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Chiesa di Santa Maria in Domnica

Chiesa di Santa Maria in Domnica
Chiesa di Santa Maria in Domnica

È l'unica che abbia mantenuto, lungo il volgere di tanti secoli, l'antica denominazione pre costantiniana dominicum. È tradizione non dispregevole che ivi fosse stata la casa di s. Ciriaca. Volgarmente la chiesa fu chiamata della navicella, da una piccola nave di marmo eretta già sulla propinqua piazza, e che Leone X fece toglier via ponendone un' altra in sua vece, copiata assai male dall' antica, quel si vede anche al presente. Il Severano, parlando dell' antica navicella, fa supporre che fosse qui posta dal capitolo di s. Pietro in Vaticano, quasi come segnale di dominio, imperocchè esso capitolo possedeva questa parte del Celio, e particolarmente la chiesa di s. Tommaso in Formis. Il Martinelli poi dice che la navicella suddetta fu posta in questo luogo a causa di un voto. Comunque sia, certo è che non s' incontrano documenti anteriori al secolo XVI, i quali chiamino la contrada col nome della Navicella. In una bolla di Onorio IV il colle in cui sorge questa chiesa è detto Mons Maior, nei regesti di Urbano V la chiesa è corrottamente appellata de dopnea.
La chiesa di cui si parla, fu la prima tra le Diaconie, e però ivi risiedeva l' arcidiacono. Il Libro pontificale nella vita di Pasquale la dice olim costructam; soggiunge poi, che il medesimo pontefice, vedendola presso a ruinare, la riedificò dalle fondamenta, ampliandola ed ornandola, fra le altre cose, con un bel musaico nell' abside che fu compiuto nell' 817. Leone X, quando ancora era cardinale, cioè nel 1500, la rifabbricò co' disegni di Raffaello, e forse con quelli di Bramante: il portico però, tutto di travertini, venne eseguito in appresso con architettura di Michelangelo, secondo si stima dagl' intendenti.
Per tre porte entrasi nel tempio, le quali rispondono alle tre navi da cui è formato, divise da diciotto colonne di granito, pregevoli molto per la bellezza e rarità loro: ai lati però dell' abside o tribuna, veggonsi due colonne di porfido. La nave di mezzo ha un palco, o soffitto, costruito per comandamento del cardinale Ferdinando de' Medici, nel pontificato di Sisto V: il cardinale stesso rinnovò ed ornò il pavimento. Le navi laterali sono a volta, così avendo ordinato il suddetto Leone X. Il fregio che ricorre attorno alla nave maggiore viene attribuito da molti a Giulio Romano, aiutato da Pierin del Vaga, ma sonovi di quelli che nella esecuzione riconoscono la mano di quest' ultimo pittore, e però pensano che il primo non avesse parte che alla invenzione dell' opera. Per cinque gradini si ascende al presbiterio, ovest' è l' altare, rivolto verso la navata grande, e quivi si veggono degli avanzi d' opera cosmatesca nel pavimento: il ricordato presbiterio ha nel mezzo un seggio sopra tre gradini, ed all' intorno sonovi i sedili. Nel catino della tribuna si osserva il musaico fatto eseguire da Pasquale I, fra l' 817 e l' 821. L' abside è opera di Pasquale I che restaurò la chiesa fatiscente. Il corpo dell' edificio è rimasto quale fu ricostruito nel nono secolo fra l' 817 e l' 821. Nel sott' arco è il nome monogrammatico PASCHALIS. Prima di Pasquale, la chiesa era dedicata alla Vergine, avea nome Domnica ed era diaconia, come si legge in Leone III. La sua origine è oscura, ma si è detto esser tradizione che qui avesse la sua casa s. Ciriaca, il che si legge anche negli atti di s. Lorenzo, ed era luogo di convegno dei cristiani. Ivi presso era la stazione della coorte V dei vigili. Giovanni dei Medici, poi Leone X, la restaurò.
Nella fascia quadrilunga sull' arco si vede il Salvatore seduto sull' empireo tra due arcangeli, corteggiato dai dodici apostoli; s. Pietro ha le chiavi d' oro, Paolo le divine scritture, nei due fianchi un profeta per ciascuno lato stende la destra verso la prima scena dell' abside: nel centro di questa regna la beata Vergine col divin Figliuolo sulle ginocchia, corteggiata da schiere infinite di angeli. Un bianco manipolo pende alla sinistra della Vergine, segno d' onore, senza il quale i ministri non poteano accostarsi all' altare; lavoro che somiglia incirca a quello che si osserva in s. Cecilia, ed è dell' epoca stessa, cioè del nono secolo; esso fu ristorato d' ordine di Clemente XI. La chiesa fu anche collegiata: ma Clemente XII, nel 1734, la diede ai monaci greci-melchiti della congregazione soarita che si dividono in Baladiti ed Aleppini. Nel pontificato di Pio VII il card. Raffaele Riario Sforza titolare fece molti lavori di restauro in questo tempio. Il titolare defunto da pochi anni, card. Consolini, la fece tutta restaurare nel modo come si vede.