decimoquinto, ai tempi di Sante Bartoli, troviamo la seguente notizia nel Fea:

"Nello stradone del Coliseo per andare a s. Giovanni alla mano diritta in un orto disotto ai ss. Quattro fu trovato fra le altre ruine antiche una stufa di bellissima disposizione, quale si conosceva essere dagli antichi cristiani ridotta in forma di chiesa, per alcune vergini sacre che vi erano dipinte, le quali dalle barbarie dei cavatori furono di subito scassate".

Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX - Mariano Armellini - 1891