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Chiesa di Santa Maria in Aracoeli

Chiesa di  Santa Maria in Aracoeli
Chiesa di Santa Maria in Aracoeli

Scala dell'Arce Capitolina, 14, 00186 Roma, Italia

Orario
Da maggio a settembre dalle ore 9.00 alle 18.30;
Da ottobre ad aprile dalle ore 9.30 alle 17.30.

L' antica e solenne denominazione di questa celeberrima chiesa è quella di s. Maria in Capitolio. Così viene ricordata nel più antico catalogo del Camerario; poi, nel secolo XIV, perduta quella prima denominazione, la cambiò in quella d' Aracoeli, che tuttora mantiene. Sorge sulla più alta sommità del più piccolo ma più celebrato fra i sette colli di Roma, il Campidoglio, che dal vertice del Tarpeo è diviso da un piccolo valloncello. È oggimai dimostrato dall' erudite elucubrazioni di dotti topografici romani che il tempio di Giove sorgeva, non sulla sommità occupata dall chiesa di s. Maria d' Aracoeli, ma in quella opposta, precisamente nell' area occupata dal palazzo Caffarelli, mentre la sommità occupata dalla chiesa di s. Maria corrisponde al'arx propriamente detta, cioè all' acropoli o citadella di Roma. Fino dall' anno 882 si menziona in quel luogo il monastero di s. Maria in Capitolio. Tenzo Abb. ven. monasterii s. Mariae Dei genitricis Virg. in Capitolio. Nelle cronache benedettine dicesi che questa chiesa venne fondata da s. Gregorio il Gde nel 590.
È notissima la leggenda che dette origine al nome di Aracoeli, la quale è raccontata dai romanzetti popolari del medio evo le Mirabilia e la Graphia. Ivi si dice che un giorno l' imperatore Ottaviano, mentre consultava la Sibilla tiburtina, udì una voce che dicea: Haec est Ara Primogeniti Dei, ed allora Ottaviano fece erigere sul Campidoglio un altare; sul quale poi fu edificata una chiesolina, che fino dal secolo XII chiamavasi anche ubi est ara filii Dei, onde più tardi sarebbe derivata la dizione di aracoeli. La leggenda, però, è anteriore di molto al secolo XIV e viene di Grecia, perchè si trova in Suida, è registrata da Niceforo, e la riferisce eziandio un' antica cronaca latina edita dal Mai; quindi potrebbe risalire fino al secolo VII od VIII, epp forse della fondazione della chiesa. Evidentemente sotto il velo della leggenda e della visione di Augusto si nasconde il concetto della prima e solenne consecrazione cristiana dell' antico Campidoglio romano, sui cui ruderi, ove appariva forse alcuna memoria d' Augusto, sorse la prima volta la bella chiesa dedicata alla Vergine, l' unico monumento cristiano che tuttora sta su quello storico colle. È chiaro pure che la ledg ha qualche relazione e nesso colle notissime parole di Virgilio nella sua quarta egloga. Egli è certo che la chiesa di s. Maria riunì in sè tutta la celebrità del Campidoglio medievale, cosicchè il monastero era comunemente detto Monasterium Capitolii; anzi un abate di questo, nel 1015, si sottoscrive: Ego Domincus abbas Capitolii." A ricordo della suddetta leggenda, v' ha una grossolana scultura posta sull' altare della cappella di s. Elena, in cui è rappresentata la visione.

Nel catalogo delle Abbazie romanedi Pietro Mallio e di Giovanni Diacono, che è della fine del secolo XII, si dice: sancta Maria in Capitolio ubi est ara Filii Dei. Il Niebuhr ed il Becker credono che l' appellazione in Aracoeli provenga dal vocabolo in Arce; il Gregorovius propone che venga anzi da aurocoelo, siccome furono chiamate altre chiese, di cui una a Pavia. A me non dispiace l' ipotesi del Becker. Tutto il Campidoglio fu donato altre volte al suo monastero e lo stesso antipapa Anacleto II confermò nel sua celebre bolla del 1130 quel possedimento. L' anno 1250 Innocenzo IV concesse ai Francescani il convento antico di s. Maria in Aracoeli, donde vennero rimossi i Benedettini che vi aveano fino allora dimorato. Nell' aula di questa veneranda chiesa i rappresentanti della città di Roma nel medio evo, componenti il maggiore ed il minore consiglio, teneano talvolta le loro solenni adunanze, consecrate così dalla religione, secondo il nobilissimo sentimento da cui i popoli erano animati in quell' epoca tanto calunniata. I Patres conscripti della repubblica medievale, i Colonna, i Pierleoni, i Capocci, i Frangipane, i Savelli, gli Orsini, fossero guelfi o ghibellini, arsitocratici o demagoghi, facano spsso risonare in quei secoli di ferro la loro fiera e disadorna facondia nelle pareti del tempio di ma. Quella chiesa, insomma, fino al secolo XV fu l' arena dei dibattimenti parlamentari di Roma, donde poi uscivano le proposte che il senatore bandiva in forma di leggi. Era divenuta, nell' età di mezzo, la consulta del popolo romano, siccome l' ebbe poi confermato il papa Eugenio IV nell' anno 1445. Ed è in wla monumentale chiesa, il Campidoglio cristiano, che i magnati dell' antica Roma volevano la loro sepoltura. Ivi trovansi le arche dei Savelli, ove questa nobilissima famiglia ave edificato nel secolo XIII una cappella, sotto le cui volte in una tomba giace Onorio IV e la sua madre Vana Aldobrandeschi; in un' altra alcuni dei più illustri senatori di quella famiglia, ciò Luca padre d' Onorio, il celebre Pandolfo con Andrea sua figlia, Mabilia Savelli ed altri. Pure in aracoeli giace frà Moriale, il priore dei Gioanniti, assassinato dal tribuno romano dell' età di mezzo; ma nessuna memoria locale ricorda quell' uomo e quella storia.
L' arte dei Cosmati, scrive il Gregorovius, s' accommiata colla tomba che fu pure eretta in Aracoeli a Matteo d' Acquasparta, generale dei Francescani, morto nel 1302. Tornando del resto all' origine della chiesa, essere, come si è detto, rimane ancora oscurissima; poichè altri, col Vaddingo, l' attribuisce a Costantino, altri a s. Gregorio il Grande nel 591, fra i quali il Fauno, il Panciroli, il Gamucci. Fino al secolo XIII fu detta s. Maria in Capitolio, poi in Aurocelio, Laurocelio, Aracelio e finalmente Aracoeli. Ignorasi pure quando la prima volta l' occupassero i monaci di s. Benedetto.
Appena i Frati Minori furono messi in Aracoeli, tosto posero mano a ristora la chiesa e fecero ornare di musaici la tribuna con opera di Pietro Cavallini romano, che poi fu demolita sotto Pio IV per edificare il coro. Egli v' avea istoriato anche la leggenda d' Ottaviano e della Sibilla. Scoppiata la famosa pestilenza in Italia, descritta dal Boccaccio nel Decamerone, Roma ne fu appena tocca, di guis che i Romani, come monumento di loro pietà, costruirono la grande scalinata che mena alla basilica, alla quale, sino allora, si accedeva per un suolo tutto sosceso. Furono adoperati i marmi creduti del tempio di Quirino, donati dal Senato, e fu commessa l' opera a Simeone Andreozzi colla spesa di 5000 fiorini.
Fu cominciata anche ad ornare di musaici la fronte del tempio: opera magnificentissima e che avrebbe aggiunto al Campidoglio singolare bellezza e maestà, se fosse stata compiuta, ma che rimase imperfetta, e di cui restano poche tracce verso il cornicione e nel lato sinistro della chiesa. Egli sarebbe certamente cosa degna di Roma che il lavoro iniziato dagli antichi fosse compiuto dai moderni!
Circa il 1464 il cardinal Caraffa rifabbricò gran parte della chiesa, e nel 1564 venne aperta la nuova porta di fianco, alla quale si accede dalla piazza del Campidoglio; su quella porticina Alessandro Mattei fece porre un antico musaico rappresentante la Vergine venerata dagli angeli. Pio IV fece sgombrara la chiesa dagli innumerevoli sepolcri e togliere il coro dalla nave di mezzo. Seguìta la battaglia di Lepanto, il Senato romano, per gratitudine alla Vergine, fece ricostruire il ricco soffitto della chiesa, del che fa testimonianza la monumentale epigrafe che si legge sulla porta maggiore nella parete interna del' edificato. La facciata della chiesa, destinata, come si disse, ad essere coperta di musaici, è in mattoni rustici, e sull' alto avea un orologio di cui non rimane che il foro per la mostra. Uno speciale ufficio era istituito in Roma fino dal secolo XVI per la manutenzione di quell' orologio, e nell' archivio dei Brevi l' esimio mon. Pietro de Romanis, benemerito archivista del medesimo, ha trovato che nel 1601, il papa confermò in questo ufficio i fratelli Domenico e Fabio della Pedacchia, i quali nella sottoposta strada, che da loro piglia ancora il nome, aveano la casa che testè fu barbaramente distrutta. Il breve pontificio è intitolato: Pro Dominio et Fabio fratribus de la Pedacchia confirmatio officii moderatoris horologii super ecclesiam domus Aracoeli. La chiesa è divisa in tre navi di ventidue colonne di marmo, sopra l' imoscapo d' una delle quali, a grandiose lettere, si legge l' epigrafe:
A CVBICVLO AVGVSTORVM, epigrafe che forse non fu estranea all' origine della ricordata leggenda d' Augusto.
Nella prima cappella a destra della chiesa vi sono pregevolissimi dipinti del Pinturicchio, in cui, fra varie storie relative alla vita di S. Bernardino di Siena, vww quella della pace da questi fatta conchiudere fra le due famiglie rivali di Perugia, i Bufalini ed i Baglioni. Ivi è sepolto il celebre Pietro della Valle. In altra cappella v' ha il deposito di Michele Antonio Saluzzo, il procuratore generale di Francesco I, morto nel 1529 in Arezzo, mentre veniva in soccorso di Clemente VII, assediato in Castello. Non lungi da quella v' ha il sepolcro degli Astalli e dei margani, che nella sottoposta contrada ebbero le loro case. Di fronte all' altare maggiore restano gli amboni adorni in musaico d' opera cosmatesca, lavoro del secolo XIII, ed a sinistra del suddetto altare v' ha il sepolcro di Caterina regina di Bosnia, morta nel 1478. Nel mezzo della crociera havvi un' edicola monumentale, detta Cappella Santa o di s. Elena. Questa edicola segna il posto dell' antica chiesa di s. Maria, e da quella ebbe origine la suddetta leggenda. L' altare e il ciborio antico rimase fino al secolo XVII, allorchè fu sostituito dal moderno, fatto nel 1602 da Girolamo Centelles, nobile romano e vescovo di Cavaillon, il quale si fece cedere 'altare dalla compagnia del Gonfalone, a cui appartenea. Nella sottoposta urna di porfido, si crede fossero posti i corpi di s. Elena e dei martiri Abbondio ed Abbondanzio. Nel 1798 quel piccolo e sontuoso tempietto fu di nuovo demolito e l' odierno rialzato a spese della nominata arciconfraternita. Sotto la crociera vedesi il sepolcro di Felice de Freddi, colui che scoprì il famoso gruppo del Laocoonte; in fondo alla medesima è il sepolcro del card. Matteo d' Acquasparta, di cui abbiamo già dato un cenno, e al mente Dante allude nei versi del XII del Paradiso. Nella cappella della Vergine, nella nave a sinistra, v' ha in terra il deposito di Giovanni Crivelli arcidiacono d' Aquileai, scolpito dal Donatello, il cui nome si legge scritto: Opus Donatelli Florentini. Il pavimento, in vario tempo risarcito e coperto da memorie sepolcrali, fu nel secolo XIII ornato di quell' opera detta cosmatesca di prof e serpentino, della quale qua e là restano tracce. L' ampio convento annesso fu edificato da Paolo III, il quale, dimorando nel vicino palazzo di s. Marco, oggi detto di Venezia, lo congiunse a questo per mezzo di corridoi coperti che traversano le vie della Pedacchia e della Ripresa. Giulio III e Pio IV soleano qui dimorare nella calda stagione, finchè Sisto V lo concedette per intiero ai religiosi.
Oggi il monastero è stato in parte distrutto, la gran torre di Paolo III abbattuta, per dar luogo ad un monumento civile dietro al quale rimarrà nascosta la gemma del dissacrato Campidoglio.
Nella relazione inserita nello Stato temporale delle chiese di Roma, di s. Maria d' Aracoeli dicesi: "Essendosi divisa la religione dei Minori in Conventuali ed Osservanti, Eugenio la concesse alli Osservanti come per Bolla nonis iunii 1445 anno 15: ma senza le appendici le quali fino al presente (a. 1660) sono possedute da diversi padroni, molti de' quali hanno fatto grotte molto indentro con pregiuditio delli muri maestri del convento.

tratto da Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX di Mariano Armellini pubblicato dalla Tipografia Vaticana 1891